L’alluvione di Valencia e il precedente del 1957: «Troppo cemento, così la Natura si ribella»
Antonio Tarazona, la moglie Lourdes e la figlia di pochi mesi Angeline erano in auto a Paiporta in provincia di Valencia quando l’alluvione li ha sorpresi. La piena del fiume ha travolto la vettura. E madre e figlia «sono state trascinate via davanti ai miei occhi. Chiedevano aiuto, non ho potuto fare nulla per salvarle», ha raccontato lui. È una delle tante storie che arrivano dalla devastazione dell’Andalusia. Causata dalla Dana, ovvero dalla «goccia fredda» che dipende dall’aumento della temperatura del Mar Mediterraneo. E anche dall’uomo. Perché mentre il bilancio delle vittime arriva a 158, la Generalitat Valenciana di Carlos Mazòn (Partito Popolare) finisce nel mirino. Perché poche ore prima negava i pericoli e gli alert sono partiti in ritardo. Ma c’è chi punta il dito contro il cemento. E la natura che si ribella.
L’alluvione dell’ottobre 1957
Cristina Di Salvo, idrogeologa e ricercatrice presso l’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dice che per prevedere la tragedia di Valencia bastava analizzare i precedenti. «A Valencia nell’ottobre 1957 una catastrofe naturale provocò centinaia di morti. A causa della gota fria e dell’esondazione del Turia». All’epoca il fiume attraversava Valencia. E lo sfondamento degli argini arrivò a provocare 400 morti.
Poi il corso venne deviato di 12 chilometri, allontanandolo dal centro della città. L’opera di ingegneria idraulica, battezzata Plan Sur, fu ultimata nel 1973. Ma senza arrivare a fine progetto. I geologi dell’epoca, per prevenire definitivamente le alluvioni, avevano immaginato un grande bacino capace di contenere ben 164 milioni di metri cubici di acqua. Ma proprio quando dovevano partire i lavori, il dittatore Franco usò i soldi per la guerra di Ifni, combattuta tra le truppe spagnole e quelle dell’esercito di liberazione marocchino.
«La natura si ribella»
Di Salvo, che ha fatto attività di ricerca proprio a Valencia, spiega che la canalizzazione del Turia è stata «selvaggia». «Purtroppo sempre più spesso assistiamo a interventi dell’uomo nelle piane alluvionali e nelle aree golenali che impediscono al corso dei fiumi di espandersi e invadere zone sicure creando disastri». E questo perché «l’uomo edificando senza freno ha reso vulnerabili le aree costiere e ogni zona che poteva diventare alluvionale e salvare la popolazione. I fiumi escono dagli argini e sommergono abitazioni e opifici che non dovrebbero essere lì, è accaduto a Valencia e anche da noi». Secondo la scienziata il cambiamento climatico ha reso ancora più urgente la necessità di spostare case e attività produttive dalle pianure soggette a fenomeni del genere.
La rabbia della Natura
Valencia, è il ragionamento, ha pagato a meno di 60 anni colpe accumulate dopo quel disastro, soprattutto nella gestione del fiume Turia e del territorio in cui scorre. Un po’ come in Emilia-Romagna, dove «i gravi eventi ravvicinati hanno messo a nudo tutti i problemi di un territorio che produce sì un importante Pil a livello nazionale, ma che è fragile e che deve pensare a una nuova sistemazione umana e delle attività produttive». Perché «la natura è cambiata e l’ha cambiata l’uomo, questo noi scienziati lo diciamo da tempo: le emissioni di CO2nell’atmosfera e il riscaldamento dei mari provocano fenomeni che una volta erano rari e ora più frequenti e fragorosi. La politica se ne renda definitivamente conto». L’acqua è un pericolo «se non la mettiamo a regime. Che sia corso di un fiume o il suo delta o una zona costiera il cemento attorno non ci deve essere».
La deviazione del fiume Turia
Senza la deviazione del fiume Turia la Dana, con la sua violenza smisurata, certamente avrebbe provocato molte più vittime. Al posto dell’antico letto del fiume oggi c’è oò Giardino del Turia, uno dei parchi naturali urbani più grandi e visitati della Spagna. Uno spazio verde di oltre nove chilometri con strutture sportive e la celebre Ciudad de las Artes y las Ciencias, opera dell’architetto Santiago Calatrava. Durante l’opera di ingegneria idraulica alla fine si decise di portare il Turia fuori città.
Dotando il nuovo letto del fiume di una capacità di oltre 5mila metri cubici di acqua, molti di più rispetto ai 3700 del precedente corso cittadino. Tuttavia, come racconta la testata online El Confidencial, il Plan Sur non venne completato in tutte le sue parti geologi dell’epoca, per prevenire definitivamente le alluvioni avevano progettato la nascita di un grande bacino capace di contenere ben 164 milioni di metri cubici di acqua.
Il Plan Sur e il suo mancato completamento
Ma le risorse già assegnate alla costruzione dell’opera idraulica vennero girate ai militari. Più tardi, anche i diversi governi della giovane democrazia spagnola, tentarono di riprendere quel piano. Ma malgrado i tanti buoni propositi non se n’è fatto nulla. L’ultima a battersi per questa opera fu il sindaco di Valencia Rita Barberá. Nel 2010 cercò di mobilitare tutti i consigli comunali della zona per forzare il governo centrale a mantenere la sua promessa risalente al franchismo. All’epoca disse: «Sono passati 18 anni senza una grande alluvione, ma questo non ci assicura non si verificherà in futuro. Per questo chiedo a Madrid che porti a termine il Plan Sur». Nessuno ha mai raccolto quell’appello.
Le responsabilità politiche
Intanto la regione di destra finisce nel mirino per un video. È quello che ritrae Mazòn nella mattina dell’alluvione, poche ore prima della tragedia. «Secondo le previsioni il temporale si sta spostando, cosa che fa sperare che intorno alle ore 18 diminuirà la sua intensità in tutto il territorio della comunità», dichiara va l’esponente del Partido Popular (Pp). Il filmato è scomparso da X dopo la mezzanotte. La Confederación Hidrográfica aveva detto chiaramente sin dalle 11.50 di quella stessa mattina che i fiumi erano a rischio.
Gli alert mancati
E ancora: l’allerta inviata da Es-Alert, il sistema di allarme pubblico (gestito dalle Regioni in casi di emergenza 2, come Valencia l’ha valutata senza chiedere al governo nazionale e senza che questo chiedesse di elevarla a emergenza di livello 3), è arrivata sui cellulari degli abitanti della zona soltanto alle 20.03. I tanti avvisi dell’Aemet, l’Agenzia statale di meteorologia, fino all’allerta rossa lanciata alle 7 di mattina del 29, non hanno portato la Generalitat a chiudere scuole e uffici. Il leader dell’opposizione spagnola, il popolare Alberto Núñez Feijóo, ha invece accusato il premier Pedro Sánchez: «Ci ha lasciato all’oscuro di tutto. Abbiamo avuto informazioni solo dai presidenti delle regioni».