Le auto elettriche cinesi e i dazi dell’Ue: cosa succede ai prezzi e perché possono restare uguali
Che effetti avranno i dazi dell’Unione Europea sulle auto elettriche cinesi entrati in vigore dallo scorso 1° novembre? Il loro impatto potrebbe essere minore del previsto, quantomeno sul prezzo finale dei veicoli importati. Lo si legge in un articolo di Wired nel quale i principali modelli delle tre case automobilistiche più colpite: Byd (17,0%), Geely (18,8%), e Saic (35,3%). A questi dazi specifici, che si applicano anche ai modelli di altre compagnie prodotti in Cina, comprese le case europee e Tesla (7,8% grazie allo sconto), si somma una tassa fissa del 10%. Il risultato, in teoria, dovrebbe essere un consistente aumento di prezzo per i modelli dei marchi coinvolti, ma secondo i produttori non è detto che le cose debbano necessariamente andare così.
I modelli di auto elettriche toccati dai dazi dell’Ue
Quali sono, innanzitutto i modelli coinvolti? Di Byd, attuale leader mondiale nella produzione di veicoli elettrici ci sono: Atto 3 (il più venduto da Byd in Europa), Delfino, Sigillo Han, Tang, Seal U e Foca U. Per Geely, a cui fanno capo anche i marchi europei Smart, Volvo, Polestar, Lotus e Lynk & Co, sono: Lynk&Co 02, Lotus Eletre, Lotus Emeya, Polestar 2, Polestar 3, Polestar 4, smart #1, smart #3, Volvo EX30, Zeekr 001 e Zeekr X.
Infine, per Saic, che in Europa commercializza con il marchio MG, i modelli colpiti saranno MG4, MG5, Marvel R, MG ZS EV e Cyberstar. Ci sono poi alcuni modelli di marchi occidentali che vengono prodotti in Cina: è questo il caso ad esempio della iX3 di Bmw, della Tavascan di Cupra e della Spring di Dacia. Poi c’è Tesla, che in Cina produce Model 3 e Model Y, il cui prezzo è già salito a causa dei dazi, anche se l’azienda assorbirà parte del costo.
I produttori cinesi assorbiranno i dazi dell’Ue sulle auto elettriche
La stessa strategia è quella che sembra essere intenzionata ad adottare Byd. Avendo costi di produzione piuttosto bassi, il margine per la casa automobilistica del Guangdong potrebbe mantenersi alto pur riducendosi. L’esempio citato da Wired è quello del Suv Seal U. In Europa l’auto costa circa 43 mila euro, molto più dei 22 mila a cui viene venduta in Cina. Dunque, se in patria il guadagno è minimo – circa 1.300 euro per veicolo – lo stesso non si può dire del vecchio continente, dove Byd guadagna circa 14 mila euro a veicolo. Quindi, anche applicando il dazio di circa il 30% che Byd deve sopportare, l’azienda riuscirebbe a mantenere un margine del 15% senza aumentare il prezzo dell’auto. E potrebbe persino ipotizzare una riduzione del prezzo, così da guadagnare più quote di mercato.
La risposta della Cina: dazi sul brandy europeo
Anche il gruppo Saic non è intenzionato ad aumentare i prezzi finali, come reso noto alla testata da un portavoce, godendo, come gran parte di chi produce auto elettriche in Cina, di importanti sovvenzioni governative. Per riequilibrare il prezzo tra modelli cinesi e modelli europei, insomma, servirebbero dazi di almeno il 45% che in certi casi potrebbero spingersi anche oltre il 50%. Senza di essi, è probabile che Pechino possa continuare a mantenere un vantaggio competitivo, perlomeno finché potrà permettersi di sovvenzionare le aziende con fondi statali. Ciò non toglie che il dragone ha già risposto, con dazi sui distillati e indagini sulla carne di maiale e i prodotti lattiero caseari europei.