Spese militari, il governo prepara il balzo record: 32 miliardi nel 2025. Così Crosetto e Urso si spartiranno i fondi per l’acquisto di nuove armi
Raccontano i ben informati che alla riunione del Consiglio dei ministri che ha varato la legge di bilancio 2025 la delusione tra i ministri fosse palpabile. Ciascuno di loro, praticamente, scopriva di doversi preparare a sacrifici nei rispettivi bilanci. Il boccone più amaro (servito dall’amico-nemico Giancarlo Giorgetti) l’ha dovuto ingoiare Matteo Salvini: al suo ministero, quello dei Trasporti, sono stati de-finanziati programmi per 680 milioni, cui s’aggiungono altri 293 milioni di tagli lineari. Poco meno di un miliardo “evaporato”, nel complesso. Ma pure altri alfieri della destra di governo hanno subito tagli significativi: minori spese consentite al ministero della Cultura (Alessandro Giuli, dopo la tempesta in un bicchiere del caso Report) per 350 milioni, a quello degli Interni (Matteo Piantedosi) per 290. E tagli lineari pure al dicastero dell’Università e la Ricerca per 247 milioni di euro, oltre che agli stessi uffici di Giorgetti (Economia) per 782 milioni. Sacrifici necessari per trovare quei minimi spazi di bilancio utili a mettere in campo almeno qualche intervento sull’economia reale: il consolidamento del taglio del cuneo fiscale, il bonus natalità, qualche investimento sulla sanità, un incremento simbolico delle pensioni minime. C’è un ministero però per il quale la manovra ora in discussione alle Camera sarà una panacea: quello della Difesa. Dei 5 miliardi totali di spese rifinanziate, secondo i calcoli de lavoce.info, 3,8 vanno al dicastero capitanato da Guido Crosetto. Che s’appresta a poter contare su un bilancio proprio mai visto.
Se son armi fioriranno
I fondi per il bilancio proprio del ministero della Difesa ammontano per il 2025 a 31,3 miliardi di euro. Sarà – approvazione parlamentare permettendo – il record di sempre. Il trend di investimento crescente nelle spese militari è d’altronde costante ormai da anni, dopo il brusco risveglio geopolitico dell’aggressione russa all’Ucraina oltre che del disimpegno Usa dalla Nato che potrebbe presto tornare d’attualità se davvero Donald Trump tra una settimana dovesse riconquistare la Casa Bianca. Per un confronto, cui si dedicano Francesco Vignarca ed Enrico Piovesana in un’analisi pubblicata sul sito dell’Osservatorio sulle spese militari italiane (Mil€x), in un decennio l’aumento di spesa (senza tenere conto dell’inflazione) è stato del 61%. Ma quello che si opererà tra il 2024 e il ’25 è il balzo più significativo (oltre 2 miliardi in più). D’altra parte la spesa militare “reale” del Paese per il prossimo anno s’annuncia anche maggiore se s’aggiungono le risorse a valere su altri capitoli del bilancio pubblico: circa 3 miliardi per investimenti nel settori della Difesa a disposizione del ministero delle Imprese e del Made in Italy (ex Sviluppo Economico); 1,2 miliardi per il rifinanziamento “strutturale” delle missioni militari all’estero in un fondo presso il Mef; oltre a circa 4,5 miliardi previsti di spesa per le pensioni del comparto militare. Tutto sommato, secondo Mil€x, alla fine la spesa militare italiana diretta per il 2025 dovrebbe attestarsi appena sopra i 32 miliardi di euro, con un balzo del 12,4% rispetto all’anno in corso (+3,5 miliardi) e del 60% sul decennio (nel 2016, prima del ciclone Trump, non s’arrivava infatti neppure a 20 miliardi).
L’unione (dei ministeri) fa la forza
Ma dove andranno esattamente tutti questi fondi? Poco più di un terzo è destinato a pagare stipendi e altre spese per il personale delle tre Forze Armate (Esercito, Marina e Aeronautica): 11,7 miliardi di euro. 2,6 miliardi sono destinati a spese di naturare «gestionale centrale e politica». Tolti questi ed altri costi di gestione, però, emerge una quota “succulenta” di risorse fresche che potranno essere impiegate per gli investimenti in nuovi armamenti: poco meno di 10 miliardi di euro, se alle spese “classiche” per l’acquisto di materiali e sistemi d’arma per l’Esercito s’aggiungono i 2,6 miliardi destinati al nuovo Programma contabile voluto da Crosetto per la “pianificazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento degli armamenti, ricerca, innovazione tecnologica, sperimentazione e procurement militare”. Fuori dal bilancio della Difesa, ma in quello del Mimit, ci sono però come ricordato i 3 miliardi e rotti di interventi “in materia di difesa nazionale” e “nei settori industriali e ad alta tecnologi” in capo al Mimit. Risultato: le risorse che lo Stato potrà investire il prossimo anno per gli investimenti in materiali e armamenti sfioreranno quota 13 miliardi (12.983 milioni per l’esattezza, sempre secondo i calcoli di Vignarca e Piovesana). Serviranno innanzitutto a rimpinguare gli investimenti per lo sviluppo di nuovi aerei da combattimento, come gli Eurofighter Typhoon, o ancora per cooperare con gli alleati nella costruzione di fregate di ultima generazione nel quadro del programma Fremm. Resta il fatto, comunque, che pure gli aumenti per il 2025 terranno l’Italia ben lontana dal target di spesa militare indicato dalla Nato del 2% sul Pil: si arriverà forse ora all’1,58%.