Kaja Kallas e la via delle armi per difendere l’Europa: «Russia, Iran e Corea del Nord ne producono più di noi, dobbiamo batterli»
L’Ucraina deve vincere la guerra con la Russia. Lo dice subito, e con tono grave, Kaja Kallas, l’ex premier estone scelta a fine giugno dai capi di Stato e di governo come nuova Alta rappresentante Ue per la politica estera, chiamata oggi a presentare le sue linee d’azione di fronte al Parlamento europeo. Non solo tenere botta di fronte all’aggressione delle truppe di Mosca, dunque, ma di più: vincere. Anche perché se andasse nel modo opposto, cioè se dovesse avere la meglio la Russia di Vladimir Putin, sarebbe un invito all’autocrate di Mosca a procedere con altri “bocconi” in Europa. Una sfida aperta, di fatto, alla visione che rischia di prendere piede in Occidente dopo la rielezione di Donald Trump negli Usa. Kallas d’altronde s’è fatta le ossa in Estonia, uno dei tre Paesi baltici che hanno iscritta nella memoria collettiva la durezza dell’occupazione sovietica, e sente vicinissimo il pericolo dell’espansionismo russo. «La vittoria dell’Ucraina è una priorità per tutti noi», scandisce Kallas. «La situazione sul campo di battaglia è molto difficile ed è per questo che dobbiamo continuare a lavorare ogni giorno, oggi, domani e per tutto il tempo necessario, con tutti i finanziamenti militari e gli aiuti umanitari necessari». Parole che suonano come miele per il governo di Volodymyr Zelensky, mai spaventato come in questi giorni per il possibile smantellamento del sistema di sostegno occidentale al suo esercito. L’Europa in ogni caso resti al suo fianco, sprona Kallas nell’audizione al Parlamento europeo. «Tutto ciò deve essere sostenuto da un percorso chiaro per l’adesione dell’Ucraina all’Ue. Combattiamo per la sicurezza europea e per i princìpi iscritti nella Carta dell’Onu e nei Trattati europei».
L’asse anti-Occidente e il riarmo d’Europa
Quella che si sta formando contro l’Occidente è d’altronde in senso più ampio una sfida geopolitica esistenziale. A guidarla sono quattro potenze “revisioniste” sempre più determinate a far fronte comune, sostiene Kallas: Russia certo, ma anche Cina, Iran e Corea del Nord. Sì, anche il Paese di Xi Jinping va tenuto a bada. «È sempre più un competitor e un rivale sistemico: le nostre dipendenze da essa sono una vulnerabilità, lo sbilanciamento commerciale strutturale e il suo sostegno alla Russia sono problemi». Quanto a Iran e Corea del Nord, il loro apporto militare alla guerra di Putin contro l’Ucraina è ormai arcinoto: in termini di droni e altri armamenti per il primo, di soldati al fronte per la seconda. Ma nel medio periodo lo scenario più inquietante è quello di una possibile aggressione all’Europa stessa. Su questo Kallas invita al realismo, e all’azione. «Oggi abbiamo paura che la guerra tracimi sul continente europeo. Bene, trasformiamo questa paura in azione. Non possiamo accettare che Russia, Iran e Corea del Nord producano nell’insieme più munizioni di quelle prodotte in tutta l’area euro-atlantica. Possiamo e dobbiamo investire per produrne più di loro». La pace, la prosperità, la libertà e diritti di cui l’Europa gode e va fiera si preservano con la sicurezza, delinea Kallas, e la sicurezza la si garantisce – nel contesto attuale – dotandosi di adeguati armamenti. «Ho letto che finalmente il mio piano per produrre un milione di proiettili in Europa (da destinare all’Ucraina, ndr) ha raggiunto finalmente, sebbene in ritardo, il suo obiettivo. Me ne rallegro», sottolinea la successora designata di Josep Borrell riferendosi a un’iniziativa politico-militare di cui si era fatta promotrice da premier dell’Estonia.
Gli Usa di Trump e i contatti da aprire
Tutto chiaro, e molto ambizioso. Ma come si concilia questa visione con quella di Donald Trump, che dal prossimo gennaio guiderà di nuovo gli Usa? La domanda le viene posta subito dagli europarlamentari della commissione Esteri, finito il suo speech iniziale di 20 minuti spaccati. Kallas appare un po’ meno a suo agio, cerca le parole giuste. Col tycoon e con la sua squadra di politica estera cercherà già nelle prossime settimane di avviare contatti, annuncia, facendo sapere di avere comunque già incontrato il vicepresidente in pectore J.D. Vance e altre persone vicine a Trump. La sua convinzione, in ogni caso, è che Europa e Usa sono «forti alleati e dobbiamo stare uniti», anche facendosi forza gli uni con gli altri sulle priorità: «Se gli Usa sono preoccupati per il Mar Cinese meridionale devono anche essere interessati a come reagiamo in Ucraina».
La via per la pace in Medio Oriente
Sospettata di essere interessata, e preparata, solo sui dossier che riguardano la Russia e l’Est Europa, comunque, Kallas parla anche di Medio Oriente, ribadendo la posizione “classica” dell’Ue sul conflitto multiplo aperto in quella regione da oltre un anno. «Il mio cuore batte per ogni vittima in Medio Oriente. Vedo una forte unità tra gli Stati membri su quattro punti fondamentali: 1) La richiesta di un immediato cessate il fuoco e liberazione incondizionata degli ostaggi; 2) Quella a tutte le parti di esercitare la massima moderazione; 3) Il continuo afflusso di sostegno umanitario; 4) L’impegno incrollabile a una soluzione due Stati in grado di accontentare il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi e quello alla sicurezza di Israele». E nella lunga sessione di domande e risposte con gli europarlamentari c’è tempo di ragionare anche di tutte le aree di crisi o strategiche per l’Ue: dal Mediterraneo all’Africa sino all’Indo-Pacifico. Anche su questa base al termine dell’audizione i gruppi politici scioglieranno la riserva sulla sua conferma nel ruolo di “regina” della politica estera di Ursula von der Leyen per i prossimi cinque anni.