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Il «sistema fallimentare» dei Cpr in Italia: soltanto il 10% dei rimpatri e oltre 70mila euro l’anno per ogni persona migrante – Il report

25 Ottobre 2024 - 14:25 Alessandra Mancini
La denuncia di ActionAid nel rapporto “Trattenuti 2024: una radiografia del sistema detentivo per stranieri”

Giorgia Meloni tira dritta sul cosiddetto modello Albania che punta a rimandare in patria velocemente le persone migranti dopo l’esame della domanda di asilo. Ma il report di ActionAid e del Dipartimento di Scienze Politiche dell’università di Bari “Trattenuti 2024: una radiografia del sistema detentivo per stranieri” scatta una fotografia tutt’altro che positiva della gestione dei rimpatri delle persone migranti. Nel 2023 dai Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di tutta Italia è stato rimpatriato «soltanto il 10% delle persone con un provvedimento di espulsione». Tradotto: circa duemila allontanamenti eseguiti su oltre 28mila ordini. Il totale è invece di oltre quattromila e comprende gli stranieri rimpatriati alle frontiere, negli aeroporti o direttamente dalle questure. «Una politica che ottiene questi risultati è inammissibile a meno che non si riconosca che l’obiettivo non è quello esplicito del rimpatrio, ma è quello di assimilare le persone migranti ai criminali, erodendo le basi del diritto d’asilo e del sistema di accoglienza», commenta Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni dell’organizzazione non governativa. Da tempo le associazioni che si occupano di immigrazione denunciano la disumanità, l’invivibilità degli spazi e la gestione fallimentare dei centri per i rimpatri, chiedendone la chiusura. E i recenti casi di cronaca, dal Cpr di via Corelli a Milano alla struttura di Ponte Galeria a Roma, confermano le problematicità rese note dalle organizzazioni. 

Crescono i tempi di detenzione ma calano i rimpatri

Secondo il rapporto sono state 50mila le persone straniere detenute dal 2014 al 2023 all’interno dei Centri per il rimpatrio. Dal 2017 (all’epoca il ministro degli Interni era Marco Minniti) gli esecutivi in carica hanno deciso di investire nella detenzione amministrativa delle persone migranti come politica di rimpatrio con l’obiettivo di istituire un Cpr in ogni regione. Ma ad oggi sono funzionanti soltanto 10 strutture su 12 attive. Dai centri siciliani, con il nuovo hub per il cosiddetto “trattamento leggero”, parte il 54% dei rimpatri nazionali, l’85% dei quali sono cittadini tunisini. Eppure, i migranti provenienti dalla Tunisia nel 2023 sono stati meno dell’11% degli arrivi complessivi in Italia. Più in generale – denunciano i promotori del rapporto – il sistema funziona, fin dal 2018, al 50% della sua capacità ufficiale. Ciononostante, i termini di durata massima della detenzione sono diventati sempre più lunghi: 18 mesi nel 2023. A questo però non è corrisposto un tasso crescente di rimpatri. In sintesi, crescono i tempi di detenzione e pure le manutenzioni straordinarie all’interno dei centri, ma calano le esecuzioni di rimpatri.

Le cifre

I tempi di detenzione così lunghi fanno inevitabilmente aumentare i costi. L’intero sistema dei Cpr solo nell’ultimo biennio 2022-2023 è costato 39 milioni e la spesa media annua di una struttura detentiva sale fino a un milione e 760mila euro, mentre il costo medio annuo di un posto raggiunge quasi 29 mila euro, si legge nel report. Si tratta di costi, certo esorbitanti, ma sottostimati poiché mancano le spese accessorie, come ad esempio la manutenzione. Nel Cpr di Brindisi, con una capienza effettiva di 14 posti, il costo medio di un posto supera i 71.500 euro all’anno (quasi 200 euro al giorno). Quello di Macomer, in provincia di Nuoro, dove «costa di più garantire il solo vitto e alloggio delle forze dell’ordine a presidio della struttura», il costo medio arriva a 52mila euro. Anche a Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, per vitto e alloggio per le forze dell’ordine mediamente si spendono 680mila euro l’anno. Sommati ai costi di gestione e manutenzione, nel 2023, portano il costo medio di un posto a più di 45mila euro. E sebbene i Centri per il rimpatrio in Italia appaiono come un modello «di gestione incontrollata e fallimentare», con costi economici e umani smisurati, ad oggi «rappresentano, però, un punto di riferimento dei nuovi centri di trattenimento in Albania targati Governo Meloni», denuncia Coresi di ActionAid.

Foto copertina: ANSA / Massimo Percossi | Cpr di Ponte Galeria, Roma

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