Al via Cop29, dieci domande (e risposte) per arrivare pronti al vertice sul clima di Baku
Si parlerà soprattutto di finanza alla Cop29 di Baku, in Azerbaigian. Domani, lunedì 11 novembre, prende il via la conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Un vertice che quest’anno non comincia sotto i migliori auspici, complici le numerose assenze dei leader internazionali e il clima di incertezza che ha fatto seguito alla rielezione di Donald Trump. La conferenza di Baku durerà complessivamente undici giorni, dall’11 al 22 novembre. L’obiettivo, come di consueto, sarà riuscire a trovare un accordo tra i 197 Paesi che hanno firmato la convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici. Ecco una breve guida, con dieci domande e risposte, per capire meglio a cosa servono le Cop e cosa è lecito aspettarsi dal vertice di quest’anno a Baku.
1) Cosa sono le Cop?
Il termine “Cop” è un acronimo di «Conferenza delle Parti» e si riferisce alla riunione annuale dei Paesi – 197 in tutto – che hanno ratificato la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, stipulata a Rio de Janeiro nel 1992. In quell’occasione, per la prima volta i governi si misero d’accordo per impegnarsi a contrastare il riscaldamento globale e ridurre le emissioni di gas serra.
2) A cosa servono le Cop?
Le Cop servono a concordare, di anno in anno, come intensificare l’azione globale per affrontare la crisi climatica. Alcune edizioni hanno prodotto risultati più duraturi di altre. La Cop1 si è svolta nel 1995 a Berlino ed è stata presieduta da una giovane Angela Merkel, all’epoca ministra dell’Ambiente della Germania. Alla Cop3 è stato redatto il Protocollo di Kyoto, che rappresenta di fatto il primo strumento attuativo della convenzione quadro dell’Onu. Alla Cop15 di Copenhagen è stato fissato l’obiettivo, in gran parte disatteso, di stanziare 100 miliardi di dollari ogni anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare la crisi climatica. Alla Cop21 di Parigi è stato raggiunto invece un accordo per impegnarsi a limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C – e possibilmente entro il grado e mezzo – rispetto all’era pre-industriale (1850-1900).
3) Cosa si è deciso all’ultima Cop?
La Cop28 si è svolta a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, e si è chiusa con un accordo che ha diviso il movimento ambientalista, tra chi ha parlato di «risultato storico» e chi lo ha bollato come «compromesso al ribasso». La novità più rilevante è stata soprattutto una: per la prima volta è stata messa nero su bianco la necessità di abbandonare i combustibili fossili, principali responsabili del riscaldamento globale. La formula che è finita nel documento finale non è «phase out», ossia eliminazione graduale, ma un più neutro «transition away», traducibile in italiano con la formula «transitare fuori». Tra gli altri punti dell’accordo c’è l’impegno a triplicare la capacità delle fonti rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030. Ma c’è anche il primo riferimento esplicito all’energia nucleare e ai sistemi per la cattura del carbonio nell’elenco delle tecnologie a zero o a basse emissioni.
4) Cosa si intende per Loss&Damage?
Alla Cop28 di Dubai è stato fatto un passo in avanti anche sul cosiddetto fondo «Loss&Damage», che ha l’obiettivo di risarcire le perdite e i danni subìti dai Paesi che meno contribuiscono al riscaldamento globale ma che ne subiscono le conseguenze peggiori. Il documento finale dell’ultima Cop stima che «il fabbisogno finanziario per l’adattamento dei Paesi in via di sviluppo è stimato in 215-387 miliardi di dollari all’anno fino al 2030 e che è necessario investire circa 4,3 mila miliardi di dollari all’anno in energia pulita fino al 2030, aumentando poi a 5 mila miliardi di dollari all’anno fino al 2050».
5) Di cosa si parlerà alla Cop29 di Baku?
Alla Cop29 di Baku, come detto, si parlerà soprattutto di finanza. Si discuterà del nuovo obiettivo di finanza per il clima (New Collective Quantified Goal – NCQG), ossia di quanto e come le economie sviluppate dovrebbero sostenere i Paesi in via di sviluppo per adattarsi ai cambiamenti climatici e ridurre le emissioni. L’obiettivo – fissato alla Cop15 di Copenhagen – di arrivare a 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2025 è stato in gran parte disatteso. Ora la Cop29 è chiamata a fissare una nuova asticella, ma anche a definire meglio le regole di ingaggio: come dovrà essere strutturato il fondo per i Paesi in via di sviluppo? Chi dovrà contribuire? Quanti soldi dovranno essere stanziati? Saranno a fondo perduto o prestiti da restituire?
