In Evidenza Cop29Donald TrumpGoverno Meloni
ATTUALITÀ25 aprileCorrado FormigliDimissioniFascismoLa7NeofascismoRaiTv

Dopo l’«infame» a Formigli, spuntano i post di Corsini con slogan fascisti e sfottò al 25 aprile. Il Pd chiede le dimissioni del manager Rai

25 Ottobre 2024 - 18:18 Massimo Ferraro
paolo corsini fascismo post dimissioni pd
paolo corsini fascismo post dimissioni pd
Nel libro di Massimo Arcangeli «Quel braccio alzato. Storia del saluto romano» i post del direttore dell'approfondimento della Rai

Non c’è solo quell’«infame» che Paolo Corsini, direttore dell’approfondimento della Rai, si è lasciato sfuggire ai microfoni di Piazzapulita rivolto al conduttore Corrado Formigli. E che gli è costato una convocazione dai vertici di viale Mazzini e l’irritazione dell’amministratore delegato Rossi. Mentre il Partito democratico, attraverso il suo europarlamentare e responsabile informazione nella segreteria nazionale Sandro Ruotolo, chiede le dimissioni del manager meloniano del servizio pubblico, escono dal passato di Corsini le sue simpatie fasciste, apertamente condivise e disseminate sui social network nel corso di anni. Nelle stesse ore dell’insulto a Formigli, esce anche il libro del docente universitario, linguista e sociologo Massimo Arcangeli: Quel braccio alzato. Storia del saluto romano. Con un ultimo capitolo intitolato proprio Fratelli d’Italia, l’Italia s’è destra, in cui emergono i legami vecchi e nuovi della destra di governo italiana con il nostalgismo fascista e con l’ultranazionalismo nero internazionale, con un riferimento anche alla Corte dei Brut dove quei movimenti trovano spesso casa.

Paolo Corsini, simpatie e affiliazioni

Nel suo libro Arcangeli dedica diverse pagine proprio a Paolo Corsini, riprendendo quanto il giornalista ha scritto su Facebook negli ultimi anni. Tra citazioni di Mussolini e auguri beffardi per il 25 aprile, slogan del fascismo e anche partecipazioni a eventi culturali nettamente schierati. Come i concerti dei 270bis, di cui era frontman Marcello De Angelis, il capo comunicazione della Regione Lazio costretto a dimettersi per i suoi post sulla strage di Bologna. «Paolo Corsini è quello che, parlando di “orgoglio italiano” nel corso dell’ultima kermesse di Atreju, ha rivendicato pubblicamente, senza neanche un filo d’imbarazzo, la sua affiliazione al partito di Giorgia Meloni. In quell’occasione (14 dicembre 2023) ha dichiarato di essere tuttora militante di Fratelli d’Italia, definendolo “il nostro partito”», ricorda Arcangeli, ma è anche «quello del monologo sulla Festa della Liberazione che il 20 aprile 2024 Antonio Scurati avrebbe dovuto leggere in prima serata su Raitre a Chesarà… (l’intervento fu invece censurato), ed è lo stesso che si è divertito più volte a provocare gli utenti di Facebook, nei suoi post del 25 aprile». Il diario di Facebook del dirigente Rai è un libro aperto, senza imbarazzi, sulla vicinanza di Corsini al mondo nero. E per questo Arcangeli chiosa, in merito all’opportunità di affidargli un ruolo apicale in viale Mazzini: «Solo un’Italia che non abbia fatto ancora seriamente i conti col Ventennio può tollerare che a decidere degli approfondimenti giornalistici del servizio pubblico possa esserci chi inneggia senza mezzi termini al nazifascismo in atti, parole e comportamenti inaccettabili».

Corsini, la richiesta di dimissioni

Citando le rivelazioni nel libro di Arcangeli, parte delle quali erano già note come sottolinea l’autore stesso, Ruotolo chiede le dimissioni di Corsini: «Per quell’infame al giornalista Corrado Formigli abbiamo chiesto, come Partito Democratico, le dimissioni di Paolo Corsini, direttore degli approfondimenti giornalistici della Rai. Dopo aver letto il libro uscito oggi di Massimo Arcangeli ‘Quel braccio alzato. Storia del saluto romano’, la Rai non deve perdere più tempo. Pubblichiamo alcuni dei post di Paolo Corsini dove l’apologia del fascismo è evidente. È una vergogna che Paolo Corsini resti al suo post». E conclude: «Chiederemo in commissione di Vigilanza Rai di sentire i vertici aziendali». Ruotolo ha condiviso una nota in cui ha definito la «Rai ridotta a megafono del governo Meloni», ma che «rimane un bene di tutti». E per questo chiede le dimissioni del direttore dell’approfondimento, ricordando l’episodio di Atreju: «Abbiamo bisogno di un’informazione libera e indipendente».

Articoli di ATTUALITÀ più letti
leggi anche