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«Non si possono imporre limiti di emissioni alle compagnie»: la Corte d’Appello dell’Aia ribalta la storica sentenza su Shell

12 Novembre 2024 - 13:25 Antonio Di Noto
Shell corte d'appello l'aia vince
Shell corte d'appello l'aia vince
Nel 2021 la compagnia petrolifera aveva perso in primo grado. Il tribunale le imponeva di ridurre le proprie emissioni del 45% entro il 2030 rispetto al 2019

Shell ha vinto l’appello contro la decisione del tribunale olandese che nel 2021 le aveva ordinato di ridurre drasticamente le proprie emissioni: del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019. Era la prima sentenza al mondo di questo tipo, con la quale Shell veniva considerata responsabile delle proprie emissioni, e di quelle dei propri fornitori ed acquirenti, che avrebbero dovuto rispettare i limiti dell’Accordo di Parigi del 2015. Ma nella mattinata di oggi, martedì 12 novembre, la corte d’appello ha stabilito che la compagnia non può sottostare a un limite specifico, pur riconoscendo che la essa ha una «responsabilità speciale» che la deve portare a ridurre le proprie emissioni di gas serra. Mentre a Baku i Paesi dell’Onu sono nella Cop29, il direttore finanziario di Shell, Wael Sawan, ha accolto con favore la decisione del tribunale affermando che «è quella giusta per la transizione ecologica globale, per i Paesi Bassi e per la nostra compagnia».

Shell: «La riduzione delle emissioni spetta alla politica»

Nel suo ricorso in appello, Shell ha sostenuto in tribunale che le emissioni delle aziende sono una questione su cui si deve esprimere la politica, non della magistratura, e che tutti i combustibili fossili che avesse scelto di non estrarre sarebbero stati semplicemente sfruttati da un’altra azienda. A portare la compagnia petrolifera in tribunale era stata inizialmente Milieudefensie, la divisione olandese della Ong Friends of the Earth a cui si erano uniti altri 17 mila querelanti. In seguito alla prima sentenza, anche Milieudefensie aveva presentato ricorso, sostenendo che Shell non stava rispettando i limiti che le erano stati imposti. «È una decisione che fa male» ha dichiarato il direttore di Milieudefensie, Donald Pols. Aggiungendo: «Allo stesso tempo, questo caso dimostra che i grandi inquinatori non sono immuni e ha ulteriormente alimentato il dibattito sulla loro responsabilità nella lotta al cambiamento climatico».

«Shell sta facendo quello che ci si aspetta»

I giudici di appello hanno sottolineato che che «Shell sta già facendo che quello che ci si aspetta». La compagnia, infatti, «deve dare un contributo appropriato agli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi» – ha detto la giudice Carla Joustra alla Corte d’Appello dell’Aia. «Tuttavia, la legislazione climatica esistente non fornisce una percentuale specifica di riduzione per le singole compagnie». Shell, ha proseguito Joustra «in quanto grande società del petrolio e del gas» ha un obbligo a ridurre il cambiamento climatico «largamente causato dalle imprese dei paesi industrializzati». Ma questo «non significa che la Corte può applicare lo standard generale del 45% a Shell».

«La sentenza conferma che si possono ordinare riduzioni di emissioni alle compagnie»

Ma non c’è solo delusione tra gli ambientalisti. La sentenza in appello, spiega il professore di diritto e finanza dell’Università di Oxford Thom Wetzer, ha ribadito che «l’esplorazione e gli investimenti in nuovi giacimenti di petrolio e gas sono in contrasto con l’Accordo di Parigi». Inoltre, «la Corte d’Appello ha accettato in linea di principio di poter ordinare riduzioni assolute delle emissioni per la Shell e altre aziende». Infine, ha evidenziato Wetzer, le leggi dell’Ue, «come la direttiva sulla due diligence di sostenibilità aziendale, impongono alle grandi aziende di ridurre le proprie emissioni per rispettare l’accordo di Parigi e sono applicabili alle singole aziende».

Le cause contro le compagnie petrolifere

Le cause sul clima contro le aziende produttrici di combustibili fossili stanno progredendo rapidamente. Oltre 80 cause sul clima sono state intentate contro le più grandi società produttrici di petrolio, gas e carbone del mondo, tra cui BP, Chevron, Eni, ExxonMobil, Shell e TotalEnergies. Il numero di cause intentate ogni anno contro le aziende produttrici di combustibili fossili è quasi triplicato da quando è stato raggiunto l’Accordo di Parigi nel 2015.

Immagine di copertina: Il direttore dell’organizzazione ambientalista olandese Milieudefensie, arriva per presenziare alla sentenza in appello del caso di protezione del clima contro la multinazionale petrolifera e del gas Shell, all’Aia, nei Paesi Bassi, il 12 novembre 2024. EPA/JEROEN JUMELET EPA/JEROEN JUMELET

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