Da Maria di “Un medico in famiglia” alle fughe dal set: Margot Sikabonyi tra teatro ed esoterismo
«Quando è esploso il successo di “Un medico in famiglia”, avevo 15 anni: arrivavano offerte dal cinema, il salumiere sotto casa non mi faceva pagare più la merenda… Ma io non trovavo gioia in niente. Appena ho avuto 18 anni, sono scappata». Margot Sikabonyi racconta a Candida Morvillo sul Corriere la sua carriera tra fughe dal set e crisi mistiche che l’hanno portata ad allontanarsi definitivamente da “Un medico in famiglia”. La serie l’ha lanciata nel mondo dello spettacolo italiano, ma il ruolo che le era stato affidato, quello di Maria, le stava stretto. Ha quindi deciso di scappare da quella vita per ritrovare se stessa e la pace, prima di tornare di nuovo sul palco.
L’esperienza con «Un medico in famiglia»
Per tutta Italia era Maria, la nipotina di Lino Banfi alias nonno Libero. Aveva 14 anni quando ha debuttato all’interno della serie tv “Un medico in famiglia” e ha abbandonato le scene quando ne aveva 31. Nel mezzo, le crisi esistenziali a cui provava a dare una risposta «cercando qualcosa, non sapevo cosa. Sono andata a Parigi, poi a studiare Biologia Marina, lontanissimo, dall’altra parte del mondo. Le Hawaii, isole madri, fonti costanti di lava che esce dalla terra, hanno iniziato a parlarmi e l’essenza fortissima della natura ha cominciato a curarmi». Il rapporto dell’attrice con il suo personaggio è sempre complicato, ma per Margot Sikabonyi la sua Maria è stata un crocevia fondamentale per la crescita: «Nel rapporto con lei, sono passata da “sono fighissima” a “voglio scappare”, poi, l’ho usata per capire chi fossi. Adesso, da madre divorziata, dopo l’inferno in cui sono passata, la adoro. Quando una ragazza mi dice “ho studiato medicina ispirata da Maria”, mi emoziono. Oggi, provo solo gratitudine».
«Il successo della serie non era stato facile da vivere»
«Il successo della serie non era stato facile da vivere: non mi sentivo all’altezza, avevo la sindrome dell’impostore. E non sempre volevo stare su quel set…». Tutta la sua adolescenza è passata da quel personaggio che cresceva insieme a lei: «Mio padre è morto mentre ero lì, avevo 15 anni, non vedevo gli amici perché non andavo a scuola e gli insegnanti venivano in camerino. Ad alcuni compagni ero diventata antipatica e altri, all’improvviso, volevano starmi intorno, ma in loro non sentivo verità. L’adolescenza già è terribile perché ti chiedi chi sei, io, in più, avevo il papà morto e un personaggio che dominava tutto». Lì sul set era infelice come tanti: «Mentre mi chiedevo cos’è la vita e cos’è la morte, sono finita nella nuvola del successo e ho visto che, in quella stanza di eletti, quasi nessuno era felice. Tutti mi dicevano “bella e brava”, ma era come se qualcuno mi avesse tolto le bende dagli occhi per dirmi: la vita è altro».
Le prime volte sul set
Come spesso accade, Sikabonyi diventa attrice per caso: «Accompagno una persona a un provino, esce un’assistente ai casting e mi chiede se parlo inglese. Dico sì e loro cercavano un’undicenne che parlasse inglese per un film. Io scopro che recitare mi viene super facile. Inizio a lavorare senza sosta, faccio I ragazzi del muretto, Ardena al cinema, Caro Maestro…». La carriera decolla quindi con «Un medico in famiglia» e la sua vita si confonde con il suo ruolo che assorbe anche quelle «prime volte» fondamentali nella propria crescita personale: «Il primo bacio, traumatico, l’ho dato in Caro Maestro 2. Mi trovo davanti un ragazzo che non conosco, il regista fa: azione, forza, dai, su con questo bacio, sbrigati. Io: pietrificata». Sul set si innamora poi del «medico», Pietro Sermonti: «Infatti, sono caduta su Sermonti pure nella vita: sei anni tormentati, sul set e fuori. Giravo scene romantiche quando avrei voluto dargli capocciate. E sono diventata madre prima sul set che nella vita».
