Elezioni Usa 2024, a Giorgia Meloni conviene la vittoria di Donald Trump o quella di Kamala Harris?
Giorgia Meloni non vuole «nessun tifo preventivo» nella corsa tra Kamala Harris e Donald Trump per le elezioni in Usa. E attualmente gioca su due tavoli. Ovvero mantiene le relazioni nate con Joe Biden alla Casa Bianca, che tornerebbero buone in caso di vittoria di Harris. Ma intanto si fa premiare da Elon Musk e ricorda quando attraversava l’Oceano per osannare il “Make America Great Again” di The Donald. Ma ora che è a Palazzo Chigi, ci sono due direttive per leggere il risultato delle elezioni negli Stati Uniti con gli occhi dell’Italia. La prima riguarda le conseguenze economiche sull’intera Europa dell’eventuale vittoria di Trump. La seconda invece pone sotto la lente le questioni politiche che aprirebbe un bis democratico alla Casa Bianca rispetto al secondo approdo del tycoon. E qui il dibattito si apre.
Le conseguenze per l’Italia del bis di Donald
Se fosse solo una questione di affinità elettive, commenta oggi il Corriere della Sera, la premier si sarebbe schierata con Trump da un pezzo. Visto che era schierata con lui già nel 2020. «Per la sua credibilità, Meloni con Trump può diventare l’interlocutore privilegiato degli Stati Uniti», dice Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia eletto all’estero. Lo stesso ruolo, guarda caso, a cui aspira Matteo Salvini. Mentre Antonio Tajani mantiene equidistanza, forse anche grazie alle parole di Marina Berlusconi: «Mi auguro che il nuovo presidente rafforzi il legame con l’Europa e non imponga barriere doganali», Ovvero proprio quello che ha annunciato di voler fare Trump. Secondo Repubblica invece proprio la questione del rapporto tra Trump e l’Europa porterebbe Meloni a preferire Harris. Perché con lei alla Casa Bianca Salvini non trarrebbe giovamento dall’onda trumpiana dell’ultradestra.
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Trump e l’economia italiana
E perché i dazi finirebbero per ripercuotersi gravemente sull’economia italiana. Di Giuseppe, che seguirà i risultati delle elezioni da Mar-a-Lago, è sicuro: «Se vince Trump, vedo rischi e opportunità. Ma Giorgia farà prevalere le opportunità. Donald neanche siederà con von der Leyen o Macron, mentre la presidente può diventare il ponte tra lui e l’Europa, come ha già fatto tra la Commissione e Orban». Questo il piano: «Per la Germania sarà durissima. Certo, anche l’Italia può avere problemi con dazi, spese militari, Ucraina: ma Trump è un businessman, duro nelle trattative, ma pronto a un accordo. E chi più di Giorgia può farlo?». Eppure l’American First che ha in mente il candidato dei repubblicani potrebbe punire i prodotti italiani oltre che quelli tedeschi. Anche sull’Ucraina si cambierebbe velocemente verso. Ed è quello che aspetta ancora una volta Salvini.
Meloni spaventata
La Stampa dice invece che Meloni ha confessato di essere spaventata. Perché in caso di vittoria di Trump la difesa di Kiev cadrebbe da subito o quasi. Poi c’è la Nato. Trump ha minacciato ripetutamente l’uscita dall’Alleanza Atlantica e ha preteso l’aumento delle spese militari rispetto al Pil di tutti i paesi. E nei report diplomatici c’è scritto chiaramente che Trump punterà al riequilibrio della bilancia commerciale con l’Unione Europea, attualmente sbilanciata di 200 miliardi. Ancora una volta, i paesi che rischiano di più sono Germania, Olanda, Francia e Italia. Secondo l’eurodeputata del Partito Democratico Lucia Annunziata invece a Meloni conviene la vittoria di Kamala Harris. Perché «le relazioni tra i due Paesi resterebbero deboli come sono. Con un Trump così ostile verso l’Europa, anche sull’economia, saranno guai pure per l’Italia. E poi Meloni ha troppe foto con Biden che le bacia i capelli».
L’equilibrismo
Questo è il motivo per cui ha deciso di non schierarsi: «E nel frattempo, però, per tenersi buono Trump, ha stretto i rapporti con Musk: una grossa carta perché i repubblicani stanno ricevendo fiumi di denaro da Mr Tesla, che è diventato un eroe nazionale con il suo investimento sullo spazio. Una gran furbata». Il Foglio invece raccoglie le opinioni dei politologi. Marco Tarchi, professore di scienza e comunicazione politica all’Università di Firenze, dice che l’unica cosa che preme a Meloni «è essere considerata un’alleata incondizionatamente affidabile degli Stati Uniti, per mantenere o accrescere il proprio capitale di legittimazione a livello internazionale. Le sue capacità di adattamento alle situazioni sono, come si è visto negli ultimi due anni, quasi inesauribili. E sa che raccogliere sorrisi, strette di mano calorose o gesti di particolare cortesie da parte di chi occupa la Casa Bianca può servirle a rimediare, almeno in parte, a qualche passo falso all’interno del paese – anzi, della nazione – che governa».
Meloni, l’Europa e la vittoria di Harris
Secondo Lorenzo De Sio, docente alla Luiss Guido Carli e direttore del Cise (Centro Italiano di Studi Elettorali), «Meloni è forte di una legittimità costruita sulle posizioni sostenute rispetto all’Ucraina, sulla lealtà atlantica, sull’asse con Ursula Von der Leyen nella prima metà della legislatura. Certo, dopo le Europee Meloni non ha ufficialmente votato per Von der Leyen. Ma se prevarrà Trump, con la sua linea di disimpegno, l’Europa potrebbe trovarsi con il cerino in mano a dover sostenere tutti gli sforzi, anche economici, di una maggiore integrazione. E a Meloni potrebbe essere più utile, in quest’ottica, una vittoria di Harris».
L’effetto scampato pericolo
Infine, secondo Franco Bruni, presidente ISPI, «a livello europeo», se vince Harris, «si potrebbe verificare una sorta di effetto ‘scampato pericolo’ rispetto al disastro Trump, ma non necessariamente questo sarebbe positivo: i paesi europei potrebbero cioè non sentire più un forte incentivo a procedere spediti sulla via di una maggiore integrazione». Se vince Trump, invece, «la paura per la sua vittoria potrebbe dare impulso alla spinta centripeta, ma potrebbe d’altro canto anche rinforzare la voce dei populisti europei, anche nella base di Giorgia Meloni. E quindi, paradossalmente, sarebbe un vantaggio per Meloni la vittoria di Harris».