«Mi hanno sporcato le scarpe da 500 euro»: così il 17enne indagato spiega l’omicidio di Santo Romano
«Mi hanno calpestato le scarpe, sono di Versace, le ho pagate 500 euro». Lo ha fatto mettere a verbale il 17enne accusato di aver ucciso Santo Romano a San Sebastiano al Vesuvio. Il ragazzo oggi detenuto all’istituto di Nisida ha confermato che la lite è partita a causa di un pestone involontario. Finito sulle scarpe griffate del 17enne disoccupato. Il gip Anita Polito ha confermato il fermo disposto dal pm Ettore La Ragione. I testimoni presenti in piazza Raffaele Capasso e le telecamere raccontano che ha esploso due colpi di pistola che hanno raggiunto Santo e il suo amico, ferito al gomito. E Romano «si è alzato la maglietta e mi ha mostrato il buco nel petto prima di accasciarsi sul suolo».
I verbali
A riportare i verbali è l’edizione napoletana di Repubblica. Che racconta anche di una lite precedente in cui il fermato ha puntato una pistola sotto il mento di un altro ragazzo con cui aveva avuto una discussione. Circostanza smentita dall’indagato. Il gip non ha accolto la tesi della legittima difesa. Il suo avvocato Luca Graviele ha preannunciato la perizia psichiatrica. Il giovane ha una lista di reati sul groppone e una condanna. Per questo, scrive il giudice, «ogni altra misura meno afflittiva è assolutamente inidonea, tenuto conto delle circostanze e della evidente incapacità della famiglia a contenere le spinte devianti del figlio». Anche perché qualcuno in famiglia quella notte lo ha avvertito dell’arrivo dei carabinieri. Il ragazzo girava senza patente con la Smart del padre. Dopo gli spari è fuggito a Chiaia dove ha fatto cadere tra la folla la pistola, ha spezzato la scheda del telefonino e l’ha buttata in un tombino.
La marijuana
Quindi è andato a fumare marijuana a casa di un amico. L’avvocato ha presentato in udienza una perizia medica del maggio del 2022 che attesta una patologia psichica del proprio assistito che ne dichiarava la non imputabilità. Ma il gip non ha ravvisato «alcuna forma di incapacità di intendere e volere, neppure parziale». Le dichiarazioni dell’indagato contrastano con quelle dei testimoni raccontano un sequenza dei fatti ritenuta inverosimile nel tentativo di difendersi che mostra «una lucidità e una scaltrezza che mal si concilia» con la presunta incapacità di intendere e di volere.