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Chiede il congedo per la nascita della figlia, il datore di lavoro lo fa seguire e lo licenzia: reintegrato dal giudice

06 Novembre 2024 - 05:49 Alba Romano
assisi reintegro licenziamento
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Succede ad Assisi. Ma lui non tornerà a lavoro: «È stato un incubo»

Marco, operai di 41 anni, aveva chiesto i giorni di congedo parentale per la nascita della figlia. Ma è stato licenziato. E ora il giudice del lavoro lo ha reintegrato. Secondo la sua azienda, una piccola impresa di Assisi, ne avrebbe abusato. Perché ha portato la bambina all’asilo ed è andato a fare la spesa e a sistemare la casa. L’avvocata Nunzia Parra a Perugia ha portato in tribunale l’impresa. Il giudice a gennaio ha stabilito che lo scopo del congedo è anche quello di favorire il reinserimento lavorativo della madre e ha dichiarato nullo il licenziamento. Ma lì non ci sarei più tornato. È stato un incubo», dice lui a Repubblica.

Il licenziamento

«Lavoravo in quella ditta da 12 anni. Passavo lì otto ore al giorno, non ho mai fatto assenze. Poi a aprile 2020 è nata mia figlia e le cose da fare in casa si sono moltiplicate. Così ho iniziato a chiedere un paio di giorni al mese di congedo», racconta Marco. Mentre la sua compagna «ne chiedeva uno alla settimana. È tornata a lavoro poco dopo la nascita, fa l’infermiera. Si pensa ancora che le madri debbano stare a casa a prendersi cura dei figli, ma è un dovere che va condiviso». A quel punto è scattato lo spionaggio: «A lavoro davo sempre disponibilità per metà della giornata. Se la mia compagna era di turno la mattina, davo da mangiare a mia figlia, la vestivo e la portavo all’asilo. Ma il più delle volte chiedevo il pomeriggio libero, così da stare con lei se mia madre e mia sorella non potevano occuparsene. Quando mi hanno fatto seguire da un detective, è stata l’azienda stessa a propormi di assentarmi la mattina».

Il detective

«Sospettavano che dopo aver accompagnato la bimba all’asilo avrei fatto altro. Lavorando otto ore al giorno non si ha il tempo di pulire casa e comprare da mangiare, ma loro sostenevano che non potessi farlo durante il congedo. Così sono stato seguito e fotografato di fronte a un supermercato. Mi è stata contestata perfino una pausa di cinque minuti al bar», ricorda ancora. «Il datore era obbligato a dire di sì alle mie richieste, ma non gli stava bene. Quella volta avevo preso tre giorni e me l’ha fatta pagare: alla vigilia di Natale mi ha sospeso con richiamo disciplinare. Poi il 29 dicembre mi ha licenziato per “giusta causa”, sosteneva avessi inferto un danno all’azienda. Era un mio diritto e avrò preso in tutto una ventina di giorni». Il tribunale gli ha dato ragione. «E ha ordinato la reintegrazione. Ma io mi sono rifiutato di tornare, era uno stress continuo. Ma un lato positivo c’è stato. Mentre ero disoccupato ho potuto occuparmi di mia figlia a tempo pieno. Se si lavora e basta si è papà solo di nome».

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