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Ma Giuli c’è o ci fa? La spiegazione del ministro: «Il mio linguaggio dimostra che non cerco consensi politici»

26 Ottobre 2024 - 17:55 Stefania Carboni
Il titolare della Cultura a Rai Radio3: «Un ministro esprime nelle vesti istituzionali tutti gli intellettuali, che lo vogliano o no, anche Scurati o Saviano»

«Il mio linguaggio è anche la dimostrazione di come non sono in cerca di consensi politici, mi percepisco come una persona che proviene dal mondo della cultura e che si è messa al servizio; se cercassi clientele politiche di basso profilo mi costringerei a usare un altro registro ma non mi interessa». Queste le parole del ministro della Cultura Alessandro Giuli, ospite della trasmissione di Rai Radio 3 sulla lingua italiana ‘La lingua batte‘, in onda domani alle 10,45 (e in podcast su RaiPlay Sound), condotta dallo scrittore Paolo Di Paolo. «La politica – ha dichiarato il ministro – deve sempre semplificare quando parla alle persone, ma tra politici dovrebbe esserci un livello di comunicazione adeguato, tale anche da condizionare il giornalismo, e non viceversa». Per Giuli «esistono dei temi su cui dobbiamo attrezzarci anche con parole complesse perche’ complessi sono i temi».

«Il mio linguaggio non è una provocazione ma una sollecitazione»

Ma il suo linguaggio è una provocazione? «Non direi provocazione o situazionismo dada, ma un margine di sollecitazione sfidante nei confronti del mondo culturale e politico. In altre circostanze, come a L’Aquila una settimana fa, ho usato espressioni che andrebbero bene in radio o in tv. La modulazione del linguaggio, l’alternanza dei registri la conosco. Mi piace l’idea di innalzare il livello: se noi oggi siamo qui a parlare di questo tema, con tutte le considerazioni che si sono addensate intorno all’eloquio di Giuli è anche interessante come dato. Da quanti anni nessuno si poneva il problema di come leggere la realtà della cultura e del rapporto tra cultura e politica? O la comunicabilità tra cultura e politica?».

«Io ministro anche di Saviano e Scurati»

«Anche un ministro deve avere dei margini riconoscibili di indipendenza, soprattutto nella misura in cui esprime, seppure nelle vesti istituzionali, tutti gli intellettuali, che lo vogliano o no, anche Scurati o Saviano», ha sottolineato il ministro. E ancora: «Ho ottime relazioni, alla luce del sole, con scrittori, artisti, cineasti, migliori di quelli che ho con molti esponenti politici, compresi quelli del mio partito». Sulla sua collocazione rispetto a FdI Giuli spiega: «In un governo il cui partito di maggioranza ha il 30% deve esserci spazio per una destra progressiva, non reazionaria, allergica a qualsiasi lacerto di nostalgie identitarie, perché in quel 30% c’è una maggioranza che deve riconoscersi nella Costituzione. E questo è chiaro anche al primo ministro, che mi ha voluto qui, altrimenti non ci sarei io qui».

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