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Dall’AI alle sfide per la Gen Z, il direttore di IED Milano Venturi: «L’università non deve solo insegnare, ma imparare»

05 Novembre 2024 - 08:48 in collaborazione con  IED
direttore ied milano danilo venturi
direttore ied milano danilo venturi
Il futuro del mondo accademico tra creatività e nuove sfide tecnologiche raccontate dal nuovo direttore della sede milanese dell'Istituto Europeo di Design

«L’università non deve solo insegnare, deve anche imparare». A parlare a Open è Danilo Venturi, nuovo direttore della sede milanese dell’Istituto Europeo di Design (IED), riflettendo sulle sfide che sempre più incidono (anche) sul sistema universitario, in bilico tra l’eccellenza accademica tradizionale e la necessità di adattarsi a una società e a un mercato del lavoro in costante trasformazione. Il sistema formativo non può più limitarsi a essere un’autorità trasmissiva, ma deve abbracciare il cambiamento, diventando un interlocutore flessibile nel rispondere ai bisogni delle nuove generazioni. La crescente complessità del mondo creativo e il ritmo con cui si affermano nuove tecnologie richiedono infatti un approccio diverso, dove – spiega Venturi – «all’iper-specializzazione tecnica va unito anche un lato più umano, empatico e comunicativo», essenziale per preparare gli studenti a un futuro tanto innovativo quanto incerto.

Tra radici e nuove sfide

Nato nel cuore di Milano nel 1966, lo IED ha portato per la prima volta i grandi maestri del design direttamente in aula, anticipando una visione educativa in cui la pratica si intreccia alla creatività. Da allora, è diventato un punto di riferimento internazionale, esportando il suo modello in città chiave d’Italia, in Spagna e in Brasile. In oltre cinquant’anni di storia, IED ha accompagnato generazioni di talenti nella moda. Ed è proprio uno sguardo che sa riconoscere le peculiarità delle diverse generazioni a contraddistinguere la nuova direzione della sede milanese, ora in mano a Danilo Venturi. Dopo aver diretto per due anni la sede fiorentina, Venturi è approdato a Milano con l’obiettivo di rafforzare il dialogo internazionale e, al contempo, l’interazione con le realtà locali.

La Gen Z e il nuovo paradigma per l’università

In un contesto globale dove le tecnologie ridefiniscono i confini del possibile e le aspirazioni delle nuove generazioni si moltiplicano, l’università si trova davanti alla sfida di saper gestire questa complessità. Secondo Venturi, il sistema universitario italiano – pur restando «uno dei migliori al mondo a livello didattico» – deve rispondere alle trasformazioni profonde nelle nuove generazioni. «La generazione X vedeva nella scuola un’istituzione e nel professore un’autorità, mentre con i millennials l’educazione ha preso sfumature più performative, influenzate da logiche commerciali e agonistiche», osserva il direttore. «Con la Generazione Z», prosegue, «la scuola è dopo la famiglia un “secondo luogo”, deve sapersi adattare ai ritmi e ai modi di apprendimento dei singoli studenti, instaurando un dialogo di tipo quasi “parentale”». Da qui, l’esigenza di un’istruzione che vada oltre l’insegnamento. «Un’università», come sottolinea Venturi, «che sappia imparare».

L’intelligenza artificiale e l’errore come (futura) arte

Ad accomunare ogni generazione è la necessità di destreggiarsi in un panorama dove le trasformazioni sono all’ordine del giorno. Lato visibile di questa metamorfosi è senza dubbio lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, che solleva non pochi interrogativi. Nel campo della grafica e del design, sofisticati strumenti di AI possono generare immagini complesse in pochi secondi, riducendo drasticamente il bisogno di umani esperti per realizzare opere visive di alta qualità. Se da un lato, l’AI promette di semplificare i processi e democratizzare la produzione artistica, dall’altro invita a riflettere su cosa significhi davvero essere creativi in un mondo in cui le macchine possono creare autonomamente contenuti visivi. Questi interrogativi, però, non sembrano intimorire Venturi: «Quando è arrivata la tv, Mtv è diventata la nuova radio. Quando è giunto Internet, YouTube ha fatto lo stesso con la tv. E così come la fotografia non ha cancellato la pittura e Photoshop non ha eliminato la fotografia, l’intelligenza artificiale seguirà la stessa logica», afferma. «Anzi», osserva, «siccome l’AI darà a tutti la possibilità di realizzare immagini, quelle create in modo tradizionale saranno più uniche in quanto non perfette. Forse questo ci insegnerà a sbagliare…». Un futuro, quindi, dove l’errore non è solo accettato, ma celebrato, diventando un elemento distintivo che arricchisce il processo creativo umano e ne sottolinea l’autenticità.

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