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Green Deal, il regolamento Ue sulla deforestazione colpisce 200mila imprese italiane: le piccole chiedono il rinvio, le grandi sono pronte – L’inchiesta

10 Novembre 2024 - 06:18 Gianluca Brambilla
regolamento ue deforestazione rinvio
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Uno dei pilastri del Green Deal rischia di slittare di un anno. Federlegnoarredo: «Bene gli obiettivi ma ci serve più tempo per metterci al passo». Ferrero e Ikea sono favorevoli a non riaprire il regolamento

A meno di sorprese, slitterà di un anno l’entrata in vigore dello Eudr, il regolamento contro la deforestazione, uno dei pilastri del Green Deal europeo. Il provvedimento è stato approvato dal Parlamento europeo nel dicembre 2022, con le nuove regole che sarebbero dovute scattare a partire dal 1° gennaio 2025 per le aziende più grandi e dal 1° luglio 2025 per le piccole e medie imprese. Quasi certamente, queste date saranno spostate in avanti di dodici mesi, con l’Eurocamera che è chiamata a esprimersi definitivamente sulla questione durante la sessione plenaria di fine novembre. Il rinvio è stato chiesto a gran voce non solo da alcuni governi, Italia in testa, ma anche da aziende e associazioni di categoria. «Il regolamento europeo ha uno scopo nobile e noi abbiamo sposato fin da subito i suoi obiettivi. Ma non è stata data abbastanza attenzione all’operatività, ossia a come attuarlo», spiega a Open Alessandro Calcaterra, delegato alle Foreste di Federlegnoarredo, il ramo di Confindustria che rappresent gli interessi della filiera del legno, dalla lavorazione della materia prima alla produzione di mobili, arredamento e non solo.

Il passaggio dal vecchio al nuovo regolamento sulla deforestazione

Prima di vedere come stanno reagendo le imprese italiane al rinvio del regolamento europeo contro la deforestazione, occorre fare un passo indietro. Lo Eudr sostituisce in realtà un provvedimento del 2010. Si tratta dello Eutr, che aveva l’obiettivo di contrastare il commercio interno all’Ue di legname raccolto illegalmente. Il provvedimento, però, ha funzionato solo in parte. In Italia, per esempio, su circa 20mila aziende italiane coinvolte dal regolamento, soltanto 4mila (il 20%) si sono iscritte nei registri del ministero dedicati alla due diligence, ossia a tutte quelle analisi volte a certificare l’effettiva origine del legno importato.

La differenza con lo Eudr, il nuovo regolamento approvato dall’Unione europea nel 2022, è sostanziale. Questa volta, infatti, le regole non si applicano solo alle aziende che tagliano fisicamente gli alberi o che immettono quel legno per la prima volta sul mercato. I controlli ora vengono spalmati su tutta la filiera e si estendono anche a quei settori che fino a pochi anni fa erano esclusi dalle regole europee ma che sono altrettanto responsabili per la deforestazione: cacao, caffè, palme da olio, bovini, pelli e gomma. «La stima è che siano circa 200mila le imprese italiane coinvolte dal nuovo regolamento, contro le 20mila delle regole precedenti», spiega ancora Calcaterra. A inizio novembre, è stato aperto il nuovo sistema informativo Eudr per le aziende italiane, ma non ci sono ancora dati su quante imprese finora si siano registrate.

18 mesi per prepararsi, ma senza linee guida

Quando è stato approvato il nuovo regolamento europeo contro la deforestazione a fine 2022, è scattato il periodo di diciotto mesi durante il quale le aziende avrebbero dovuto adeguarsi. Questo percorso, però, ha incontrato una serie di ostacoli. Per dare alle aziende un’idea precisa e dettagliata di come seguire le nuove regole, la Commissione europea avrebbe dovuto pubblicare le linee guida operative del nuovo regolamento. Queste linee guida sono state pubblicate solo il 2 ottobre scorso, ossia a meno di tre mesi prima dall’entrata in vigore dello Eudr. Un ritardo fortemente criticato dalle aziende e giudicato sospetto dalle associazioni ambientaliste. L’accusa rivolta a Ursula von der Leyen è di aver sospeso di proposito la pubblicazione delle linee guida, così da rendere poi inevitabile il rinvio del regolamento. «È incomprensibile. Sembra che la presidente della Commissione abbia sabotato la più importante legislazione ambientale approvata durante il suo mandato», ha commentato Luciana Téllez Chavez, ricercatrice di Human Rights Watch.

