Germania, il governo Scholz potrebbe cadere questa settimana per colpa (anche) della crisi dell’auto
Oggi a Berlino il Cancelliere Olaf Scholz accoglie il nuovo Segretario generale della Nato Mark Rutte: sul tavolo gli investimenti in difesa, l’Ucraina, il futuro dell’asse Ue-Usa. E se fosse il suo ultimo vertice internazionale? In Germania il mese di novembre è iniziato con foschi presagi per la coalizione “semaforo”, tanto che il governo appare appeso a un filo e c’è chi pensa che potrebbe cadere già questa settimana. Cos’è successo? Flashback: venerdì pomeriggio, mentre la maggior parte dei tedeschi si preparava a un ordinario weekend autunnale, filtrava sui media un documento redatto dai Liberali sulla manovra in discussione al Parlamento dal sapore politicamente esplosivo. È tempo per la Germania d’intraprendere «una svolta economica con una revisione organica di alcune decisioni politiche cruciali», scrive il leader dell’Fdp Christian Lindner nel paper di 18 pagine spedito agli alleati di governo. Le leggendaria competitività tedesca è in aperta crisi, e per rimettere la Germania sui binari – mettono nero su bianco i Liberali – va riportata in auge l’austerità di bilancio. Nessuno spazio quindi per grandi piani d’investimento pubblico, come quello appena presentato dal leader dei Verdi e ministro del’Economia Robert Habeck. Anzi, picconate a varie voci di spesa pubblica “pesanti” (per le imprese): si riapre il vaso di Pandora sulle pensioni, col possibile taglio delle prestazioni e la riduzione della flessibilità sull’età di uscita dal mondo del lavoro, si evoca l’allungamento dell’orario di lavoro. E si mettono nel mirino due misure-bandiera per i partiti alleati: il Bürgergeld (reddito di cittadinanza) caro all’Spd, e la legge sulle pompe di calore voluta dai Verdi per sostenere la sostituzione degli impianti di riscaldamento a gas in tutti gli edifici del Paese. Un alleggerimento della spesa pubblica utile a liberare spazio per un corposo taglio delle tasse, compresa l’abolizione di quella «di solidarietà» versata da aziende e cittadini più ricchi sin dai tempi della riunificazione Ovest-Est. Apriti cielo.
L’ira degli alleati
Quello di Lindner è «l’approccio sbagliato», ha ringhiato nel weekend il segretario generale dell’Spd, Lars Klingbeil. Gli stessi Verdi sono sul piede di guerra, infuriati pure perché il piano dell’Fdp è finito sulla stampa ancor prima che Habeck potesse prenderne compiutamente visione (era in vacanza a Roma quando Lindner gliel’ha spedito). Che sulle politiche economiche e industriali i Liberali duellino con Verdi e Spd non è una novità. Anzi, è una costante sin dalla formazione del governo semaforo, poco meno di tre anni fa. Ma rimettere in discussione «decisioni politiche cruciali» – leggi i caposaldi di politica economica, climatica e industriale degli alleati – con una delicata finanziaria già in discussione al Parlamento è una sfida estremamente azzardata. O forse la prova generale di un affossamento tout court dell’esecutivo, che un rapporto dell’ufficio studi della banca Ing definisce questa mattina «mai così alto». La coalizione semaforo, d’altra parte, naviga ormai da mesi in pessime acque.
Governo (e fabbriche) al capolinea: il caso Volkswagen
Incagliato in liti interne infinite che indeboliscono un già timido Cancelliere, tallonata dalla destra “classica” della Cdu e da quella radicale dell’Afd, il governo è crollato a un disastroso 14% di gradimento nei sondaggi. L’85% degli elettori è insoddisfatto di come l’esecutivo guida il Paese, e più della metà vorrebbe andare a elezioni anticipate, secondo l’ultima rilevazione diffusa dalla tv pubblica Ard giovedì sera. A contribuire all’umore nero nei tedeschi sono pure gli spettri di recessione. Tecnicamente il verbo non si può usare, considerato che nel terzo trimestre dell’anno (luglio-settembre) il Pil s’è risollevato di un minimo 0,2% dopo la contrazione dei mesi precedenti. Ma la crisi è sotto gli occhi di tutti, e ha a che fare in buona parte con lo smottamento nel settore automotive che sta spaventando mezza Europa. L’annuncio sui mali di Volkswagen la scorsa settimana è stato un duro colpo, anche psicologico: in 87 anni di storia l’azienda che è il primo datore di lavoro in Germania non aveva mai chiuso una sola fabbrica. Ora potrebbe chiudere tre stabilimenti, licenziare migliaia di dipendenti e pure tagliare di netto gli stipendi di chi resterà. Tutto a causa del calo di vendite e profitti a causa dell’aggressiva concorrenza di aziende cinesi – non solo in Europa ma pure nella stessa Cina. Al di là delle turbolenze economiche poi Lindner gioca una partita tutta sua: che si chiama sopravvivenza, considerato che i Liberali sono sprofondati nei sondaggi (e nei voti veri nei Lander) sotto la soglia di sbarramento del 5%. Rischiano insomma di sparire, per lo meno come forza parlamentare. Di qui la scommessa ai limiti del disperato di trasformarsi in killer di un governo in cui sono sempre stati fortemente a disagio.
Lo spettro di Trump e la resistenza di Scholz
Nel weekend Scholz ha provato a contenere le ire dentro Verdi e Spd sul leak del documento Fdp. Ieri sera ha ricevuto a cena lo stesso Lindner per chiedergli chiarimenti – sulle linee di politica economica e sulle sue reali intenzioni. Oggi il Cancelliere dovrebbe vedere Habeck. Poi potrebbero seguire altri incontri tra i tre partiti di governo per tentare di ritrovare l’unità, o almeno una parvenza che permetta di proseguire la navigazione per qualche mese ancora. Ne mancano solo dieci alla scadenza naturale della legislatura, in fondo (settembre 2025). Ma non si vede come le tre forze di governo possano salvarsi dalla slavina elettorale che si prepara. Alle Europee di giugno la Cdu ha preso il 30%, più che doppiando l’Spd (superata pure dall’Afd), e nei sondaggi è cresciuta ancora, accreditata ora del 32%. Il blocco cristiano-democratico (con la Csu bavarese) ha perfino risolto con un anno d’anticipo il suo dilemma interno sul candidato Cancelliere, dando via libera alla corsa del leader della Cdu Friedrich Merz. E così il cupio dissolvi della coalizione semaforo potrebbe accelerare la caduta dello sventurato Scholz. Secondo il Corriere della Sera l’annuncio di Lindner di staccare la spina potrebbe arrivare addirittura questo mercoledì, alla prossima riunione di governo. Sarà il giorno in cui l’Europa si sveglia in una nuova era americana. Vincesse Donald Trump, con tutte le incognite del caso sull’economia e la difesa dell’Europa, inoltrarsi nel buio di una crisi politica potrebbe sembrare per la Germania (e per l’Ue) un mezzo suicidio. Eppure proprio il New York Times “suggerisce” che se l’elezione Usa dovesse andare in quel senso, n governo tedesco solido e pienamente in funzione – quello che uscirebbe da rapide elezioni anticipate – sarebbe un elemento «vitale» per assicurare una risposta europea all’altezza della situazione.
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In copertina: I leader dei tre parti di governo – da sinistra Christian Lindner (Fdp), Robert Habeck (Verdi) e Olaf Scholz (Spd) al Bundestag – Berlino, 16 ottobre 2024 (Ansa-Epa/C. Bilan)