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Lepore contro Meloni: «Io non obbedisco, il ministero spieghi perché ha lasciato manifestare Casapound»

12 Novembre 2024 - 10:29 Alba Romano
Il sindaco di Bologna replica alla premier e attacca Piantedosi

«Io di faccia ne ho una sola, guardo ai cittadini bolognesi e chiedo rispetto per la mia città oltraggiata sabato da un corteo di 300 camicie nere. La premier Giorgia Meloni non confonda la collaborazione con l’obbedienza, non possono esserci scambi su questo» . Lo ha detto in un’intervista a Repubblica il sindaco di Bologna Matteo Lepore. «Io ho chiesto aiuto pubblicamente alla premier, come sindaco di Bologna, città alluvionata. Inoltre io non ho dato a Meloni della picchiatrice fascista. Chiedo spiegazioni sulla gestione dell’ordine pubblico. Perché è stato permesso che 300 persone con le svastiche al collo e, ribadisco, la camicia nera, sventolassero le loro bandiere marciando al passo dell’oca a pochi passi dalla stazione?».

Oltraggio alla città

Secondo Lepore «il fatto che sia stato permesso è un oltraggio alla città. Nel comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza avevamo convenuto che dovessero manifestare in piazza della Pace, in periferia, vicino allo Stadio, dove già in passato altre volte si erano riuniti. C’è il verbale, il documento della Prefettura. La gestione pattuita in comitato non si è mantenuta, si sono prese decisioni al di fuori, negandolo fino ad oggi, anche con prese di posizioni false».

In un colloquio con il Fatto il primo cittadino della città felsinea ha parlato invece di una trappola e di un bengala lanciato in campagna elettorale: «Il ministero dell’Interno spieghi chi è che ha cambiato la decisione e perché. È doveroso verso la città. E anche perché esattamente un’ora dopo la manifestazione tutto il governo ha iniziato a fare dichiarazioni contro la nostra città. ‘Zecche rosse’, ‘addosso ai centri sociali’, ‘sinistra connivente con i movimenti».

Le elezioni

Riguardo il collegamento con le elezioni in Emilia-Romagna, Lepore conclude così: «Le manifestazioni dell’estrema destra in campagna elettorale sono un copione che si ripete, con grande sfacciataggine, nel tentativo di serrare i ranghi».

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