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Caterina Banti e l’addio alla vela: «È un ambiente maschilista. Da piccola ho sofferto di bulimia»

25 Ottobre 2024 - 08:34 Alba Romano
caterina banti
caterina banti
Ha vinto europei, mondiali e due ori olimpici. Ma è delusa dalla mentalità nello sport

Caterina Banti, 37 anni, nella vela ha vinto tutto: europei, mondiali, due ori alle olimpiadi nel catamarano misto (Nacra 17). E dopo Parigi è scesa a terra: «Sono un caso piuttosto anomalo, anzi tardivo – racconta oggi a Emanuela Audisio sul quotidiano La Repubblica -. Ho iniziato lo sport agonistico già da grande, a 23 anni. A 34 ho vinto con Ruggero Tita il primo oro olimpico e a 37 sempre con lui ci siamo riconfermati campioni. Con grande sacrificio, impegno e lavoro. Ho dovuto da prodiera prendere 10 chili in due anni, perché è un ruolo che richiede forza, esplosività, resistenza. Dallo sport ho ricevuto molto, ma gli ho anche dato tutto: ginocchia, schiena, mani, polsi, caviglie. Non mi sono risparmiata infortuni, sono abbonata a cervicale e pubalgia».

Il maschilismo nella vela

Banti spiega che «la vela è performance, oggi sull’acqua si va sempre più veloci e in barca si prendono botte. Ma c’è un tempo per tutto e io ho un compagno, vorrei un figlio, ho genitori che invecchiano e due fratelli. Devo costruirmi un altro pezzo di vita lontano dalle onde, anche perché non appartengo ai corpi militari, sono tesserata per il Circolo Canottieri Aniene». È delusa «da una certa mentalità molto maschilista della vela. Faccio un esempio: World Sailing ha annunciato i finalisti del Premio dell’anno, nella categoria maschile c’è il nome di Ruggero Tita, ne sono contenta, ma in quella femminile non c’è il mio. Insieme siamo nominati nella categoria a squadra. Ma Ruggero non gareggia da solo, i titoli li abbiamo vinti insieme. Tra i giovani c’è Vittorio Bonifacio, ma non la timoniera, Lisa Vucetti. Eppure sono un equipaggio misto. La Fiv ha subito chiesto spiegazioni. Mi chiedo: perché le donne a un certo punto scompaiono dalla vista? In un momento in cui il mondo olimpico, le istituzioni, federazioni e Coni e persino la Coppa America si aprono alla parità di genere?».

Bertelli e Luna Rossa

Su Bertelli che non vuole team misti su Luna Rossa, dice: «Lui è un uomo d’altri tempi, quando le donne mettevano paura, portavano disturbo e disgrazie. Ma è veramente così o sono solo pregiudizi? L’uomo è più diretto e pratico? Spesso sì. La donna forse sarà meno concreta, ma ha grande forza e resistenza mentale. Dico questo: se non ci date l’opportunità di provare, come potete dire che siamo inadatte. Mettete alla prova i nostri meriti e poi scartateci. Ma dopo, non prima. Come possiamo diventare brave se non ci viene data un’occasione? Se non s’inizia mai come in F1 è un’esclusione dettata dal pregiudizio. Tita e io abbiamo vinto molto insieme, lui prenderà il timone nella prossima Coppa America, se lo merita davvero. Ma la vela non è solo una questione fisica. Se poi per i media l’attrazione è solo se lui e lei stanno insieme è un’altra storia. Ai Giochi di Tokyo ce lo chiedevano sempre: come mai tu e Ruggero non siete fidanzati? La relazione sessuale: solo quella sembrava interessare. Non la collaborazione vincente nonostante le diversità dei caratteri, non i ruoli interscambiali, non i percorsi di vita, non le personalità».

L’università e la bulimia

Ora si è iscritta alla Luiss: «Al Master in Public Affairs and External Relations e al corso di management olimpico del Coni. E sono candidata di genere al consiglio nazionale della Federvela in rappresentanza degli atleti». E rievoca: «Da piccola ero cicciottella. Mi chiamavano bantenottera . Ho sofferto di bulimia. Confrontarsi con il proprio corpo è la prima tua gara, accettare sé stessi, superare i tuoi limiti, sono tutti passi importanti. La medaglia non la vinci se non risolvi il tuo problema come persona. Perché una cosa è chiara: nessuno sarà mai perfetto, il successo è un percorso di crescita, una condivisione delle diversità, non un’ipertrofia dell’io».

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