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Un piano Ue per evitare il tracollo dell’industria dell’auto. Sejourné: «Interventi per accelerare le vendite dell’elettrico in Europa»

12 Novembre 2024 - 17:34 Simone Disegni
«Abbiamo aziende cinesi pronte ad aprire fabbriche qui in Europa, mentre noi le chiudiamo: non è normale», ha detto il pupillo di Macron in audizione al Parlamento europeo

Un piano europeo per sostenere l’industria europea dell’automotive ed evitare il suo tracollo di fronte alla concorrenza cinese, specie sul terreno dell’auto elettrica. È quello che ha in mente Stephane Sejourné, l’ex ministro degli Esteri francese che Emmanuel Macron ha voluto nella nuova Commissione von der Leyen, in cui si candida a svolgere l’inedito ruolo di vicepresidente con delega a “Prosperità e strategia industriale”. Sejourné ha evocato il suo progetto nel corso della sua audizione di oggi al Parlamento europeo, pur centellinando i dettagli. «Dobbiamo dirci con chiarezza che sul piano tecnologico oggi americani e cinesi sono in vantaggio sull’auto elettrica», ha scandito il politico francese rispondendo alle domande degli eurodeputati. Le conseguenze di quel vantaggio sono sotto gli occhi di tutti. «Abbiamo aziende cinesi pronte ad aprire fabbriche qui in Europa, mentre noi le chiudiamo: non è normale». Obiettivo della nuova Commissione sarà dunque quello di far sì che le aziende europee «colmino quel divario tecnologico». Già, ma come? «Ho un piano per accelerare le vendite di auto elettriche in Europa», fa sapere Sejourné, che dell’idea ha certamente parlato con la sua futura “capa”, la presidente rieletta della Commissione Ursula von der Leyen. Sejourné lascia intendere che il piano sarà presentato nei prossimi mesi, se lui e il resto del nuovo esecutivo Ue saranno confermati. Ma è evidente che pensa a un intervento pubblico per stimolare il mercato interno Ue dell’auto elettrica come sin qui non è avvenuto: «Per quanto attiene al mio portafoglio, contribuirò a creare le condizioni di domanda supplementare di auto elettriche nei prossimi anni, così da evitare le chiusure e sostenere la conversione delle nostre industrie». Resta da capire se e come l’Ue potrà far sì che tale domanda vada a beneficio dei costruttori europei, piuttosto che di quelli cinesi che come riconosce lo stesso Sejourné s’insediano aggressivamente sul mercato praticando prezzi incomparabilmente più bassi.

Il vicepresidente designato della Commissione Ue Stephane Sejourné in audizione al Parlamento europeo – Bruxelles, 12 novembre 2024 (Ansa-Epa/O. Hoslet)

Il divieto al 2035 e il dialogo coi sovranisti

A porre con insistenza le domande sul destino del settore automobilistico europeo, in audizione, sono soprattutto le eurodeputate del fronte sovranista: la francese Virginie Joron del Rassemblement National prima, l’italiana Isabella Tovaglieri (Lega) poi. Centro nevralgico del loro affondo parallelo, il destino del divieto di vendita di auto a motore termico entro il 2035 in Ue. Una misura su cui come noto non solo buona parte dell’industria automobilistica europea, ma anche diversi governi hanno alzato da mesi le barricate, nel timore – complici gli evidenti segnali di crisi nel settore – che il percorso di decarbonizzazione si trasformi in una débacle per l’economia europea. Sejourné come la vede? Intende rimettere in discussione il ban al 2035? L’uomo di Macron non si sbilancia su questo fronte, consapevole che incombe entro il 2026 – ma potrebb’essere anticipato – un confronto a livello Ue per riconsiderare la norma. «Abbiamo ancora 11 anni prima della fine del motore termico. Penso che possiamo ancora riuscire ad evitare tutto ciò (il tracollo del settore auto Ue, ndr) aumentando le vendite», si limita a dire Sejourné, prima di evocare il piano di incentivi. Ma alle “avversarie” del fronte dei Patrioti riconosce un po’ a sorpresa la gravità del tema: «Condivido tutta la vostra inquietudine», dice l’uomo di Macron, considerato che il settore auto rappresenta «il 7% del nostro Pil, milioni di posti di lavoro, un terzo
della ricerca privata in Europa».

Il ritorno di Trump e la guerra commerciale

Lo spettro della deindustrializzazione agita l’Europa del 2024, esplicitamente da quando Mario Draghi ha additato il pericolo con crudo realismo nel suo rapporto sul futuro della competitività dell’Ue presentato a settembre. E ora che Donald Trump ha vinto negli Usa i leader d’impresa e quelli politici europei vedono a occhio nudo la tenaglia: se da un lato c’è la spietata concorrenza delle ben sussidiate aziende cinesi, dall’altro ora ci sono le barriere che Trump potrebbe presto innalzare all’export in Usa coi suoi dazi sui prodotti europei (oltre che cinesi). Anche su questo terreno Sejourné non si tira indietro rispetto alle inquietudini degli eurodeputati, ma prova a azzardare un passo in avanti. «Dopo l’elezione di Trump ci sono molte incertezze. Lavoreremo nelle prossime settimane per cercare di convincere gli americani che non dovremmo avere una guerra commerciale», dice Sejourné, ricordando fin d’ora agli Stati membri, ma pure alla nuova amministrazione Usa in arrivo che anche l’Ue ha strumenti per difendere le sue imprese. «Dovremo essere intransigenti nella nostra capacità di difendere il commercio, le nostre attività. Abbiamo una regolamentazione anti-dumping, norme di salvaguardia, clausole di reciprocità per gli appalti pubblici: gli strumenti ci sono e dobbiamo usarli, ma dobbiamo evitare una guerra commerciale».

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