Perché ci sono le alluvioni in Emilia-Romagna: «È l’effetto Stau: mari più caldi e barriera dei monti»
Bologna è ancora sott’acqua. Dopo i tremila evacuati di ieri e la morte di Simone Farinelli l’esondazione del torrente Ravone ha spaccato il suolo e le strade in cui era stato tombato. E tutta l’Emilia-Romagna è in difficoltà mentre in ogni parte d’Italia si registrano alluvioni. In questi giorni un ciclone formatosi nel basso Tirreno ha colpito la regione oltre che la Calabria e la Sicilia. Si è scatenata la tempesta perfetta: da un lato il mare piuttosto caldo, dall’altra la discesa di corrente instabile fredda dal nord Europa», dice Mattia Gussoni de IlMeteo.it. Che per la regione chiama in causa l’effetto Stau: si verifica «quando una realtà ha una barriera montuosa che non permette alla precipitazione di proseguire e scaricare ingenti quantità di acqua. La stessa cosa si verifica in Toscana e in Liguria».
L’effetto Stau e i mari più caldi
Gussoni spiega al Corriere della Sera che si tratta di un fenomeno che interessa soprattutto i paesi del Mediterraneo. La causa sono i mutamenti climatici: «Assistiamo a ondate di calore in estate e subiamo eventi estremi nelle stagioni intermedie. È un trend che al momento è impensabile interrompere. Bisogna investire nella prevenzione». Anche Fabio Ciciliano, nuovo capo dipartimento della Protezione Civile, spiega che il 95% del territorio italiano è a rischio idrogeologico. «Per questo serve un’attività di mitigazione diffusa di questi scenari», aggiunge. Perché ormai «non basta pulire gli alvei dei fiumi, serve un progetto di formazione individuale a quella che è la protezione civile e che deve cominciare fin dalla scuola elementare. È un fatto culturale, in modo da avere giovani che fra 15-20 anni avranno un bagaglio di conoscenze nella difesa del territorio che è un patrimonio di ritorno».
Il Ravone
Carlo Cacciamani, il meteorologo che dirige l’agenzia nazionale ItaliaMeteo, spiega a Repubblica che «il film è sempre simile. A maggio 2023, a settembre 2024 e oggi le tre perturbazioni hanno seguito un corso sovrapponibile. Abbiamo vissuto rovesci di ore e ore, con precipitazioni cumulate davvero importanti. Sabato a Bologna abbiamo misurato 150-160 millimetri in 24 ore. L’ordine di grandezza è paragonabile alle due alluvioni precedenti». Secondo l’esperto «dopo tante ore di pioggia battente è giocoforza che l’acqua esca dai fiumi tombati». Per questo il Ravone è salito di quasi 3 metri in un’ora, sabato tra le 18 e le 19. «È un torrente piccolo, sembra insignificante, ma ha mandato sott’acqua una porzione di Bologna. Scorre infatti tombato sotto alla città e non può sostenere i livelli di pioggia degli ultimi tre nubifragi».
Tre alluvioni in un anno e mezzo
Il meteorologo spiega perché si sono verificate tre alluvioni in un anno e mezzo in Emilia-Romagna: «Ci troviamo tra un mare caldo, vista l’estate torrida, e un Appennino che ostacola il defluire delle perturbazioni e innesca i temporali». Perché «l’aria dall’Adriatico è calda e umida. Si è caricata di vapore risalendo lungo il mare. Scorre da est verso ovest perché i cicloni ruotano in senso antiorario, quindi imboccando la Valle Padana piega verso gli Appennini. Quando incontra una montagna sale e si raffredda. Il vapore si condensa e può innescare un temporale persistente, dato che l’Appennino gli impedisce di passare oltre. È un fenomeno simile a quello di un’altra regione soggetta alle inondazioni, la Liguria, e non a caso si chiama ciclogenesi di Genova. Lì l’aria calda risale lungo il Tirreno, si carica di vapore acqueo, viene sbarrata dalle Alpi e scarica la pioggia su un territorio stretto e ripido».
La cementificazione
L’Emilia-Romagna ha inoltre il suolo più cementificato della media italiana:l’8,89% contro il 7,14% nazionale. «Cambiamento climatico e urbanizzazione lungo i fiumi sono problemi evidenti. Sul come affrontarli però non abbiamo soluzioni facili. In regione edifici e infrastrutture costeggiano fiumi che non reggono più i livelli di pioggia attuali. I nubifragi si susseguono senza dar tempo ai terreni di asciugarsi. Il rimedio più citato oggi è la rinaturalizzazione: l’allargamento degli alvei e la restituzione ai fiumi dei loro spazi. Questo però può voler dire convincere alcune persone ad abbandonare case e campi».