6) Cosa sono gli Ndc?
Alla Cop29 di Baku saranno depositati anche i primi piani nazionali d’azione climatica con orizzonte 2035. Entro febbraio del prossimo anno, infatti, tutti i Paesi dovranno aver aggiornato i propri «Contributi Nazionali Volontari» (in inglese, Nationally Determined Contributions – NDC). Negli Ndc, dovranno rivedere gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 e formulare nuovi obiettivi per il 2035. Si tratta di un passaggio particolarmente delicato, perché è proprio sulla base di quegli obiettivi che si capirà se riusciremo oppure no a rispettare l’Accordo di Parigi sul contenimento dell’aumento della temperatura globale (vedi punto 9). L’ultimo rapporto dell’Unfccc stima che gli Ndc attuali siano drasticamente insufficienti per rispettare quegli obiettivi. Complessivamente, taglieranno le emissioni nel 2030 soltanto del 2,6% sui livelli del 2019, mentre la traiettoria giusta richiederebbe una riduzione del 43% per stare sotto gli 1,5°C e del 27% per stare sotto i 2°C.
7) Chi sarà presente (e chi no) alla Cop29 di Baku?
Alla Cop29 di Baku saranno assenti moltissimi leader internazionali. Tra i capi di Stato o di governo che hanno rinunciato al vertice dell’Azerbaigian ci sono, tra gli altri: Ursula von der Leyen (presidente della Commissione europea), Olaf Scholz (cancelliere della Germania), Emmanuel Macron (presidente della Francia), Lula (presidente del Brasile), Justin Trudeau (primo ministro del Canada), Vladimir Putin (presidente della Russia), Xi Jinping (presidente della Cina). Hanno confermato invece la propria partecipazione, tra gli altri: Giorgia Meloni (presidente del Consiglio dell’Italia), Keir Starmer (primo ministro del Regno Unito) e Pedro Sánchez (primo ministro della Spagna).
8) Come inciderà la vittoria di Trump sui negoziati?
La vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane rappresenta senz’altro un grosso passo indietro per le politiche climatiche. Il candidato repubblicano ha sempre negato l’esistenza stessa del riscaldamento globale e durante il suo primo mandato alla Casa Bianca ha ritirato gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi. In campagna elettorale, Trump ha fatto capire che questa volta potrebbe andare anche oltre, facendo uscire il suo Paese anche dalla convenzione dell’Onu sui cambiamenti climatici. In un’intervista a Open, Francesco Corvaro, inviato speciale per il clima del governo italiano, ha commentato così la situazione: «Un disimpegno degli Stati Uniti significherebbe la fine della politica climatica globale. Non avrebbe più senso parlare di azioni climatiche, perché senza gli Usa non si va da nessuna parte».
9) Cos’è il limite di 1,5°C di cui si sente tanto parlare?
La scienza del clima è concorde nel dire che ogni decimo di grado in più di riscaldamento globale può innescare conseguenze potenzialmente devastanti. Con l’Accordo di Parigi del 2015 è stato preso l’impegno di limitare l’aumento della temperatura globale «ben al di sotto» dei 2°C, e possibilmente entro 1,5°C, rispetto alla media del periodo pre-industriale (1850-1900). Per gli scienziati, è essenziale non superare la soglia degli 1,5°C se si vogliono evitare alcune delle conseguenze più gravi dei cambiamenti climatici.
10) Dove si terrà la Cop30?
La Cop30 si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025. Si tratta di un’edizione particolarmente attesa, se non altro perché il presidente Lula ci ha investito molto in termini di immagine e si è candidato a convincere i governi di tutto il mondo ad adottare misure sempre più ambiziose contro la crisi climatica. Il vertice del prossimo anno, inoltre, si svolgerà a ridosso della foresta amazzonica, uno degli habitat più minacciati dalle attività umane e dal cambiamento climatico.
Foto di copertina: Elaborazione grafica di Enzo Monaco