Stop al processo civile per stupro per Roman Polanski: accordo tra le parti
Il processo civile contro il regista franco-polacco Roman Polanski per lo stupro di una minorenne, previsto per l’agosto 2025, è stato archiviato dopo un accordo tra le parti. Si chiude così dunque uno dei numerosi fatti di cronaca giudiziaria riguardanti uno dei più importanti registi della storia del cinema, più volte implicato in storie di violenza sessuale. Storie che è riuscito a dribblare scappando dagli Stati Uniti sul finire degli anni ’70 senza più voltarsi indietro e rifugiandosi a Parigi, in Francia, stato che ha sempre rifiutato l’espatrio, nonostante negli ultimi anni diverse associazioni femministe abbiano fragorosamente protestato per la scelta delle istituzioni francesi. Secondo Osez le féminisme infatti Roman Polanski sarebbe «il simbolo della tolleranza che esiste ancora in Francia riguardo alla violenza sessuale». Non si conosce il nome della vittima ma si conosce nei dettagli la storia che la riguarda: era il 1973, ai tempi Polanski era una star della macchina da presa, aveva già regalato agli appassionati di tutto il mondo Cul-de-sac e Rosemary’s Baby. La vittima viene portata prima al ristorante dove, secondo quanto dimostrato in tribunale, sarebbe stata costretta a bere della tequila, poi a casa del regista, dove si sarebbe concretizzata la violenza. La vittima ha reso pubblica la vicenda solo nel 2017, chiedendo a Polanski un risarcimento danni. Nel giugno del 2023 poi, prima che scadessero i termini di legge dello Stato della California validi per le citazioni in casi di violenza sessuale, è arrivata la denuncia. Per il regista premio Oscar per Il pianista si tratta solo di una delle tante ricevute e per le quali ha sempre negato ogni responsabilità.
Il perdono della sua prima vittima
La prima in ordine di tempo, almeno per quanto noto alle autorità, fu Samantha Geimer, che nel 1973 aveva tredici anni, era una giovane modella figlia di una conduttrice televisiva, e subì violenza sessuale da Roman Polanski in casa di Jack Nicholson. Il processo che seguì la denuncia fece chiaramente assai scalpore, il regista per giungere ad un patteggiamento che soddisfacesse la parte avversa, d’accordo anche con il giudice, si dichiarò colpevole di «rapporto sessuale extramatrimoniale con persona minorenne», un crimine, ma non considerato ai sensi di legge grave quanto uno stupro. Polanski se la cavò con appena 90 giorni di detenzione nella prigione di Chino, California. Dopo 42 giorni però venne rilasciato anticipatamente per passare ad una pena detentiva con la condizionale, a quel punto Polanski scappò prima a Londra e poi, come detto, a Parigi. Nel frattempo gli anni passano, i capolavori, indiscussi, si susseguono, e anche la stessa Samantha Geimer invoca la libertà per il suo aguzzino, convinta che abbia pagato il suo debito con la giustizia. Addirittura l’anno scorso la donna ha pubblicato una foto su Instagram abbracciata a Polanski (il post sopra), scattata dal marito, ripresa poi anche dalla moglie del regista, l’attrice e cantante Emmanuelle Seigner, che mai lo ha abbandonato in questi anni di battaglie legali e, di fatto, latitanza.