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Muore in ospedale per una diagnosi errata: il medico indagato invoca lo scudo penale

22 Ottobre 2024 - 09:28 Ugo Milano
Il caso nasce dalla morte nel 2021 del 48enne Daniele D'Amato. Il gip ha disposto una perizia

La morte di Daniele D’Amato, un uomo di 48 anni – nonché zio dell’olimpionica Alice – che ha perso la vita a causa di una dissezione aortica che non sarebbe stata diagnosticata tempestivamente, ha sollevato una serie di dubbi legali e medici. Soprattutto riguardo all’applicabilità dello scudo penale per i sanitari coinvolti. Il 48enne si era recato in ospedale più volte tra maggio e giugno 2021, lamentando gravi dolori e sintomi come pressione sanguigna e globuli bianchi elevati. Ciononostante, è stato dimesso più volte, con la diagnosi errata di lombalgia (mal di schiena). Fino a che, al quarto accesso ospedaliero, è stata finalmente riconosciuta la gravità della situazione. Non si trattava di mal di schiena, ma di dissezione aortica.

L’inchiesta

Nonostante l’intervento d’urgenza, D’Amato è morto pochi giorni dopo. I medici degli ospedali coinvolti, uno a Novi Ligure e l’altro al Policlinico San Martino di Genova, sono stati accusati di omicidio colposo per la mancata diagnosi e le dimissioni premature del paziente. Ma uno dei medici ha invocato lo scudo penale. Una norma introdotta durante la pandemia Covid-19 per proteggere i medici da azioni penali per errori commessi in condizioni di particolare stress lavorativo o carenza di personale.

Lo scudo penale: il gip dispone la perizia

La norma sullo scudo penale è stata approvata nel 2021 e successivamente è stata estesa fino alla fine del 2023. Garantisce protezione ai medici in caso di colpa lieve. E, in alcuni casi, anche in presenza di errori gravi. Purché si dimostri che il contesto lavorativo era tale da rendere difficile l’operato in condizioni ottimali. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto una perizia per determinare se i medici possono effettivamente beneficiare di questa protezione legale. Prendendo in considerazione le circostanze specifiche in cui hanno operato. Incluse la pressione sui servizi sanitari durante la pandemia e la carenza di risorse. Se lo scudo dovesse essere applicabile, i medici potrebbero evitare un processo penale, lasciando ai familiari di D’Amato la sola via del risarcimento civile.

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