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Il ministro Giorgetti sul Pil in stallo: «Non cambia nulla, siamo stati prudenti». L’industria? «Tema europeo, il problema è la deglobalizzazione»

31 Ottobre 2024 - 17:30 Alba Romano
giancarlo giorgetti pil industria
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Il Mef spera ancora in una ripresa nel prossimo trimestre. Ma è consapevole che per farlo c'è bisogno del traino dell'industria

«La strategia del governo non cambia, ma speriamo che nell’ultimo trimestre ci sia una ripresa». Così il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha commentato il dato sul Pil pubblicato da Istat nella giornata di ieri, mercoledì 30 ottobre. Nel terzo trimestre del 2024, l’ente statistico ha stimato che il prodotto interno lordo sia rimasto stazionario rispetto ai dati del trimestre precedente. Sarebbe invece cresciuto del +0,4% rispetto allo stesso periodo del 2023. «Abbiamo messo in conto anche lo scenario meno favorevole, per questo non cambiano le previsioni di finanza pubblica», ha anticipato Giorgetti parlando a margine dell’inaugurazione della nuova sede della Lega ad Assisi. «Sui conti pubblici abbiamo sempre avuto un atteggiamento prudente».

Il ruolo dell’Europa industriale e il problema della deglobalizzazione

Mettere in conto il peggio non significa, ovviamente, non sperare nel meglio. «Abbiamo una previsione sugli interessi del debito pubblico, che probabilmente e auspicabilmente è superiore se si riducono i tassi», è l’apertura di Giorgetti. «La crescita rimane importante», ha aggiunto il ministro dell’Economia. E un particolare focus va posto nell’industria. Secondo Istat, il settore – insieme a quello dell’agricoltura, silvicoltura e pesca – è stato protagonista in negativo dello stallo della crescita. Una situazione di cui è ben consapevole lo stesso Giorgetti, che addita a un problema più europeo che italiano: «Per quanto riguarda la crescita economica, la vecchia Europa ha un problema legato all’industria, perché questi risultati dipendono dall’andamento del settore», ha spiegato. «È un tema in prospettiva rilevantissimo su cui bisogna riflettere. Anche rispetto a una deglobalizzazione che oggi qualche problema lo sta causando».

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