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Cpr in Albania, il governo approva la lista dei 19 Paesi sicuri per il rimpatrio dei migranti. Nordio: «I giudici non potranno disapplicare la nuova legge»

21 Ottobre 2024 - 21:28 Felice Florio
È la reazione di Meloni e dei suoi alleati, arrivata al primo Cdm utile, contro la decisione del Tribunale di Roma di non convalidare il trattenimento dei migranti nel centro di Gjader

Il Consiglio dei ministri – iniziato senza che fosse comunicato all’esterno l’ordine del giorno -, ha approvato il decreto legge in materia di migranti preannunciato da Giorgia Meloni. È la reazione lampo alla decisione del giudice del Tribunale di Roma che, non convalidando il trattenimento di alcuni migranti nel centro di Gjader poiché provenienti da Paesi ritenuti non sicuri, ha fatto sì che le 12 persone di Egitto e Bangladesh fossero riportate dall’Albania in Italia. L’Ansa scrive che il decreto varato dal governo «dovrebbe rendere norma primaria l’indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio, e non più secondaria, come è invece il decreto del ministro degli Esteri, di concerto con quelli di Interno e Giustizia, con cui finora è stato annualmente aggiornato l’elenco».

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, dopo la riunione, ha commentato: «Nel momento in cui l’elenco dei Paesi sicuri è inserito in una legge, il giudice non può disapplicarla. Il giudice può disapplicare un atto amministrativo se lo ritiene illegittimo, ma lo può fare incidenter tantum, senza abrogarlo. Semplicemente non lo applica. Questo non vale per la fonte primaria, nel momento in cui un elenco di Paesi sicuri viene inserito in una legge il giudice non può disapplicare la legge. Se ritiene che la legge sia incostituzionale, può fare ricorso alla Corte costituzionale». L’operazione, dunque, è stata quella di “proteggere” l’utilizzo degli hotspot in Albania dalle decisioni dei tribunali trasferendo la lista dei 22 Paesi considerati sicuri del decreto interministeriale di Farnesina, Viminale e Giustizia in un decreto ad hoc, che diventa norma primaria. Anzi, solo 19 hanno ricevuto il bollino di luoghi sicuri dal Consiglio dei ministri del 21 ottobre: «Ci sono 19 Paesi in luogo dei 22 previsti – ha affermato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, all’uscita da Palazzo Chigi -. Abbiamo escluso Camerun, Colombia e Nigeria».

La lista dei 19 Paesi ritenuti sicuri dal governo

L’elenco dei Paesi sicuri, che verrà aggiornato periodicamente sempre mediante atto avente forza di legge, ad oggi comprende: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. Nella conferenza stampa che ha seguito il Consiglio dei ministri, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha criticato la decisione del giudice sul caso albanese: «Se leggiamo i provvedimenti del Tribunale di Roma di qualche giorno fa, e lo dico senza polemica, il meccanismo dei rimpatri semplicemente non esiste più e dovremmo rendere conto in sede europea del perché non tuteliamo i nostri confini, che sono confini europei».

Mantovano: «Non è competenza dei giudici individuare i Paesi sicuri»

«Vi è il massimo rispetto da parte del governo per il ruolo della magistratura, che è un’istituzione fondamentale, ma esistono delle competenze che riguardano ciascuna delle istituzioni e la deliberazione in ordine alla sicurezza di un Paese è qualcosa che compete in prima battuta al governo nel confronto col Parlamento», ha aggiunto Mantovano. «Quello che vorrei dire è che l’individuazione di un Paese come sicuro è frutto di un procedimento complesso di carattere al tempo stesso politico e amministrativo che tiene conto di valutazioni all’interno del singolo Paese che spesso richiedono competenze specialistiche e che spesso utilizzano informazioni riservate o sensibili che spesso sfuggono alla conoscenza ordinaria. L’elenco dei Paesi sicuri non è qualcosa di apodittico, ma di meditato».

Nordio: «Dai giudici solo cinque righe di motivazioni»

Per Nordio, il decreto di oggi «nasce da una sentenza della Corte di giustizia europea molto complessa e articolata, che probabilmente non è stata ben compresa o bene letta dai giudici». Il ministro della Giustizia, sempre in conferenza stampa, ha invitato i giornalisti a leggere «i dieci decreti del tribunale di Roma. Vedrete se, tolte le prime quattro pagine che hanno solo premesse tecnico giuridiche, le cinque righe dedicate a questa motivazione siano in linea con i cinque lunghi paragrafi della sentenza». Per il titolare di via Arenula il fulcro della sentenza della Corte di giustizia europea è che «il giudice deve, nel momento in cui si pronuncia, dire in maniera esaustiva e completa, nel caso di specie, quali siano le ragioni per cui per quell’individuo quel determinato Paese non è ritenuto sicuro. Nelle motivazioni dei decreti al centro del dibattito in questi giorni questo non c’è». E ha concluso: l’eventuale correttezza del Tribunale di Roma «si vedrà in sede di impugnazione».

Piantedosi: «Costi Albania? E gli 1,7 miliardi per accoglienza?»

Il titolare dell’Interno, invece, ha risposto alle polemiche sul costo del sistema messo in piedi per trasferire e mantenere i migranti in Albania, stimato in circa un miliardo di euro. «Ma quanto ci costa distribuire i migranti tutti i giorni da Lampedusa a Pozzallo o Porto Empedocle? E quanto ci costa il sistema di accoglienza? Il Viminale spende ogni anno 1,7 miliardi di euro per dare assistenza a persone che per il 60-70% dei casi sono destinate a vedersi bocciata la domanda di asilo», ha affermato Piantedosi. «La nave che abbiamo utilizzato – per trasferire i migranti in Albania – è della Marina militare, ha comunque dei costi di esercizio». E ha concluso: «Noi qui stiamo parlando di attuare una normativa europea e di anticipare, come dice la stessa Corte di giustizia europea, l’entrata in vigore di un sistema che noi riteniamo addirittura più dirimente e stringente. Dal giugno 2026 entra in vigore il nuovo regolamento che prevederà addirittura la individuazione dei Paesi sicuri con esclusivo riferimento alle condizioni percentuali statistiche di approvazione delle domande a livello europeo, attestandole sotto il limite del 20%».

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