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«Aurora era aggrappata alla ringhiera, lui la colpiva sulle mani»: Piacenza, l’accusa al 15enne e il sospetto di premeditazione

aurora piacenza accusa m.s. fidanzato
aurora piacenza accusa m.s. fidanzato
Tre testimoni hanno visto la scena. Oggi il Gip decide sulla scarcerazione. Il cacciavite e la lente degli inquirenti

Aurora è rimasta disperatamente aggrappata alla ringhiera. Mentre lui la colpiva con violenza sulle mani. Per farla cadere giù. Fino a quando lei non ha ceduto ed è precipitata per nove metri. Per morire su un terrazzino del palazzo di via Fulgosio 3 a Piacenza. Era il 25 ottobre scorso, tra le 8.15 e le 8.30. Ora il 15enne M.S. è in carcere con l’accusa di omicidio volontario. Si trova nel minorile di Pratello a Bologna. La svolta nell’indagine è arrivata grazie ad alcuni testimoni. Ovvero i clienti di un bar che si trova all’angolo della strada. Oggi il giudice delle indagini preliminari deciderà sulla sua scarcerazione. Il suo avvocato Ettore Maini ha fatto sapere che il giovane ha risposto alle domande. Senza avvalersi della facoltà di non rispondere. I funerali di Aurora si svolgeranno la settimana prossima.

Aurora

Il pubblico ministero Simone Purgato ha firmato il decreto di fermo. Dove a M.S. viene contestato di averla spinta volontariamente giù dalla ringhiera. «E mentre la minore tentava di restare aggrappata lui la colpiva ripetutamente alle mani, con l’intento di farla cadere», si legge. Il 15enne è uscito di casa con un cacciavite della lunghezza di 15,5 centimetri: un indizio di premeditazione? Il terrazzino si trova all’angolo tra via IV Novembre e via Fulgosio. I testimoni sono tre. «Ho visto la ragazzina aggrappata alla ringhiera. Pendeva nel vuoto e lui le colpiva le mani. Fin quando non è precipitata», ha messo a verbale uno di loro. Due sono residenti nei palazzi vicini. Il terzo è un passante. Intanto cominciano gli accertamenti. A partire da quello del Dna sulle unghie di Aurora. Per proseguire sui telefonini sequestrati. A caccia di elementi di prova dei maltrattamenti.

M.S.

M.S. è accusato a Bussolengo della rapina di un borsello a un anziano, dell’incendio di una roulette e di atti di bullismo. Nel primo interrogatorio, che risale al venerdì stesso, ha sostenuto che la ragazzina si è suicidata. Quella sera stessa è andato in un bar: «I carabinieri hanno creduto a quello che ho detto». Dall’autopsia sono emerse ferite sul dorso delle mani di Aurora. Probabilmente provocate proprio da quel cacciavite. Il ragazzo non era stato segnalato ai servizi sociali. Solo la madre di Aurora «lo riteneva una compagnia non gradita e riferiva una certa difficoltà a gestirne la presenza in casa, a volte anche notturna», fa sapere il comune di Piacenza. Per la difesa non sussistono le esigenze di misura restrittiva.

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