Eleonora Daniele e la storia del fratello con una neurodivergenza: «Lo andavo a trovare in ospedale»
«Nel corso degli anni sulla malattia mentale, come tu sai anche nell’autismo, c’è sempre stata una grande sottocultura, spesse volte difficile a essere gestita per le famiglie stesse», dice oggi Eleonora Daniele, conduttrice Rai che ha scritto un libro sul disagio mentale dal titolo Ma siamo tutti matti?. Daniele parla in un’intervista a Gianluca Nicoletti pubblicata da La Stampa. «A me la forza l’ha data mia madre, quando mi raccontava delle battaglie quotidiane che doveva fare ogni giorno per mio fratello, come per gli altri ragazzi come lui. Era una guerra anche solo per ottenere un pulmino, o per andare incontro alle sue più piccole esigenze. Io per questo racconto anche questa mia storia senza nessun senso di vergogna. Anzi penso che sia importante parlarne, proprio perché in pochi ne parlano volentieri».
La storia del fratello di Eleonora Daniele
Secondo la conduttrice dopo Basaglia «non si è mai riuscito ad articolare una rete di strutture adeguate alle esigenze del territorio, capace di accogliere, assistere, curare. Così la parte più difficile è affidata alle famiglie. Questo libro l’ho scritto proprio per le famiglie che ho conosciuto in questi anni. Per dare loro voce, per sostenerle nel loro quotidiano combattere nonostante tutto». Il primo capitolo è dedicato a Luigi, che aveva una neurodivergenza che lo portava a comportamenti problematici. La famiglia lo affiderà alle cure degli istituti sanitari. In uno di questi è stato trovato morto a 44 anni. Daniele racconta che lo andava a trovare nel reparto psichiatrico. E ricorda il fratello sotto tranquillanti, imboccato da sua madre prima di essere riconsegnato all’infermiera.
Non una denuncia
Non ho voluto fare solamente un libro di denuncia», dice ora. «Ho voluto lanciare un tema doloroso in maniera costruttiva, nelle dieci storie che racconto, gran parte delle quali ho anche portato in televisione, sono sempre presenti anche le storie dei medici. Persone in prima linea ad affrontare, spesso da sole, il problema della gestione della malattia mentale».