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I nove fratelli, le notti in macchina e le rapine. Lorenzo Ruzza, l’orologiaio dei vip: «Adesso pago due milioni di euro di tasse»

Lorenzo Ruzza orologiaio vip
Lorenzo Ruzza orologiaio vip
L'imprenditore star dei social si racconta: «Il pezzo più caro che ho venduto? Uno da 400mila euro»

Ha conosciuto le difficoltà economiche ed è partito da zero. Poi la passione per gli orologi, scattata con un Rolex falso. Ora ha un impero: «Nel 2023 ho fatturato 30 milioni di euro con 3 milioni di ricavi». Lorenzo Ruzza, classe 1978, è l’orologiaio dei vip e una star sui social: l’orologio più caro che ha venduto è un Patek Philippe, a 400mila euro. Si racconta in un’intervista di Anna Gandolfi sul Corriere.

La famiglia e i primi passi

È originario del quartiere milanese di Porta Romana: «Sono il settimo di dieci fratelli, due non figli di mia madre e li ho conosciuti quando ero già adulto. Ero nell’azienda di famiglia e chiama una ragazza: sono la figlia del titolare. Io: scusi, ho una sola sorella ed è qui davanti a me. Invece avevo una sorella aggiuntiva», racconta Ruzza. Il padre aveva una ditta di automazione pneumatica e le cose andavano bene. Poi però sono arrivati i problemi e le difficoltà: «La ditta è fallita. Ci avevano tolto la casa ma non ancora il capannone di via Salasco. Per un po’ siamo andati tutti a dormire lì: io, i miei fratelli, le loro famiglie. Avevo 20 anni». Per mantenersi Ruzza si è reinventato: «Poi mi sono spostato e per un certo periodo ho dormito in macchina. Andavo negli Autogrill, mi sentivo più sicuro. Ho trovato lavoro come lava-auto da Europe Assistance, in seguito sono diventato carro attrezzista. La ditta mi ha dato un garage con la stufetta, io ne approfittavo e ci vivevo. Finché si è liberata la portineria e mi hanno permesso di stare in quella». Negli anni di difficoltà economiche è andato anche al convitto maschile Don Orione: «Quel periodo dai preti è importante: ho imparato la disciplina».

I siti per adulti e il primo incontro con gli orologi

Tra i lavori che Ruzza ha svolto c’è anche quello di programmatore di siti per adulti: «Ho un fratello gemello, Andrea, che era web master di siti per adulti e ho visto che con il traffico pubblicitario iniziava a guadagnare. Ci ho provato pure io. Mi sono iscritto a una Scuola civica del Comune per imparare a usare i programmi informatici». I soldi però vanno via subito: «Mi sono preso una macchina e un Rolex ed erano già finiti». Il primo Rolex che ha avuto in mano era però falso: «Mio padre — avrò avuto 15 anni — è arrivato a casa una sera con un sacchetto e dentro c’erano otto Rolex falsi, uno per figlio. Il mio lo trovavo così bello: volevo sapere come nasceva, come veniva costruito. È una passione», spiega Ruzza.

L’attività di orologiaio

Ha iniziato a rivendere orologi quando non era neanche maggiorenne, il primo è stato un Paul Picot: «Comprato con la paghetta a 250 mila lire e rivenduto a 600. Avevo 16 anni e non ho più smesso: mettevo gli annunci a mille lire sul giornale Seconda mano, poi su Subito.it». Poi arriva l’occasione per aprire un’attività in proprio: «Nel 2017 un ragazzo del giro degli orologi mi dice che vuole lasciare il suo laboratorio in via Cesare Battisti perché non frutta: chiedeva 30 mila euro per la buonauscita. Ho rilevato la licenza ed è nata La Bottega del Tempo». Non tutto va sempre bene all’inizio, è anche vittima di fregature: «Proprio all’apertura, quando faticavo a stare a galla, un venditore ha conquistato la mia fiducia piazzandomi alcuni pezzi buoni. Dopo mi ha venduto tre Daytona falsi ed è sparito: ho perso 50 mila euro. Sono quasi finito in strada di nuovo».

