Alluvioni e cementificazione: dal 2012 sono naufragate 4 proposte di legge e quella dell’Emilia-Romagna è «un inganno»
Cambiamenti climatici, cementificazione selvaggia, scarsa manutenzione del territorio. Se ogni alluvione finisce per trasformarsi in un disastro, il motivo va ricercato innanzitutto in questi tre elementi. Le piogge delle ultime settimane hanno fatto finire sott’acqua diverse regioni, con l’Emilia-Romagna che si è confermata ancora una volta il territorio più colpito. Nel commentare l’accaduto, il ministro Nello Musumeci ha individuato soprattutto un responsabile: il consumo di suolo, ossia la cementificazione di un terreno che in precedenza era agricolo o naturale. «Secondo me bisogna avere il coraggio di una legge che ponga un freno a questa prassi assolutamente deplorevole perché il cemento diventa il miglior complice dell’acqua che poi diventa torrente, poi diventa fiume e poi diventa piena con tutto quello che è sotto gli occhi di tutti», ha commentato il ministro per la Protezione civile.
I tentativi (andati a vuoto) di approvare una legge sul consumo di suolo
Il suggerimento lanciato da Musumeci è tutto fuorché una novità. La prima proposta di legge per fermare il consumo di suolo in Italia risale a più di dieci anni fa. Per la precisione, al 2012, durante il governo tecnico di Mario Monti. «Un manipolo di noi lo aiutò a proporre una legge per fermare il consumo di suolo facendo leva sul concetto di sovranità alimentare, ma poi non andò in porto», ricorda Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale ambientale al Politecnico di Milano e tra i massimi esperti in materia di consumo di suolo. Nel 2016, arriva un nuovo tentativo. La proposta di legge viene approvata dalla commissione Ambiente ma non arriva a essere votata al Senato. Durante i due governi di Giuseppe Conte e quello guidato da Mario Draghi, il tema resta lontano dai riflettori.
È solo con l’arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, e con l’aumento di eventi meteo estremi che si abbattono sull’Italia, che la politica torna a discutere di una legge contro il consumo di suolo. Nell’attuale legislatura, scrive Francesca Santolini su La Stampa, sono state presentate ben undici proposte di legge: quattro dal Partito democratico, tre dal Movimento 5 stelle, una da Alleanza Verdi-Sinistra, due da Forza Italia e una dalla Lega. Attualmente, quattro di quelle proposte sono incagliate alla fase di assegnazione, il che significa che l’iter in commissione nemmeno è cominciato, mentre altre tre sono state bocciate e mai discusse.
Quali sono le cause di un’alluvione
Il fatto che le alluvioni siano diventate sempre più frequenti e sempre più gravi è una conseguenza diretta dei cambiamenti climatici. Se si immette più calore in atmosfera, questa finisce per restituire tutto il surplus energetico attraverso manifestazioni intense e frequenti. La via principale per contenere l’aumento di questi eventi meteo, dunque, è limitare il riscaldamento globale. Ma oltre a questo c’è da fare i conti anche con la cura e la manutenzione del territorio. Secondo l’Ispra, quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto idrogeologico. Se si guarda alle alluvioni, è l’Emilia-Romagna la regione più soggetta al rischio allagamento. Innanzitutto a causa della sua conformazione, ma anche perché registra una delle percentuali di consumo di suolo più alte d’Italia.
Il ruolo della cementificazione
E in che modo incide questo sul rischio alluvioni? Lo spiega Pileri: «Un ettaro di suolo sano e permeabile può trattenere quattro milioni di litri d’acqua. Ma quando viene cementificato diventa impermeabile e porta l’acqua circolante in superficie ad aumentare di almeno sei volte», osserva il docente del Politecnico. In un’area cementificata, insomma, il terreno non è in grado di assorbire l’acqua. A questo si sommano almeno altri due problemi. Il primo ha a che fare con l’agricoltura industriale e monocoltura, che compatta il terreno e rende più difficile il passaggio dell’acqua verso il sottosuolo. E poi la mancata cura dei versanti alpini e collinari: «Negli ultimi decenni abbiamo abbandonato queste aree. Il risultato è che vediamo una colata di suolo a valle, dove fiumi e torrenti si riempiono ancora più facilmente», spiega Pileri.
La legge regionale in Emilia-Romagna
A dirla tutta, l’Emilia-Romagna è una delle poche regioni che si è dotata di una propria legge per contrastare il consumo di suolo. O almeno, quello era l’obiettivo. Il provvedimento, approvato nel 2017, non prevede un divieto assoluto di consumare nuovo suolo, ma solo una serie di nuovi limiti sulle zone in cui è possibile costruire case, uffici o realizzare altri interventi edilizi simili. La regione rivendica l’efficacia della legge e sostiene che dal 2017 a oggi ha permesso di ridurre del 70% le aree per cui era previsto consumo di suolo.
Ma la legge della giunta di Stefano Bonaccini non ha mai convinto urbanisti e ambientalisti, che avrebbero preferito limiti ben più stringenti. «Quella legge non funziona, è un inganno culturale. Il consumo di suolo dal 2017 a oggi non è davvero diminuito», dice Pileri senza troppi giri di parole. A confermare la sua tesi, e smentire la ricostruzione della Regione, sono i dati dell’Ispra: nel 2022, cinque anni dopo l’approvazione della legge, l’Emilia-Romagna si è piazzata al quarto posto in Italia per consumo di suolo, con 635,44 ettari cementificati in un solo anno.
Le parole di Musumeci e l’ipotesi di una legge nazionale
Le parole pronunciate da Musumeci all’indomani dell’ennesima alluvione hanno riacceso il dibattito sulla necessità di approvare una legge nazionale contro il consumo di suolo. «Verrebbe da dire “meglio tardi che mai”, ma con questo governo, visti i precedenti, meglio non esultare troppo presto», hanno commentato i parlamentari del Movimento 5 stelle. Secondo Pileri, la questione del consumo di suolo interessa in modo trasversale tutti i partiti politici, anche quelli che storicamente sono più vicini alle istanze ambientaliste: «Purtroppo anche tanti sindaci dei partiti che oggi stanno all’opposizione, compreso quello di Ravenna, che è candidato alle regionali in Emilia-Romagna, sono dei grandi cementificatori. Credo sia un problema non solo di mancanza di volontà politica ma anche culturale».
Secondo il docente del Politecnico servirebbe una legge non solo che fermi il consumo di suolo, ma che incentivi anche le amministrazioni locali a liberare le aree già cementificate per restituirle alla natura. «In Olanda è scattata una sorta di competizione tra i comuni, in cui viene premiato chi avvia azioni di depavimentazione, mentre in Italia – fa notare Pileri – ci muoviamo nella direzione contraria». Il fatto che sia un esponente del governo ad aver riaperto alla possibilità di una legge contro il consumo di suolo aumenta senz’altro le possibilità di successo. Ma Pileri, che negli ultimi dieci anni è stato interpellato più volte dal parlamento sulla questione, non sembra particolarmente fiducioso: «Vedremo se Musumeci darà seguito a quello che ha detto o se resteranno solo parole».
In copertina: Le operazioni di pulizia di un ponte dove sta per straripare il fiume Idice, a Molinella, nel Bolognese, 20 ottobre 2024 (ANSA/Max Cavallari)