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Migranti, il Tribunale di Bologna rinvia il decreto alla Corte Ue: «Con questi criteri la Germania nazista sarebbe stata definita “Paese sicuro”»

29 Ottobre 2024 - 17:34 Alessandra Mancini
Il quesito dei giudici verte su quale degli ordinamenti, tra nazionale e comunitario, sia prevalente

Il tribunale di Bologna ha rinviato il decreto Paesi sicuri, voluto fortemente da Giorgia Meloni, alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Per i giudici è indispensabile chiarire quale sia il parametro su cui individuare i cosiddetti Stati sicuri, di provenienza delle persone migranti, e se il principio del primato europeo imponga di ritenere che in caso di contrasto fra le normative prevalga quella comunitaria su quella nazionale. Il rinvio all’istituzione dell’Ue è arrivato nell’ambito di un ricorso promosso da un richiedente asilo del Bangladesh contro la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione. Il 21 ottobre scorso il governo Meloni ha rivisto la lista dei Paesi considerati dallo stesso “sicuri”, che sono passati da 22 a 19 (tra cui il Bangladesh). Chi proviene da questi Stati non avrebbe diritto alla richiesta di asilo e dunque viene trattenuto in un Cpr e allontanato dall’Italia. Il decreto era arrivato dopo la decisione dei giudici del tribunale di Roma, sezione immigrazione, di non convalidare il trattamento di dodici richiedenti asilo, trasferiti nei centri in Albania e poi rientrati a Bari in seguito alla deliberazione della magistratura. 

La definizione di “Paese sicuro”

Sulla definizione di Paese sicuro era intervenuta una sentenza della Corte di giustizia europea, che aveva portato al rilascio dei richiedenti asilo dai centri in Albania e all’approvazione del decreto legge da parte dell’esecutivo italiano. Per il principale tribunale dell’Ue – che si era pronunciato il 4 ottobre scorso sul caso di un cittadino moldavo che aveva chiesto asilo alla Repubblica Ceca – un Paese terzo non è sicuro se tutte le categorie di persone non godono di pari diritti e tutele o anche «quando talune parti del suo territorio non soddisfano le condizioni materiali di tale designazione». Tradotto: i Paesi di origine dei migranti devono essere sicuri in tutto il loro territorio e per tutte le persone che ci vivono. Anche i giudici di Bologna, nel rinvio di oggi alla Corte Ue, sono entrati nel merito della stessa definizione, contestando il principio per cui potrebbe definirsi sicuro un Paese in cui la generalità, o maggioranza, della popolazione viva in condizioni di sicurezza, visto che il sistema di protezione internazionale si rivolge in particolare alle minoranze. Portando anche il paradosso della Germania nazista: persino quel regime avrebbe potuto essere considerato estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca, ad eccezione di ebrei, omosessuali, oppositori politici e rle persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari. Lo stesso può dirsi dell’Italia sotto il regime fascista. «Se si dovesse ritenere sicuro un Paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di Paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i Paesi del mondo, e sarebbe, dunque, una nozione priva di qualsiasi consistenza giuridica», si legge.

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