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Cina, la truffa agli imprenditori italiani che volevano costruire un hub europeo del marmo a Dafeng

08 Novembre 2024 - 09:30 Alba Romano
L'area dove sarebbe sorto il parco industriale è stata venduta due volte dall'amministrazione a proprietari diversi: la vicenda è finita in tribunale

Un’inchiesta giudiziaria, un possibile risarcimento da 92 milioni di euro e tanta delusione: questo resta del sogno di una cordata di imprenditori italiani che voleva costruire in Cina una città del marmo. Al momento, però, gli unici soldi di cui si parla sono i 60 milioni investiti a Dafeng, nella provincia di Jiangsu, e «bruciati». Lo racconta Massimo Gallus, cavatore di Orosei, al Corriere. È il presidente di Ouhua, la società costituita a Hong Kong per portare avanti l’iniziativa imprenditoriale sulle sponde del mar Giallo. L’idea era quella di creare un hub del marmo dove far arrivare via nave le lastre pregiate da tutto il mondo, lavorarle e poi rivenderle sul mercato cinese.

L’acquisto del terreno

Al progetto, avviato da due imprenditori italiani, si sono aggiunti altri sei soci connazionali, otto tra indiani, olandesi e spagnoli, più un altro centinaio di soci minori. Adesso, la sensazione è quella di essere stati truffati dall’amministrazione cinese. Tutto inizia quando la Ouhua acquista dal Comune di Dafeng 133 ettari di terreno e inizia a costruirvi i primi capannoni. La machina industriale è già in moto quando gli italiani si accorgono che, sui loro appezzamenti, qualcun altro ha iniziato a costruire le proprie attività industriali. «Abbiamo chiesto chi fossero e cosa stessero facendo. “Un impianto di desalinizzazione dell’acqua”, dicono. E la costruite sui nostri terreni? “Come vostri? Li abbiamo comprati dal governo”. Impossibile: li abbiamo presi noi. Ci sono i documenti: certificati, autorizzazioni, li- cenze, tasse pagate… Ma anche loro risultavano proprietari. Era accaduto l’incredibile: il Comune di Dafeng aveva venduto due volte la stessa terra», racconta Gallus.

Venduto due volte

C’è di più. «L’ente marittimo cinese ha dichiarato illegittime le nostre attività perché realizzate su aree marine rispetto alle quali il governo della città non avrebbe alcuna competenza». Oggi i funzionari pubblici che si sarebbero occupati della transazione tra gli imprenditori e il Comune risultano irreperibili. Le autorità hanno anche arrestato alcuni cittadini cinesi coinvolti nella vicenda. Mentre si attendono gli sviluppi giudiziari, tuttavia, alcuni capannoni della Ouhua sono stati demoliti e i lavori si sono completamente fermati. «L’azienda ha prodotto per un anno e dovevamo svilupparci, c’erano grandi prospettive», spiega, sempre al Corriere, Giancarlo Bocchese, cavatore vicentino, socio di peso e responsabile Ricerca e sviluppo della Ouhua. Lui, come gli altri imprenditori, è tornato in italia. Mentre a Dafeng per seguire il prosieguo della causa in tribunale resta solo il socio cinese Gao Quangfang.

Foto di copertina: Google maps, visuale aerea di Dafeng, nella provincia di Jiangsu

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