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Motta fonda un’etichetta indipendente per un viaggio nel suo repertorio: «Finalmente faccio quello che mi pare» – L’intervista

20 Ottobre 2024 - 09:39 Gabriele Fazio
«Se vai di moda poi passi di moda, per questo è inutile cercare di capire cosa funziona e cosa non funziona», dice il cantautore a Open

«La scelta è sempre nelle mani di un artista» e la scelta di Motta oggi è ripartire dalla Sona Records, la sua etichetta indipendente. Non per sentirsi più libero di quanto non lo fosse prima, non per divincolarsi dalla morsa di un mostro di major, anzi, ci tiene a specificare con Open: «Non penso che dobbiamo vedere le major o le indipendenti grosse come quelle che trasformano in male la carriera di un artista, io non voglio fare nessun tipo di guerra. Sugar ha lavorato benissimo, è riuscita a difendermi e a far ascoltare la mia musica a più persone possibile». Se però la direzione è quella intrapresa con Suona! Vol.1 – un progetto in cui grazie al riarrangiamento di brani del suo repertorio da solista e con i Criminal Jokers attraverso un approccio decisamente più artigianale e più suonato – , si invita anche l’ascoltatore a un approccio diverso, quasi da esibizione live. Funzionerà? No, ha già funzionato, perché Motta lo ha realizzato: «Nella musica non bisogna essere mai sicuri di niente, quindi – spiega – dal momento che non lo sono io sicuro e ho rimesso mano a brani già editi, è come se dicessi all’ascoltatore “guarda, non sono sicuro io, figuriamoci te”».

«Faccio quello che mi pare»

Ma perché un’etichetta? E perché adesso? «Forse ad un certo punto – spiega Motta – quando inizi ad aprire delle porte, disco dopo disco, cerchi per forza di non ripeterti, è come se ci fosse in me un momento in cui si resetta tutto completamente. Non è “faccio qualcosa che non mi riesce”, piuttosto un “faccio quello che mi pare”». L’impressione è che il cantautore toscano prenda oggi una strada discograficamente non battuta, del tutto propria, ma senza il piglio del rivoluzionario. Una semplice declinazione del suo estro, della sua visione della musica: «Non è che sono diventato democristiano, è che veramente penso che ognuno può fare quello che gli pare. Nel mio caso vengo da un’esperienza che necessariamente mi ha portato a lavorare con gli strumenti, lavorare con gente che ama suonare». E non importa se questo approccio, così come le sonorità proposte, vanno in totale controtendenza con ciò che chiede il mercato discografico: «Se vai di moda poi passi di moda – spiega Motta citando Caterina Caselli -, per questo è inutile cercare di capire cosa funziona e cosa non funziona».

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