La storia di Mauro Repetto, l’883 che abbandonò per cercare l’American Dream. «Spero che un giorno Max e Claudio Cecchetto facciano pace»
Il successo della serie Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883, disponibile su Sky, completa come meglio non si potrebbe il percorso che negli ultimi due anni ha visto tornare fortemente in hype la musica degli 883. Attenzione, 883 e non solo Max Pezzali, una differenza che dal punto di vista della produzione musicale non ha molto senso sottolineare, ma che segna una linea netta tra un prima e un dopo nella carriera del cantautore pavese, che non è mai riuscito a separare la narrazione personale da quella pubblica, attraverso le sue canzoni. Una narrazione che Sydney Sibilia è riuscito a catturare e rendere pura trama cinematografica, favola moderna che racconta l’incredibile storia di due amici in cerca di una collocazione nel mondo e che, per una determinata parentesi di tempo, sono andati ben oltre ciò che un’amicizia tende a poter raggiungere. Due amici: Max Pezzali e Mauro Repetto, il primo diventerà volto ultrafamiliare, il secondo una sorta di strana meteora, un accessorio cool, mitologico, per certi aspetti anche inspiegabile (anche per questo la serie funziona), un’appendice al progetto musicale che indubbiamente lo faceva brillare.
Repetto: «Spero che un giorno Max e Claudio facciano pace»
Mauro Repetto riappare nei radar del pubblico italiano nel luglio di due anni fa, alla festa di San Siro di Max Pezzali, e la sua è una presenza fondamentale per capire cosa cela la fantastica storia degli 883 che, come ogni storia, nasconde anche dei lati fisiologicamente più oscuri. Per esempio la rottura tra Max Pezzali e Claudio Cecchetto, dominus della musica italiana di allora e colui il quale lanciò il progetto 883. Una rottura derivante, a quanto pare, da un mancato punto di incontro tra la necessità (forse ben più che volontà) di Pezzali di gestire la propria carriera in maniera diversa, e quella di Cecchetto di sentirsi riconosciuto ciò che in realtà, lato pubblico, nessuno oserebbe mai negargli: il merito di aver cambiato la vita a quei due giovani “sfigati” di Pavia e, di conseguenza, ad una spropositata quantità di pubblico. Repetto, avendo poi abbandonato il progetto 883 nel 1994, in questa disputa rappresenta una parte neutra, così racconta al Corriere della Sera: «Spero che un giorno facciano pace. Prima di diventare tre vecchi in carrozzina mi piacerebbe bere ancora una volta una Tennent’s rossa tutti insieme».
Il post 883, da Los Angeles a Parigi
Nell’intervista ampio spazio anche per quello che ha rappresentato una sorta di mistero del pop italiano, il motivo per cui Repetto decise ad un certo punto di abbandonare il progetto 883 e cosa accadde dopo. Racconta ancora al Corriere della Sera: «Tra me e Max sono cambiate le frequenze. Tra noi non si è rotto niente, la nostra amicizia rimane ancora forte, ma a un certo punto è arrivata questa chitarra con una nota distorta. La spiegazione che mi sono dato è che il duo, la coppia, è il vettore che va più veloce da un punto A a un punto B, però consuma tanto carburante così velocemente che senza accorgetene rimani in panne. Rimani per strada, scendi dalla macchina e a quel punto ognuno prende una direzione diversa. Come se due radio improvvisamente si sintonizzassero su frequenze diverse: non captavamo più le stesse note, è successo qualcosa di “davidlynchano”, alla Mulholland Drive». A quel punto Repetto punta un altro obiettivo: fare lo sceneggiatore a Los Angeles: «Sì, ma tutti e due parlavamo di american dream, anzi lui per primo era stato a New York e mi aveva raccontato la scena rap newyorkese. Per me era quindi normale andare a vedere quella giostra, cercare quella chimera che mi richiamava così forte. Non andavo via da niente, semplicemente proseguivo la mia sete di sogni, l’unica cosa che ho sottovalutato è stata la lingua. Mi proponevo come sceneggiatore ma non sapevo quasi parlare l’inglese». Repetto poi si trasferisce a Parigi, dove tuttora vive, ma in tasca oggi tiene un altro sogno: il rientro in Italia, l’«italian dream», come lo definisce lui stesso. Fa parte proprio di una strategia di rientro dunque l’esperienza in teatro, al momento infatti è impegnato con il tour Alla ricerca dell’uomo ragno – La favola degli 883, «È una fiaba medioevale, la storia di due menestrelli di Pavia che hanno l’obiettivo di portare una cassetta al conte Claudio Cecchetto, che ha una corte piena giullari già affermati come il cavalier Fiorello, l’orator Lorenzo il giovane detto Jovanotti, la nobildonna Tracy Spencer, la marchesa Sabrina Salerno…».