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Mario Tozzi, il Po che esonda a Torino e la crisi del clima prodotta dall’uomo

19 Ottobre 2024 - 07:15 Alba Romano
esondazione po torino mario tozzi
esondazione po torino mario tozzi
Il geologo spiega: ecco i fenomeni legati alla scarsa cura del territorio

Il geologo Mario Tozzi oggi su La Stampa parla dell’esondazione del Po a Torino. Secondo Tozzi «la “depressione del Golfo di Genova” si studia sui libri di scuola media superiore ed era, una volta, caratteristica di quella regione specifica e di quella stagione. Oggi è diventata più profonda, si genera a contatto di acque sempre più calde, dura più a lungo e investe aree sempre più vaste, fino alla Toscana e oltre. Portando peraltro con sé un corredo di fenomeni correlati che vanno dalle trombe marine ai veri e propri tornado nostrani, tanto che si parla ormai apertamente di Medicanes, uragani mediterranei».

Le alluvioni improvvise

Le alluvione improvvise non hanno sostituito quelle tradizionale. Ma la differenza la fa lo stato del territorio: «A fronte della struggente bellezza paesaggistica, la regione agonizza soffocata da un mare di cemento e asfalto che l’hanno resa impermeabile preda delle acque dilavanti. Non c’è quasi un borgo, una città o una singola abitazione che non sia costruita in aree di pericolosità idraulica o franosa: ci siamo illusi che i fiumi fossero limitati alle loro acque e non al complesso del loro vastissimo letto, abbiamo tombato interi corsi d’acqua sotto strade e palazzi, abbiamo privato le colline delle foreste di lecci, naturale difesa, e le abbiamo sostituite con uliveti e vigne che, però, abbiamo successivamente abbandonato, con il corredo degli straordinari muretti a secco oggi impossibilitati a contenere alcunché».

La rapallizzazione

Secondo Tozzi questo fenomeno lo aveva già descritto Italo Calvino e lo chiamava “rapallizzazione”. Cioè “stravolgere a fini speculativi l’assetto edilizio e urbanistico dei piccoli centri urbani, in spregio a ogni criterio di pianificazione e alla tutela dei valori paesaggistici” secondo l’enciclopedia Treccani. E «si tratta delle due facce della stessa medaglia, quella della crisi climatica più acuta e più accelerata e globale che i sapiens abbiano mai subito. E dell’unica che hanno essi stessi creato, prelevando il carbonio sotterrato nei combustibili fossili, bruciandolo e spargendolo allegramente in atmosfera in aggiunta ai cicli naturali che, senza questo contributo, funzionavano egregiamente all’equilibrio. Ora, però, tutti i nodi stanno venendo rapidamente al pettine».

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