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Caos al Washington Post: «Non appoggeremo né Harris, né Trump». Giallo sull’editoriale per Kamala mai pubblicato. E gli abbonamenti calano

25 Ottobre 2024 - 21:55 Stefania Carboni
Secondo il New York Times un sostegno verso la democratica era pronto per esser pubblicato. Ma Bezos avrebbe cambiato idea. Per Semafor c'è già un crollo degli abbonamenti al giornale

Non è un bel momento per il Washington Post. Il quotidiano ha deciso che non appoggerà Kamala Harris o Donald Trump nelle imminenti elezioni americane. Una scelta che sembrerebbe esser stata fatta per porsi al di sopra delle parti, ma non pare proprio così. Secondo quanto riporta il New York Times un appoggio del WaPo verso la candidata democratica era già stato scritto ed era pronto per essere pubblicato. Ma Jeff Bezos, proprietario del giornale, ha invitato tutti a non schierarsi. In serata William Lewis, editore e amministratore delegato del giornale, ha spiegato perché stavolta la testata non avrebbe sostenuto nessuno nella corsa alla Casa Bianca. «Non appoggeremo nessun candidato in queste elezioni né in nessuna elezione presidenziale futura. Stiamo tornando alle nostre origini», spiega, citando quello che il giornale scrisse nel 1960, quando Nixon sfidò John Fitzgerald Kennedy. Il risultato? Secondo quanto riporta Semafor Robert Kagan, firma di spicco, si è dimesso. Ma «le persone sono scioccate, furiose, sorprese», ha detto un membro del comitato editoriale, sono sempre più, con tante discussioni interne. Anche perché, spiega la fonte a Semafor, «se non hai le palle per possedere un giornale, non farlo». I membri del comitato editoriale del Post sono rimasti sorpresi venerdì quando hanno appreso della decisione di non schierarsi dal caporedattore David Shipley. Sapevano dell’endorsement pronto per Harris, all’inizio di questo mese, inviato, tra l’altro, al proprietario del giornale Jeff Bezos. Una fonte ha riferito a Semafor che la decisione del WaPo verso la neutralità sembra già avere un impatto sugli abbonamenti. Ci sarebbero già circa 2.000 abbonati in meno. Il Post per ora non ha risposto alle richieste di informazioni da parte di Semafor.

Cosa fece WP nel 1960

Allora il comitato editoriale riportava sul quotidiano: «Le circostanze insolite delle elezioni del 1952 ci hanno indotto a fare un’eccezione quando abbiamo appoggiato il generale Eisenhower, prima della convention per la nomina e abbiamo ribadito il nostro appoggio durante la campagna. Alla luce del senno di poi, siamo ancora convinti che gli argomenti a favore della sua nomina e della sua elezione fossero convincenti. Ma con il senno di poi ci siamo anche convinti che sarebbe stato più saggio per un giornale indipendente evitare un appoggio formale». E ancora: «L’elezione del 1960 è certamente importante, come qualsiasi altra tenutasi in questo secolo. Questo giornale non è in alcun modo indifferente alle sfide che il Paese deve affrontare. Come i nostri lettori sapranno, abbiamo cercato di chiarire negli editoriali la nostra convinzione in cui, nella maggior parte dei casi, uno dei due candidati ha dimostrato una comprensione più profonda dei problemi e una maggiore capacità di leadership».

Il terremoto del Los Angeles Times

La mossa del Washington Post che, ricordiamo è di proprietà di Jeff Bezos, è in linea con quello che ha fatto anche il Los Angeles Times, ora nelle mani del tycoon sudafricano di origini asiatiche Soon-Shiong (dal 2018). La principale testata californiana ha apertamente appoggiato i democratici dal 2008 ma stavolta, nel 2024, è stato espressamente chiesto dall’editore di non fare alcun endorsement. Una mossa che ha spinto Mariel Garza, direttrice degli editoriali, a dimettersi, in segno di protesta. «In tempi pericolosi, restare in silenzio non è indifferenza, ma complicità», ha dichiarato la giornalista alla Columbia Journalism Review. «Le persone oneste devono farsi avanti, come ho fatto io». Un ultimo tassello, questo di Garza, in una testata che non sta vivendo un periodo sereno, con le dimissioni a gennaio del suo direttore e l’annuncio di oltre 100 licenziamenti.

(in copertina la sede del Washington Post, scatto EPA/MICHAEL REYNOLDS)

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