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03 Novembre 2024 - 16:34 Gabriele Fazio

Giorgieness – Giorgieness e i cuori infranti

Riuscire a dare dignità musicale e letteraria al purissimo pop è impresa assai ardua. Perché il classico cantautorato impegnato, di tradizione, serioso, altamente poetico, fa presto a mettersi in evidenza in questo mare di pochezza che domina indisturbato la discografia italiana. Invece fare un disco pop pensato talmente bene da emergere da quel marasma di qualunquismo ammiccante è un’impresa che giudicheremmo titanica. Giorgieness infatti compie un’impresa, diremmo in scioltezza ma mentiremmo, perché Giorgieness e i cuori infranti è un disco che sanguina, come se ogni verso prima di essere buttato giù necessitasse di essere vissuto fino in fondo. Una gran fatica che però oggi ci restituisce un grande disco. Assai femminile, è vero, si tratta evidentemente di una scelta stilistica. Assai personale, è vero, perché Giorgieness sembrerebbe letteralmente incapace di non mettere dentro le sue canzoni tutto ciò che ha, incapace di regalarsi senza riserve, con tutta la forza della verità del proprio vivere. A questo proposito, questo disco funziona così bene fondamentalmente perché è pieno di vita, perché lì fuori è pieno di cuori infranti, perché ogni cuore di decente funzionalità prima o poi si è infranto, perché Giorgieness non racconta storie astrofisiche, con doppi salti carpiati concettuali, con escandescenze battiatiane. Quello che canta Giorgieness, con una voce squillante, vigorosa, toccante, sincera, sta qui davanti ai nostri occhi, quelli di nostra madre che ci guarda, quella di una barretta che lampeggia su un messaggio ancora vuoto che non sappiamo come riempire. Nell’angoscia dei nostri addii, nella gioia di un compleanno, nell’incertezza di una storia, nella rabbia di un momento. Giorgieness non trasforma quegli attimi, li celebra, con la sua visione musicale gli dà significato e poi ce li restituisce belli impacchettati. Questo disco non è solo valido, è proprio utile.