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Caso Stormy Daniels, rimandata per la terza volta la sentenza contro Trump: «Circostanze senza precedenti»

12 Novembre 2024 - 18:15 Filippo di Chio
Donald Trump Stormy Daniels rinvio sentenza
Donald Trump Stormy Daniels rinvio sentenza
L'elezione a prossimo presidente del tycoon pone il problema dell'immunità, sancita in luglio dalla Corte Suprema. Per ora il giudice Merchan prende tempo, ma l'insediamento alla Casa Bianca dista solo due mesi

Un altro rinvio, l’ennesimo. La sentenza sul caso dei pagamenti alla pornostar Stormy Daniels, per il quale Donald Trump fu condannato lo scorso 30 maggio, è stata ulteriormente posticipata al 19 novembre. A comunicarlo il giudice Juan Merchan, che ha spiegato a entrambe le parti che la motivazione risiede nelle «circostanze senza precedenti», vale a dire l’elezione a 47esimo presidente proprio di Donald Trump. Lo scorso 1 luglio, infatti, la Corte Suprema aveva sancito l’immunità per il capo di Stato americano per quanto riguarda gli atti ufficiali. Il timore dei pubblici ministeri, ora, è che Merchan possa decidere di annullare la condanna basandosi proprio sulla sentenza di luglio. La condanna, se mai pronunciata, potrebbe andare da una semplice ammenda a quattro anni di reclusione.

Le motivazioni delle parti

La richiesta di rinvio, a dire la verità, era arrivata sia dall’accusa che dalla difesa in una lettera congiunta. Le ragioni, come facilmente pronosticabile, sono ben distinte. Il procuratore Matthew Colangelo aveva chiesto il rinvio al giudice Merchan sottolineando la necessità di «attente considerazioni». In particolar modo riguardo a come sia possibile bilanciare «l’Ufficio del Presidente» al «verdetto di colpevolezza della giuria a seguito di un processo che ha presunzione di regolarità». Una difficoltà che nasce da un semplice fatto: Trump è il primo presidente (o ex presidente) della storia americana a essere condannato in un processo. Si tratta quindi di un caso assolutamente nuovo anche per i giudici. Dalla parte sua il legale di Donald Trump, Emil Bove, ha chiesto l’annullamento della condanna. Una misura secondo lui «necessaria per evitare ostacoli non costituzionali alla capacità di governare del presidente».

Il caso Stormy Daniels

Donald Trump era stato condannato per tutti e 34 i capi d’accusa nell’ambito di un’inchiesta per frode elettorale. Avrebbe infatti architettato una rete di falsificazioni di documenti aziendali con lo scopo di influenzare le elezioni del 2016. Secondo i procuratori, il tycoon aveva comprato il silenzio della pornostar Stormy Daniels con 130mila dollari per evitare che la donna, oggi 45enne, rivelasse i dettagli di una relazione extra-coniugale avuta nel 2006 con l’attuale presidente eletto. La cifra, in realtà, fu versata alla donna dalla tasca dell’allora avvocato di Trump, Micheal Cohen. Questo fu poi rimborsato dell’intera cifra, registrata come spese legali. Fatto che, secondo il procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg, ha costituito una violazione della legge sui finanziamenti elettorali. Nello Stato di New York, infatti, il tetto massimo per i contributi individuali reputati «relativi a una campagna elettorale» è di 2.700 dollari.

Tutti i rinvii di un’attesa lunga quattro mesi

La condanna c’è stata. Della sentenza, però, neanche l’ombra. Doveva essere resa pubblica lo scorso 11 luglio, ma la sentenza della Corte Suprema riguardo alla parziale immunità presidenziale aveva frenato tutto. Il giudice Merchan aveva rinviato la sentenza al 18 settembre, aggiungendo la clausola «se ancora necessario» proprio alla luce della decisione dei 9 massimi giudici americani. Il 6 settembre un nuovo rinvio, questa volta al 26 novembre. La situazione, secondo il giudice, era «irta di complessità» vista la vicinanza alle elezioni americane del 5 novembre, vinte poi proprio da Donald Trump. La volontà era quella di «evitare qualunque impressione – per quanto ingiustificata -che il procedimento fosse stato influenzato o cercasse di influenzare» l’avvicinarsi dell’Election Day.

Gli altri processi in corso e l’attesa per l’Inauguration Day

Dopo la vittoria di Trump, il suo ufficio legale ha più volte ripetuto che ci sono «forti ragioni per chiedere la sospensione e l’archiviazione del caso nell’interesse della giustizia». Una questione spinosa su cui si stanno incagliando anche tutti gli altri procedimenti in corso in cui Trump compare come imputato. Primo tra tutti il caso riguardante l’assalto a Capitol Hill e il tentativo di sovvertire il risultato elettorale del 2020. Il superprocuratore Jack Smith ha già annunciato di aver messo in pausa tutti i procedimenti relativi al processo, così come a quello relativo ai documenti top secret che Trump avrebbe sottratto alla Casa Bianca e portato nella sua residenza in Florida. In pausa anche il caso statale in Georgia, in cui il tycoon è accusato di aver tentato di alterare il risultato elettorale chiedendo in una telefonata di «trovare 11mila voti» per superare Biden. È probabile che tutti i rinvii si protrarranno fino al 20 gennaio, quando di nuovo – insediandosi nella Casa Bianca – Donald Trump rimarrà intoccabile per altri quattro anni. Eppure Joe Biden dopo la condanna di maggio nel caso Stormy Daniels aveva esultato: «Nessuno è al di sopra della legge».

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