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Report, il nuovo caso Giuli è una mostra sul futurismo al Maxxi: «Una faida dentro FdI per far esporre l’amico»

alessandro giuli nuovo caso mostra futurismo sigfrido ranucci giorgia arianna meloni
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La vicenda che coinvolge Sangiuliano e Mollicone. E le amicizie di Arianna e Giorgia Meloni

«Dobbiamo rallentare. Trovare soluzioni, collaborare. Evitare che questa storia ci sfugga di mano e metta in difficoltà il governo». Nella telefonata di ieri Giorgia Meloni ha cercato di catechizzare Alessandro Giuli. Che è sull’orlo delle dimissioni dopo il caso Spano. E le ha offerte alla premier. Che però da quell’orecchio non vuole proprio sentirci: «Dobbiamo restare compatti. Altrimenti la situazione rischia di finire fuori controllo». Ma intanto si delineano i contorni del nuovo caso Giuli, annunciato ieri da Sigfrido Ranucci nell’inchiesta di Report. Che parte da una mostra sul futurismo in programma a dicembre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. E nella quale compare il FdI Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura a Montecitorio già protagonista di una lite con Antonella Giuli, sorella del ministro.

Giorgia Meloni e Alessandro Giuli

I retroscena di Corriere e Repubblica raccontano il colloquio tra Meloni e Giuli. Una telefonata che serve a placare lo scontro interno tra il ministro e Giovanbattista Fazzolari. Indicato, anche se lui ha smentito in più occasioni, come il nemico interno di Giuli. Insieme a Isabella Rauti, una delle personalità di FdI contrarie alla nomina di Spano. Intanto il ministro è alla ricerca di un capo di gabinetto. Diversi magistrati e membri del Consiglio di Stato hanno rifiutato l’incarico. Ora circolano i nomi di Cristiana Luciani, che lavora presso il Garante della Privacy ed è moglie del deputato meloniano Luca Sbardella, e di Valentina Gemignani, dirigente del ministero dell’Economia. Ma c’è un problema che riguarda Emanuele Merlino. Il figlio di Mario, esponente di Avanguardia Nazionale e poi fondatore del circolo anarchico XXII Marzo. E che potrebbe finire nell’inchiesta di Report.

Il caso Mollicone e Antonella Giuli

Intanto nel Transatlantico è ancora d’attualità la lite tra Antonella Giuli e Morricone. «Mi ha provocato ma ora mi dispiace», fa sapere lui. L’ex portavoce di Francesco Lollobrigida molto vicina ad Arianna Meloni. Che dopo la separazione si starebbe muovendo «con astuzia politica» per cercare il suo spazio tra partito e governo. Ma finora le seconde dimissioni di un ministro della Cultura dopo il caso Sangiuliano vengono escluse. «Il segreto di Giorgia è la stabilità», sussurrano da FdI. Mentre le storie sulle orge gay al ministero e sui gusti sessuali di Giuli sarebbero «solo gossip montato ad arte dalla sinistra». Ma un caso pronto a scoppiare c’è già. Ed è proprio quello della Gnam. Tutto comincia quando Sangiuliano annuncia la mostra sul movimento di Marinetti. All’epoca proprio Giuli propone al professor Fabio Benzi di portare quella organizzata al Kroller museum in Olanda al Maxxi.

La mostra sul futurismo

Ma il progetto non piace a Sangiuliano, che blocca tutto. E cambia progetto: arrivano i curatori Alberto Dambruoso (autore di un libro su Boccioni) e il giornalista del Tempo Gabriele Simongini. Il ministro crea un comitato scientifico nel quale entra anche il vignettista Osho, ovvero Federico Palmaroli. Ma delle 650 opere previste per la mostra ne vengono tagliate 300. E cominciano le pressioni per esporre le opere di Fabrizio Russo, che Report mostra mentre fa il saluto romano. Di Russo, spiega Repubblica, si dice proprio che sia vicino a Mollicone. Mentre queste tele risalirebbero agli Anni Cinquanta: fuori dal perimetro storico del futurismo. Ci sono proteste, ma in una chat Simongini avverte: «Chi non si adegua rischia. Perché loro sono lo Stato». Alla fine proprio Merlino comunica a Dambruoso il licenziamento.

La similitudine con il caso Boccia

«La mia situazione non è molto dissimile da quella di Maria Rosaria Boccia», commenta lui con Report: «Anch’io ho ricevuto un incarico che non è stato poi formalizzato». Più di un anno di lavoro, durante il quale per conto del ministero ha avuto rapporti con musei e collezionisti di mezzo mondo, buttato al vento. E neppure retribuito. Per ragioni di ortodossia, «come neanche Mussolini ha mai fatto».

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