Le fughe
Quel ruolo ormai è totalizzante e così scappa: «La prima, a 18 anni, per studiare recitazione a Parigi e vedere se ero veramente un’attrice. Mi sono diplomata prima della classe, ho trovato un agente lì, mi sono innamorata di un francese». Ma la serie non la molla: «Arriva Carlo Bixio, il produttore del Medico, mi dice che devo tornare, insiste, dice “una stagione e basta”, poi, le stagioni diventano due, tre… Al che, ero proprio depressa, amavo recitare ma sentivo falso tutto il mondo che c’era intorno». L’unico rifugio è il viaggio, il non stare ferma: «Dico: vado a salvare i delfini. Alle Hawaii, trovo una casetta sotto un albero di mango, inizio a surfare ed è una medicina: l’onda lava via i pensieri. Stavo così bene che ho pensato di tornare in Italia e lottare per il sogno di fare l’attrice senza rifare il Medico, ma quella era una macchina fortissima e ci ricasco. Poi, scappo a Vancouver. Anche lì: ho fatto una scuola di cinema, ero la prima della classe, avevo girato un film, ma arriva Bixio. In carne e ossa. Dico al preside: ci parli lei, gli spieghi che resto qua. Ma Bixio invita il preside in Italia, gli offre il volo, il viaggio… Niente, torno. Poi, quando incontro il futuro padre dei miei figli, dico basta e, per andarmene, purtroppo, ho dovuto litigare con tutti».
La liberazione
«Quando resto incinta, ero in tournée in teatro e capisco che tutte quelle emozioni in scena non erano compatibili con una gravidanza. Dico: Ok, faccio solo la mamma». E così lascia «Un medico in famiglia». Ma dopo essere stata ferma per molto tempo ora il suo desiderio è solo vivere del lavoro di attrice «ma non è facile: sono stata ferma tanto».
Il libro
Frutto della ricerca di sé è il libro che ha scritto per Cairo Editore Lara vuole essere felice – Romanzo zen. Ma è un percorso che vuole condividere con tutti perché ritiene che appartenga a tutti: «Tutti cerchiamo la luce, anche se non tutti lo sappiamo. Io ho fatto un viaggio lunghissimo di yoga, di meditazione, di silenzi, di psicoterapia, ho preso anche una laurea in Psicologia. Quella di Lara non è la mia storia, ma di una donna come tante che si è illusa di trovare il marito giusto, la tata giusta, ha fatto tutto giusto, ma tutto è crollato e si è dovuta chiedere cos’era giusto e inoltrarsi in un percorso per capire che va bene anche imperfetta, che non è importante fare tutto giusto, ma essere connessa a se stessa, al suo corpo e alla natura». Nel suo percorso ha incontrato sciamani nelle isole Hawaii e a Bali: «Quando ero in crisi per il divorzio, ho incontrato una sciamana con la quale ho usato erbe e spezie per riequilibrare il campo energetico. Come per Lara, si trattava sempre di ritornare al corpo e usare la natura per sentire, e per ritrovare la possibilità di essere felice». E nel mezzo del trauma della separazione ha avuto anche un incontro che l’ha cambiata: «Una sera, uscita dalla chiesa, in cucina, ho sentito una presenza molto forte dietro di me. Mi viene da piangere a ricordarlo… Ho sentito un angelo che mi metteva le mani sulle spalle e mi proteggeva. Dopo, non sono più stata la stessa».
In copertina: Una foto di Margot Sikabonyi dal suo profilo Instagram