Il Parlamento europeo durante il voto del 13 settembre 2022 sul regolamento contro la deforestazione (EPA/Christophe Petit Tesson)

Cosa ne pensa l’industria italiana del legno

Di fronte al (probabile) rinvio dell’entrata in vigore del regolamento europeo contro la deforestazione, le imprese italiane appaiono divise. Federlegnoarredo si dice sollevata per il rinvio delle regole Ue e lamenta un eccesso di burocrazia. «Un’azienda che fa importazione deve verificare i diritti forestali, le concessioni, i permessi di taglio, i documenti di trasporto dei tronchi, fare verifiche sul rispetto dei diritti umani, sulla sicurezza sul lavoro, sulla parità di genere, sul contrasto al lavoro minorile e sugli impatti ambientali, recuperando immagini satellitari dell’area che provino l’assenza di deforestazione», riassume Alessandro Calcaterra. Lo Eudr, insomma, introduce nuovi obblighi burocratici e complicati processi di verifica. E secondo Federlegnoarredo, questo rappresenta un problema per le piccole imprese.

«I piccoli attori saranno penalizzati. Questo perché chi ha 100mila ettari in concessione ha già tutti i dati che vengono richiesti, mentre una piccola impresa boschiva con tre dipendenti farà fatica a stare al passo», spiega ancora Calcaterra. Per il settore italiano del legno, dunque, il problema sembra avere a che fare soprattutto con un eccesso di burocrazia. «Se guardiamo ai paesi effettivamente con problemi di deforestazione, il Brasile è all’undicesimo posto delle importazioni italiane e nessun’altra nazione a rischio è nei primi venticinque paesi fornitori di legno all’Italia», fa notare il rappresentante di Federlegnoarredo. «Se applicato nel modo corretto – aggiunge ancora Calcaterra – le nuove regole limiteranno la concorrenza sleale di Paesi produttori con scarsi controlli sulla sostenibilità».

Una porzione di terreno deforestato nello stato di Para, nel nord del Brasile (EPA/Andre Borges)

Le posizioni di Ikea, Lavazza e Ferrero

Se si guarda alle grandi imprese coinvolte, le posizioni sul rinvio del regolamento si fanno più sfumate. Lavazza, azienda italiana tra i leader mondiali nel settore del caffè (e quindi coinvolta direttamente dalle nuove regole), dice di accogliere «con favore» la proposta della Commissione europea. «Consideriamo questa decisione un segnale positivo di apertura e di ascolto delle esigenze degli attori della filiera del caffè», fa sapere l’azienda a Open. Ma per Lavazza il semplice rinvio delle nuove regole non è sufficiente: «Allo stato attuale il regolamento Eudr è molto difficile da implementare, sia per le aziende, sia soprattutto per i Paesi produttori di caffè, rappresentando un rischio per i Paesi in via di sviluppo e per i piccoli produttori». Lavazza fa notare che la filiera del caffè è già sotto pressione a causa dei cambiamenti climatici, che hanno portato a un aumento del costo della materia prima. E con il nuovo regolamento, spiega l’azienda, si rischia di inficiare la varietà di miscele e origini che il marchio offre ai propri clienti: «Il Gruppo Lavazza attualmente acquista circa 300 mila tonnellate di caffè verde all’anno, provenienti da 20 paesi diversi e da 130 origini diverse. Con l’EUDR, potremmo essere costretti ad acquistare il nostro caffè solo da quei pochi paesi in grado di garantire la conformità ai requisiti della normativa».

Più mite la posizione di Inter Ikea, colosso svedese dell’arredamento, che dice di supportare «l’obiettivo e l’ambizione dello Eudr». L’84% del legno utilizzato dall’azienda proviene dall’Europa, dove vigono normative più stringenti rispetto ad altre zone del mondo per quanto riguarda la lotta alla deforestazione. Ma in passato Ikea è finita nel mirino di alcune associazioni ambientaliste a causa della sua attività – o di alcune aziende esterne con cui collabora – in Romania, dove esiste da tempo un grosso problema di deforestazione illegale nelle foreste primarie. Il marchio svedese, che attualmente realizza i propri prodotti utilizzando per il 15% legno riciclato, ha aderito all’appello delle aziende che chiedono la difesa del Green Deal. Ma sul regolamento europeo contro la deforestazione auspica «ulteriore chiarezza» per «facilitare l’implementazione, mitigare potenziali interruzioni della catena di fornitura e inaspettati aumenti di prezzo».

Tra le aziende che si sono mosse con più rapidità per adeguarsi alle nuove regole c’è la multinazionale italiana Ferrero. L’azienda con sede ad Alba (Cuneo) assicura a Open di essere «favorevole al regolamento Eudr» e, più in generale, «sostiene l’adozione di un quadro normativo volto ad affrontare la deforestazione». Gli sforzi di Ferrero in termini di tracciabilità e sostenibilità lungo la filiera sono iniziati da tempo, proprio in vista dell’entrata in vigore delle nuove regole europee. Ed è per questo che, a prescindere da cosa si deciderà sul rinvio, la multinazionale italiana chiede di «evitare una riapertura del regolamento», che resta «fondamentale per raggiungere l’obiettivo e continuare il buon lavoro svolto finora».

Un murale a San Paolo, in Brasile, che chiede lo stop alla deforestazione in Amazzonia (EPA/Isaac Fontana)

In copertina: Una miniera illegale vicino a Itaituba, in Brasile, scoperta dalle forze dell’ordine (EPA/Andre Borges)

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