Arcangelo Correra e quel colpo di pistola partito per sbaglio. Il «cugino» si consegna: «Un incidente». Saviano: «Dobbiamo disarmarli»
Renato Caiafa, 19 anni, fratello di quel Luigi Caiafa che nel 2020, a 17 anni, fu ucciso da un poliziotto che aveva tentato di rapinare si è presentato in questura. Lui ha sbloccato il giallo della morte di Arcangelo Correra, 18enne di Forcella che non aveva precedenti penali, morto per un colpo di pistola alla testa. Il giovane è stato portato in condizioni disperate alle 5 del mattino del 9 novembre al Pronto soccorso dell’ospedale Vecchio Pellegrini, «l’ospedale degli sparati» a Napoli. Ad accompagnarlo Caiafa che è rimasto lì, in lacrime, fino all’ultimo. Davanti al dirigente della mobile Giovanni Leuci e al magistrato, ammette che è stato lui a sparare, riporta oggi il Corriere della Sera. Senza volerlo. Quando è partito il colpo erano in tre: Arcangelo, Renato e un altro giovane, un diciassettenne. Caiafa aveva una pistola, che portava con sé. Mostra l’arma e mentre lo fa scarrella. Parte il colpo. La canna non è rivolta verso terra e il proiettile arriva dritto in testa ad Arcangelo. Ora Caiafa è accusato di omicidio colposo, sparo in luogo pubblico e ricettazione dell’arma.
Saviano: «Armi che sparano e uccidono per gioco»
«Emanuele ammazzato il 24 ottobre, Santo ammazzato il 2 novembre, Arcangelo ammazzato il 9 novembre. Emanuele aveva 15 anni, Santo 19, Arcangelo 18. E’ questa l’età in cui si muore ammazzati. Non vi stupisce il silenzio del governo? Del governo comunale, regionale, nazionale? Non mi stupisce, la risposta del resto quale dovrebbe essere, la solita: “Più polizia, più posti di blocco”. Da quanto si fa così senza risolvere molto, anzi quasi nulla? Da sempre. Eppure quello che sta accadendo non è qualcosa di inaspettato, o nuovo, semplicemente è inosservato», spiega oggi Roberto Saviano sulle pagine del Corriere della Sera. «Armi in mano, armi nei jeans sul coccige; tenute assicurate al corpo dall’elastico della mutanda e dalla cintura. Armi che sparano e uccidono per gioco. Una situazione di guerra costante dove il rischio della morte non esiste, c’è la certezza di morte», ha aggiunto lo scrittore. «Oggi – conclude – l’imperativo dev’essere disarmare Napoli, togliere armi in circolazione ma investire, investire, investire. Formazione, scuole aperte tutto il giorno, assumere e trasformare professori disponibili in maestri di strada, e ancora corsi, corsi e corsi professionali. Questo per iniziare a sottrarre una prima leva di ragazzini pronti a sparare. Il modello Caivano proposto dal governo non solo è stato inefficace ma ha peggiorato la situazione portando in carcere una massa di minorenni e di fatto “professionalizzandoli” al crimine».
(in copertina Un momento del sit-in “Liberiamo Napoli dalla violenza” in Piazza del Gesù, Napoli 9 Novembre 2024. ANSA/CESARE ABBATE)