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La vittoria di Trump vista dal suo vicino di casa italo-americano: «L’attentato l’ha cambiato, ora ha iniziato a parlare dal cuore» – L’intervista

07 Novembre 2024 - 18:48 Serena Danna
Donald Trump Guido George Lombardi
Donald Trump Guido George Lombardi
Guido George Lombardi condivide con il presidente eletto la residenza a Manhattan e a Mar-a-Lago. Il 4 novembre ha trascorso la notte elettorale a casa sua e al party elettorale, e racconta a Open come è andata

In Italia lo conoscono tutti come il vicino di casa di Donald Trump. Perché Guido George Lombardi – imprenditore italo-americano – condivide con il presidente eletto due indirizzi di residenza: quello di Manhattan, dove abita tre piani sotto l’appartamento del tycoon nella Trump Tower; e quello di Mar-a-Lago, dove trascorre i mesi freddi dell’anno condividendo con lui la passione per il golf e per le battute. La notte in cui Trump è diventato presidente degli Stati Uniti per la seconda volta, Lombardi era alla sua festa organizzata a Palm Beach.

Ci racconti la notte del trionfo elettorale.

«Sono stato prima a casa sua a Mar-a-Lago, dove però sono riuscito solo a fare qualche foto con Trump ed Elon Musk: c’era troppa confusione e tutti volevano parlare con lui. Allora sono andato al Convention Center dove c’era la festa in suo onore».

Donald Trump mentre parla con Elon Musk durante la cena dell’election night

Com’era il clima?

«Bellissimo. C’è stata una crescente esplosione di gioia. Le persone che erano lì sapevano che avrebbe vinto ma vedere durante la giornata quanto stava vincendo ha reso tutti euforici».

Non vi aspettavate questo risultato?

«Noi che siamo dentro e lavoriamo per lui nell’ombra ce lo aspettavamo eccome. Anzi le dico che onestamente mi aspettavo anche di meglio perché ci abbiamo lavorato tantissimo. Sapevamo esattamente cosa stava succedendo in America. Non è stata una sorpresa: ma sa com’è, quando l’atleta su cui hai puntato tutto vince la gara… Molti temevano che ci sarebbero stati brogli, altri avevano paura di una richiesta di riconteggio dei voti che ci avrebbe portato alle calende greche. E invece guardare Kamala Harris che addirittura non rilascia dichiarazioni ma ammette la sconfitta, ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo».

Nel suo discorso Harris ha sottolineato: «Quando perdiamo dobbiamo accettare il risultato, questo distingue una democrazia dalla tirannia». Trump non l’aveva fatto nel 2020. Perché stavolta ha vinto?

«Io credo che la svolta ci sia stata con l’attentato. Il carattere che è venuto fuori quando gli hanno sparato, l’esatto momento in cui si è rialzato mentre tutti lo tenevano giù e ha detto: “Fight! Fight! Fight!”. Ecco, quel senso di sfida in un uomo a cui hanno appena sparato credo abbia toccato le corde delle persone. E da allora è cambiato tutto: ho visto una persona diversa da quella che conoscevo».

Si spieghi meglio.

«È cambiato nei toni e nella sua visione delle cose. Ha iniziato a parlare dal cuore, e finalmente a rivolgersi a dio, cosa che non aveva mai fatto. Le persone hanno capito che non era un modo per ingraziarsi gli evangelici, ma la prova di una nuova percezione di sé: è come se avesse compreso che poteva fare tutto, ma fino a un certo punto».

Quindi fiero ma anche più umano?

«Esatto. Per questo è aumentato il suo consenso tra gli uomini afroamericani e latinos: a loro piace l’uomo forte che crede in qualcosa in più che non sia solo se stesso. Dal punto di vista più spirituale, questo lato più sensibile è stato invece captato dall’aumento del voto delle donne».

L’immagine più forte della notte elettorale forse è stata quella di tutta la famiglia riunita sul palco. I Trump sono i Kennedy dei nostri tempi?

«Non direi. Sicuramente in passato Ivanka aveva espresso qualche volontà politica, e forse anche Donald Trump Jr potrebbe ogni tanto essere tentato, ma credo che nessuno di loro voglia farsi governare dalla politica».

Chi ci sarà nella nuova amministrazione Trump?

«Tra i nomi che ritengo più probabili, a parte Elon Musk e Robert Kennedy junior, hanno buone chance John Polson, Richard Granel e Marco Rubio, che sarebbe un’ottima mossa per consolidare la vittoria dei latinos».

Come mai Trump è cresciuto così tanto anche nella “vostra” New York?

«Bisogna guardare anche qui le minoranze, ma di sicuro i due milioni di italo-americani l’hanno aiutato».

È cambiato lui ma è cambiato anche il suo elettorato, che rispetto a otto anni fa è molto più variegato e forse, potremmo dire, più moderato?

«Nel 2016 doveva rivolgersi innanzitutto all’elettorato repubblicano perché non lo conoscevano e molti nutrivano forti antipatie per lui. Negli ultimi sei mesi si è molto allargato. Poi da quando ha preso il consenso di due democratici come Musk e Kennedy, ha capito che doveva parlare innanzitutto agli indipendenti».

Come vede la futura amministrazione Trump?

«Sono positivo e ottimista perché ci sono due persone che guardano avanti – Trump e Musk. Vedo un futuro molto creativo, di innovazione nel rapporto tra potere e individuo».

In che senso?

«Sempre più potere ai singoli e maggiore libertà creativa, che gioverà anche all’Italia, visto che i rapporti con Giorgia Meloni sono e saranno ottimi».

È  dispiaciuto che il suo vicino si trasferisce a Washington?

«Le strade saranno più libere, e tanto verrà qui a giocare a golf».

Nella foto: Donald Trump e Guido George Lombardi a Palm Beach

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