I conti di Chiara Ferragni non tornano. E ora il suo socio di minoranza vuole chiederle i danni per «gravi irregolarità»
Perché Fenice non ha ancora presentato il bilancio consuntivo 2023, quando l’anno si è chiuso da ormai quasi dieci mesi? La domanda sui numeri della principale società di Chiara Ferragni aleggia da tempo, e da qualche giorno è diventata di dominio pubblico. A rompere il silenzio che circondava la vicenda – conseguenza con ogni probabilità dei guai iniziati proprio alla fine dello scorso anno con il caso Pandoro – è stato nelle scorse ore Pasquale Morgese, l’imprenditore pugliese che detiene una (rilevante) quota di minoranza nella società. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera infatti, Morgese ha dato mandato ai suoi legali di intimare ai vertici di Fenice di rendere conto quanto prima sull’andamento della società e di convocare «immediatamente» un’assemblea per discutere e il bilancio 2023. Le richieste perentorie sono arrivate nelle scorse ore agli indirizzi di Paolo Barletta, che ha il 40% dell’azienda e la preside, e di Chiara Ferragni, che ne detiene il 32,5% del capitale e la guida come amministratore delegato. «Una discutibile intimazione», mettono le mani avanti dai vertici di Fenice. Eppure la preoccupazione per quel che potrebbe accadere c’è.
La possibile richiesta danni e la strategia di Morgese
Morgese tramite il suo avvocato, Filippo Garbagnati, non s’è limitato a presentare la sua richiesta pressante, ma ha pure minacciato conseguenze gravi in caso di diniego o anche solo di inerzia: è pronto a chiedere la revoca del Cda e ad avviare azioni sociali di responsabilità, che potrebbero implicare richieste di risarcimenti danni per milioni di euro. Su quali basi? La motivazione in punta di diritto andrebbe ricercata nell’articolo 2409 del codice civile, che prevede che «se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danni alla società, i soci che rappresentano il decimo del capitale sociale possono denunziare i fatti al tribunale». E chiedere i danni, dunque. Ora, che Ferragni, Barletta e i vertici di Fenice abbiano commesso «gravi irregolarità» di gestione è tesi tutta da dimostrare. E tra i ben informati sulla vicenda c’è chi sospetta che in realtà Morgese stia facendo in queste ore la voce grossa – per vie legali – non tanto per arrivare davvero fino in fondo, quanto per trovare il modo di sfilarsi dalla compagine societaria.
Un nuovo manager per Fenice?
Ipotesi. Quel che invece appare più credibile, forse anche in tempi brevi, è che per districare la matassa e lo scontro la società possa essere presto “commissariata”. Ovvero che possa essere nominato un manager per sciogliere i nodi e guidare la prossima fase della navigazione. Al di là delle risposte da dare a Morgese – in primis, indire un’assemblea per votare il bilancio 2023 – c’è il nodo non marginale dell’accertamento del valore di mercato attuale di Fenice. Dato non scolastico, ma essenziale ai fini operativi. Perché anche Barletta e Ferragni hanno in corso una delicata, anche se per ora pacifica, interlocuzione: il primo, proprietario di Alchimia, avrebbe deciso di vendere alla seconda la sua quota di maggioranza del 40% all’influencer, che ne diventerebbe così “regina” indiscussa. Ma, appunto, a che prezzo? Per saperlo va condotta una valutazione aggiornata, tale da accertare con chiarezza pure i rapporti coi licenziatari dei vari marchi. Tra Ferragni e Barletta, scrive il Corriere, sarebbe «in dirittura d’arrivo un accordo che ridisegna l’assetto e la governance della società dandole stabilità e prospettive». A patto di sminare efficacemente, in parallelo, la grana Morgese.