La corsa contro il tempo di Biden per inviare armi e aiuti all’Ucraina: «Poi Trump bloccherà tutto»
74 giorni. È il tempo che manca all’inizio ufficiale della seconda era Trump. Stracciata Kamala Harris alle elezioni, il tycoon giurerà e assumerà le funzioni il 20 gennaio 2025. Joe Biden gli ha già telefonato per congratularsi per la sua vittoria e l’ha invitato alla Casa Bianca (l’incontro avverrà «a breve», ha confermato il direttore della campagna di Trump Steven Cheung), da dove oggi pomeriggio parlerà al Paese. È probabile che l’anziano leader democratico – così come ha fatto la vice sconfitta ieri sera – sottolineerà l’importanza del peaceful transfer of power, una transizione ordinata e costruttiva tra la vecchia e la nuova amministrazione Usa. Un’implicita ultima nota velenosa contro lo stesso Trump, che quattro anni fa giocò col fuoco del caos e della violenza, invece, dopo la sua sconfitta. La verità però è che dietro la maschera formale del fair play alla Casa Bianca e al Pentagono sono già stati avviati piani d’emergenza per salvare il salvabile dell’eredità Biden, per lo meno su un punto cruciale: quello del sostegno all’Ucraina. Secondo Politico l’amministrazione dem sta lavorando infatti in queste ore per accelerare l’invio di armi e altri materiali utili all’Ucraina per oltre 6 miliardi di dollari prima che Trump prenda ufficialmente le redini dell’America e chiuda i rubinetti degli aiuti a Kiev, come ha più volte promesso o evocato in campagna elettorale.
I fondi per le armi e la stanchezza Usa
L’importo indicato è quanto resta nel “tesoretto” a disposizione della Casa Bianca dell’ultimo pacchetto di aiuti approvato dal Congresso Usa la scorsa primavera. Di quei 61 miliardi di dollari ne restano da spendere 4,3 per rimborsare il Pentagono per l’invio a Kiev di equipaggiamento militare già disponibile, e 2,1 per finanziare l’acquisto di nuove armi da compagnia del settore americane. Pedale sull’acceleratore, dunque, prima che sia troppo tardi. «È l’unica opzione che abbiamo per permettere all’Ucraina di continuare a resistere agli attacchi russi», hanno detto alla testata Usa due funzionari della Casa Bianca sotto anonimato. Sondaggi e rilevazioni indicano come Trump abbia vinto in primis per come ha saputo intercettare la frustrazione degli americani – la classe media, gli “ultimi” con bassi livelli d’istruzione, ma pure fette rilevanti delle minoranze – sul terreno dell’economia. La geopolitica non sembra essere stata in cima al pensiero degli elettori mentre deponevano la scheda nell’urna. Ma è un fatto che nel «pacchetto» di risposte alle preoccupazioni economiche degli everyday Americans Trump ha inserito pure un ghiotto boccone legato alla politica estera: lo stop agli aiuti alla “lontana” Kiev. Volodymyr Zelensky è «il più grande venditore di tutti i tempi», lo ha attaccato a giugno dopo l’ennesima visita a Washington conclusa con la promessa di denaro fresco per le difese del suo Paese. Epiteto poi ribadito (anche se quel salesman è per lui un mezzo complimento) più volte nei comizi della campagna. «Sistemerò la cosa prima ancora di prendere funzione alla Casa Bianca da presidente eletto», ha assicurato. Obiettivo proclamato a più riprese di fronte a folle osannanti: riportare la pace tra Russia e Ucraina «in 24 ore» dal ritorno al timone. Già, ma come?
September 24, 2024
La dottrina Trump e la paura dell’Ucraina
In quei giorni di fine giugno, rivelò Reuters, i suoi consiglieri stavano mettendo a punto il vero piano per tradurre in realtà la promessa di The Donald. Trump, secondo il piano, porrà a Zelensky un aut aut: o accetta di sedersi al tavolo coi russi per mettere fine al conflitto, o gli Usa interromperanno l’invio di armi. A Putin chiederebbe di fermare l’aggressione, in cambio del riconoscimento di fatto dell’annessione dei territori ucraini conquistati dall’inizio della guerra, o di buona parte di essi. Un boccone pesantissimo da digerire per Kiev, che si chiede anche che ne sarebbe – dal giorno dopo – delle garanzie di sicurezza per il suo futuro: resterà nei radar il percorso di adesione alla Nato? E se così non fosse, chi e come assicurerà a Zelensky o ai suoi successori che Mosca non riprenderà l’iniziativa militare, presto o tardi per «completare il lavoro»? Il leader ucraino è stato non a caso tra i primi, ieri mattina, a twittare le sue congratulazioni a Trump per la sua rielezione. «Contiamo sulla continuità di un forte sostegno bipartisan all’Ucraina negli Usa», gli ha ricordato ricoprendolo contestualmente di lodi. Un tentativo se non disperato estremamente ambizioso di convincere Trump a desistere da una linea d’azione fallimentare – non solo per l’Ucraina, ma per gli Usa e l’Occidente intero, secondo questa lettura – prima del fatidico 20 gennaio.
November 6, 2024
L’ultimo azzardo di Zelensky
Nel frattempo l’amministrazione Biden farà di tutto per far arrivare ancora armi e altre attrezzature vitali. Anche se, confessano le stesse fonti di Politico, c’è il timore che i tempi siano in realtà troppo stretti: una volta date le autorizzazioni ci vogliono mesi prima che le munizioni arrivino effettivamente a Kiev, anche perché il Pentagono deve di volta in volta assicurarsi che per ogni elemento militare inviato all’estero ci siano pezzi di ricambio pronti. Tradotto: Trump potrebbe bloccare i carichi di armi già autorizzati prima che arrivino a Kiev. Sarebbe uno spettacolare inizio di mandato, uno di quei coup de théatre che lui ama molto. «Potrebbe dire “promessa mantenuta”, di certo stopperà (gli aiuti) molto presto», prevede cupo un ex dirigente del Pentagono di fede democratica come Jim Townsend. Sempre che Zelensky non riesca nel frattempo nel “miracolo” di far cambiare idea all’umorale president elect.