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Giuliana De Sio, dall’alcolismo della madre ai figli mai avuti: «Il cinema mi ha abbandonato, sono una donna sola ma non invecchierò mai»

28 Ottobre 2024 - 12:16 Alba Romano
giuliana de sio attrice infanzia figli carriera
giuliana de sio attrice infanzia figli carriera
L'attrice si racconta al Corriere della Sera, alla vigilia del debutto al Teatro Parenti di Milano: gli amori, la malattia nel 2012, la carriera

«Ho ricevuto una sfilza di premi per le mie interpretazioni e poi, da dieci anni, più niente, nessuna chiamata. È una cosa stranissima, come se non sapessero più cosa farmi fare. Mi resta una lacrima dentro per il cinema che mi ha un po’ abbandonata». Giuliana De Sio si racconta a Chiara Maffioletti sul Corriere della Sera in occasione dello spettacolo Cose che so essere vere, al debutto martedì 29 ottobre al Teatro Franco Parenti di Milano. Sul grande schermo è arrivata appena magiorenne e ha conquistato subito la notoiretà, ha lavorato con grandi attori e registi, da Massimo Troisi a Marcello Mastroianni, da Mario Monicelli a Luigi Comencini, da Elio Petri a Carlo Lzzani e Francesco Nuti. Poi la malattia nel 2012 e da cinque anni circa più nessuna chiamata. «Eppure una bella serie, un bel film, con registi bravi, li farei volentieri. Aspetto un illuminato che mi chiami». Per De Sio l’amore con il cinema è iniziato presto, u sentimento quasi obbligato: «Mia madre era malata di alcolismo, mi dava i soldi per comprare il biglietto, così che uscissi di casa. Avrò avuto 11 anni e ogni giorno ci andavo, da sola, fino ai miei 17: la cassiera mi conosceva e mi faceva vedere anche i film vietati».

Gli amori e la maternità

Il padre «se ne è andato presto», la madre «aveva i suoi problemi» così per lei la famiglia d’origine «è stata inesistente». Ma ha condiviso questa mancanza di radici con la sorella Teresa: «È l’unico legame famigliare che resiste. Ci vediamo spesso ma solo quando sono a Roma: lì abitiamo nella stessa via. Più che il punto fermo, siamo il punto infermo l’una dell’altra». Oltre ai film importanti, la vita di De Sio è stata anche piena di grandi amori, come l’attore Alessandro Haber e il regista Elio Petri. Ciò che non è arrivato, è la maternità. «Avrei voluto, con ogni uomo che ho amato. Ho avuto due aborti, al quarto mese e alla fine è andata così», confessa, «credo che sarei stata brava, ma poi chi lo sa. Alla fine non sono diventata mamma e non mi sono sposata. Sono una donna sola». Quando spiega di avere la sindrome dell’impostore, la giornalista sottolinea come l’affetto della madre avrebbe potuto guarire questa insicurezza: «Forse serviva proprio quello. Invece la mia, quando avevo la febbre, mi diceva che recitavo, che non era vero, che stavo solo cercando attenzioni».

La malattia nel 2012, la costruzione di sé

L’immagine di donna forte le è stata cucita addosso. Non è mai stato il suo carattere. «Ma quella è un’immagine a cui non crede più nessuno. Mi ponevo in quel modo, da donna dura, per darmi un tono, specie dopo aver attraversato tutti gli inferni che ho attraversato», spiega oggi, «mi ritengo una disadattata che si adatta, di volta in volta. Sono perennemente spaesata nonostante tutta la speleologia psicologica che ho fatto nel tempo». Sull’attenzione alla salute mentale, aggiunge: «Si è detto per anni che avessi un carattere impossibile e non ho mai capito il perché. So che a 19 anni andavo già da uno psicanalista non avevo paura dirlo pubblicamente: all’epoca non si faceva. Lì, forse, sono stata bollata come una persona nevrotica, furi dal sistema. Chi lo sa». Nel 2011 viene ricoverata d’urgenza con una diagnosi di pleurite con doppia polmonite. Viene dimessa ma le sue condizioni peggiorano così il 31 dicembre ha un’embolia polmonare e una trombosi venosa profonda alla gamba sinistra. «Ho sentito la morte che mi attraversava. L’ho proprio toccata con mano ed è stato un evento potentissimo», ricorda al Corriere. Una settimana più tardi rassicurò conoscenti e fan con un post sui social, e dopo alcuni mesi di riabilitazione tornò a lavorare per la tv.

Foto di archivio: ANSA/ANGELO CARCONI

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