Calenda-Mastella, resa dei conti in tribunale dopo le accuse di mafia: via libera dal Senato al processo per diffamazione
L’aula del Senato ha dato l’ok all’autorizzazione a procedere per sindacabilità nei confronti di Carlo Calenda: il leader di Azione andrà quindi a processo per diffamazione aggravata. A querelarlo era stato l’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella per via di un tweet dello scorso aprile in cui Calenda l’aveva – per lo meno secondo l’accusa – associato alla mafia. A favore della richiesta di autorizzazione a procedere si sono espressi i gruppi di centrosinistra (54 voti), mentre il centrodestra (85 voti) si è astenuto. Nessun voto contrario. I due schieramenti si erano espressi nello stesso modo anche in sede di Giunta delle elezioni e immunità lo scorso 1° ottobre. Unica eccezione Avs, che in quell’occasione era assente. Era lo stesso Calenda d’altra parte nelle scorse ore a escludere qualsiasi possibile “salvataggio” da parte della maggioranza. «Soccorso del centrodestra? Non esiste. Io vado serenamente al confronto di merito e invito tutti ad adeguarsi al parere espresso dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere», aveva detto il leader di Azione.
Il tweet e la lite
Nel pieno della campagna elettorale, Calenda pubblicò un lungo tweet per invitare gli “amici-nemici” della lista Stati Uniti d’Europa (promossa da Emma Bonino e Matteo Renzi) a desistere dall’imbarcare «personaggi e comportamenti che rappresentano l’opposto dei valori europei» ricordando come «la cultura della mafia è l’opposto dei valori europei». Ce l’aveva certamente con Totò Cuffaro, l’ex governatore della Sicilia condannato per favoreggiamento di Cosa Nostra nel 2011 e con Armando Cesaro, l’ex capogruppo di Forza Italia in Campania poi passato a Italia Viva. Ma pure con Mastella. Che subito dopo aveva annunciato (e poi presentato) querela contro l’odiato «pariolino viziato».