Il fatturato

In un anno la sua attività fattura 75mila euro, ma il vero e proprio successo arriva dopo: «Dopo il Covid gli orologi, bene rifugio, sono diventati ricercatissimi. La domanda era trenta, quaranta, cinquanta volte superiore all’offerta. I rivenditori ufficiali avevano liste d’attesa dai 2 ai 15 anni e non era detto che chi chiedeva finisse in lista…». Ma Ruzza sembra offrire qualcosa che gli altri non hanno: «C’è stata la corsa agli orologi di secondo polso (seconda mano, ndr), che si vendevano anche al doppio di quelli nuovi. Ora il mercato si è stabilizzato, allora chi si è mosso con oculatezza ha fatto fortuna. L’altra cosa che mi ha aiutato sono stati i social: nel 2017 pochissimi si promuovevano così, io li esploravo. E dire che ero timido». Dai 20 metri quadrati degli inizia, la sua attività si è ampliata fino a raggiungere i 200 metri quadrati.

Gli inizi social

Il suo profilo personale è stato aperto dalla moglie Marta al suo fianco da 30 anni, dal periodo dello sfratto: «Sul mio primo profilo, aperto da Marta, mettevo solo foto del mio bassotto Cesare. Con il Covid, come tutti, postavo altro perché eravamo chiusi in casa. Qui un truffatore mi ha, tra virgolette, aiutato». Infatti, sono diventate virali le chiamate che registrava con questa persona: «C’era questo tizio con uno strano accento che aveva individuato il negozio online e mi chiamava di continuo: voglio comprare questo o quello, ti porto i soldi. Io giocavo: lui telefonava e io dicevo che ero stato ad aspettarlo il giorno prima. Quello non capiva ma insisteva, io a mia volta tentavo di vendergli — per finta — qualcosa. Registravo e ne ho fatto sketch online. Ho iniziato così».

Il politicamente scorretto

«Sono trash in video ma noiosissimo nella vita», ribadisce Ruzza. Sui social è infatti una figura molto divisiva: «Sono io, però più esaltato. La gente vuole il trash e glielo do». Ma l’orologiaio ci tiene a precisare: «Non sono razzista, per niente. Quello che dico – no affari con zinghi (zingari, ndr), sputapalline (pusher, ndr), finti ricchi vestiti da ricchi — deriva da brutte situazioni che ho davvero vissuto».

Le rapine subite

La fama e i soldi attirano anche i malintenzionati. L’imprenditore è stato rapinato più volte: «Il 20 ottobre 2019 mi hanno sfondato la vetrina in pieno giorno. Nel 2022 sono stato seguito dal laboratorio al garage, in via Anfossi. Mi hanno strattonato alle spalle, volevano lo zaino. Mi sono trovato una pistola puntata alla testa, ho reagito d’istinto con una gomitata: se ne sono presentati altri quattro. Ho pensato: adesso muoio. Erano le sette di sera e intorno c’erano persone che non hanno fatto nulla. Le forze dell’ordine li hanno identificati dalla videosorveglianza della zona ma se ne sono perse le tracce. E non è stata la volta peggiore». Per una vicenda di tre anni fa sta invece per iniziare il processo: «Era il 18 maggio 2021. Le mie guardie staccavano alle 18, alle 18.10 si presenta un collega con una persona e li ho fatti entrare. Chiusa la porta l’accompagnatore dice: hai i soldi, lo vedo da Internet, quindi da domani il servizio di vigilanza la dai a me. Mi ha preso a pugni, si vede dalle telecamere. Ho detto ok, ok. Invece appena se ne sono andati ho denunciato».

In copertina: una foto di Lorenzo Ruzza dal suo profilo Instagram

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