Luciana Castellina e il film su Berlinguer che «sembra un liberale scialbo»
Luciana Castellina, giornalista e scrittrice italiana, parlamentare comunista, più volte eurodeputata, non ha apprezzato molto il Berlinguer di Andrea Segre. Che nell’interpretazione di Elio Germano gli sembra «una versione ridotta, banalizzata: sembra un dirigente del Partito Liberale». La Grande Ambizione nasce secondo lei con un problema di fondo, anche se «quei due sono bravissimi». Ovvero che Segre non sa «niente del Partito comunista italiano per ragioni anagrafiche. Non ha vissuto quella storia. Mi ha addolorato proprio la figura di Berlinguer, che risulta un personaggio scialbo. Di lui mostrano tre discorsetti. Un professorino che va in giro e ripete a tutti quanti ‘democrazia, democrazia, democrazia’. Enrico è stato ben altro», spiega in un’intervista al Fatto Quotidiano.
Un personaggio scialbo
Nel colloquio con Tommaso Rodano Castellina dice che sarebbe stato importante «ricordare le riflessioni autocritiche, serie e complesse di Berlinguer sulla crisi del modello democratico. Enrico è stato il primo dirigente politico che ha affrontato la questione dell’ecologia nei termini di una critica alla società del consumo e dei consumi superflui. È stato anche il segretario che ha compreso a fondo il senso e il valore che la questione operaia e i consigli di fabbrica hanno avuto per l’intera sinistra. Tutti i temi molto conflittuali». Quello di Segre invece è «un santino». E anche su Moro: «Non si può ridurre l’impossibilità di trovare un compromesso con la Dc all’intervento della Cia. Fa un po’ ridere, è stata una questione molto più complessa. Il film racconta un’epoca importante, la semplifica e riduce. Questo mi addolora».
Il film sul Pci
Castellina spiega che nell’ultimo anno ha avuto una splendida esperienza «col film di Giovanni Piperno sui cent’anni del Pci, si chiama 16 Millimetri alla rivoluzione. È stato prodotto dall’archivio audiovisivo del movimento operaio e portato nei cinema d’Italia da un distributore privato. Abbiamo cominciato proprio dal Sacher di Moretti, che l’ha tenuto in cartellone molti più giorni del previsto perché c’era sempre tantissima gente. Dopo ogni proiezione iniziava una discussione di un’ora attorno al Pci e a quanto pesa la sua mancanza». Nel film di Segre invece i movimenti a sinistra del Pci vengono appena accennati: «In quegli anni i cattolici si spostarono molto a sinistra, ma la Dc era un’altra cosa. Lo si vede poi con il terremoto dell’Irpinia: esplode la verità di un regime corrotto e clientelare. Detto ciò, viva Berlinguer che si rende conto di questo e ha il coraggio di dire ‘no, non funziona’».
Aveva ragione lui!
Infine, un ricordo: «Io contestavo Berlinguer e lo prendevo in giro perché voleva la “Fgci del biliardino”: parlava dell’importanza di avere un campetto di calcio e spazi per svagarsi. Pensavo ci fosse bisogno di un approccio politico più serio e profondo. Mi sbagliavo. La società italiana in quell’epoca era spezzata in due: il comunismo era un pezzo di comunità completamente isolata, negli anni peggiori della Guerra fredda. Questi ragazzi iscritti alle Fgci non avevano nulla, a differenza di chi andava in parrocchia e trovava il campo da pallone, il cinema, il biliardino, eccetera. Era importantissimo, prima di tutto, dare ai ragazzi – contadini e figli di contadini, braccianti, operai – l’idea di una vita decente, a partire dal gioco. Aveva ragione Berlinguer!».
Foto copertina da: Dagospia