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L’audizione Ue di Teresa Ribera diventa un processo sulle alluvioni di Valencia. L’attacco di Vox: «È lei la responsabile»

12 Novembre 2024 - 21:16 Gianluca Brambilla
teresa ribera audizione ue green deal
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La vicepremier spagnola, aspirante commissaria al Green Deal, respinge ogni accusa: «Non c'è nulla di più pericoloso di minare la credibilità della scienza e ignorare i cambiamenti climatici»

Da Bruxelles – Doveva essere una delle pedine intoccabili della nuova squadra di Ursula von der Leyen, ma anche la sua conferma ora è in bilico a causa dei veti incrociati dei gruppi politici. Teresa Ribera è la candidata dal governo spagnolo a diventare vicepresidente esecutiva della Commissione europea e commissaria a una Transizione pulita, giusta e competitiva. In altre parole, sarà lei a custodire e portare avanti il Green Deal, quel pacchetto di politiche per l’ambiente e per il clima pensate per rilanciare l’economia europea nel segno dell’ecologia e della sostenibilità. L’audizione di Ribera, che si svolge in contemporanea con quella della finlandese Henna Virkkunen, chiude il round di audizioni dei ventisei commissari-designati.

La polemica con Vox su Valencia

Neanche il tempo di finire il discorso introduttivo, che Ribera finisce sotto una pioggia di critiche dai banchi della destra per quanto accaduto a Valencia con le devastanti alluvioni delle scorse settimane. Il partito popolare spagnolo e l’ultradestra di Vox si oppongono alla nomina di Ribera e la attaccano frontalmente per la gestione della crisi da parte del governo. Socialisti e verdi puntano il dito contro il governatore valenziano Carlos Mazòn, di centrodestra, che risultò irreperibile per alcune ore poco prima dell’emergenza. «È lei la responsabile di quello che è successo a Valencia. Non dovrebbe sedere qui ma sul banco degli imputati. Anche da commissaria europea non eseguirà le opere messe a bilancio per prevenire queste catastrofi?», accusa Jorge Buxadé Villalba, eurodeputato di Vox durante l’audizione. La risposta di Ribera inizia con tono sarcastico e poi va al contrattacco: «La ringrazio per l’interesse dimostrato per il dissesto idrogeologico e la scienza, ma non c’è nulla di più pericoloso di minare la credibilità delle istituzioni scientifiche, che lanciano segnali d’allarme che poi vengono ignorati», ribatte Ribera tra gli applausi di buona parte dell’aula.

«Vorrei far notare che il collega di Vox non ha mai citato il cambiamento climatico parlando di Valencia e si batte continuamente contro tutto ciò che proviamo ad approvare qui per affrontarlo», le offre un assist Pascal Canfin, eurodeputato francese di Renew e presidente uscente della commissione Ambiente del Parlamento europeo. A tornare sulla questione è Dolors Montserrat, eurodeputata dei popolari spagnoli, in prima linea insieme a Vox nel coro di critiche contro Ribera: «La storia la giudicherà per questa non azione. Si impegna a dimettersi se sarà ritenuta responsabile di quanto accaduto?». La vice di Pedro Sánchez le risponde dicendo che la responsabilità non va cercata nel governo ma nelle istituzioni locali. E poi chiosa dicendosi preoccupata di «una società che nega il cambiamento climatico».

L’apertura (timida) sul nucleare

A sollecitare uno dei punti deboli di Ribera è Alexandr Vondra, eurodeputato ceco di Ecr. «Lei sostiene il nucleare e la costruzione di piccoli reattori modulari nell’Unione europea?», chiede a Ribera senza troppi giri di parole. La risposta dell’aspirante commissaria è cauta ma mostra segnali di apertura: «Stiamo cercando di costruire una politica energetica comune, ma nel rispetto delle differenze. Ogni Stato membro decide come organizzare il proprio mix energetico e so che ci sono Paesi che hanno deciso di puntare sul nucleare per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030 e il 2050 in termini di decarbonizzazione. Tutti meritano rispetto». La cautela di Ribera si spiega facilmente. In Spagna, il governo di cui fa parte ha optato per la chiusura delle centrali nucleare e punta a costruire un’economia alimentata al 100% da energie rinnovabili. A livello europeo, però, l’energia atomica rientra tra le fonti considerate “green” e può quindi beneficiare di fondi comunitari destinati alla transizione. Di conseguenza, Ribera sarà costretta a scendere a compromessi sulla propria opinione personale sull’energia nucleare.

L’impegno per una «transizione giusta» nell’automotive

Tra gli altri temi più caldi per l’aspirante custode del Green Deal c’è la crisi del settore automobilistico, dove le vendite di veicoli elettrici non cresce ai ritmi che ci si aspettava fino a pochi anni fa e diverse aziende hanno preannunciato chiusure e tagli del personale. Per quanto riguarda il ruolo dell’Unione europea, Ribera conferma la linea espressa dagli altri commissari-designati: non ci sarà nessuna riapertura del regolamento europeo che vieta a partire dal 2035 la produzione di nuove auto a benzina e diesel. «L’industria automobilistica rappresenta una parte considerevole del Pil europeo ed è importante che sia competitiva sul mercato globale. Ma è altrettanto importante avere una prospettiva stabile per il futuro», spiega Ribera durante l’audizione. E quando Pascal Canfin le chiede se sosterrà un fondo ad hoc per aiutare l’automotive a compiere il passaggio verso l’elettrico, la vicepremier spagnola aggiunge: «Mi impegno affinché la transizione sia giusta anche nel settore automobilistico. Bisogna garantire condizioni di parità alle aziende e riflettere sugli impatti per i lavoratori».

Un nuovo quadro di aiuti di Stato per la transizione green

Tra le novità annunciate da Teresa Ribera nel corso dell’audizione c’è un impegno per riformare le regole sugli aiuti di Stato destinati a supportare la transizione energetica. «Serve un nuovo approccio per politica di concorrenza» dell’Ue, per «garantire parità di condizioni», dice la ministra spagnola. Se sarò confermata, continua Ribera, «proporrò un nuovo quadro di aiuti di Stato per sostenere gli Stati membri nello sviluppo di energie rinnovabili e nella decarbonizzazione dell’economia europea».

Anche la nomina di Ribera è in bilico?

Con ogni probabilità, anche la conferma di Ribera sarà messa in stallo fino a quando i gruppi politici della «maggioranza Ursula» avranno raggiunto un accordo. Nel corso della giornata, le valutazioni su tutti gli altri candidati alla vicepresidenza esecutiva della Commissione sono state di fatto congelato. L’obiettivo, spiegano fonti del Parlamento europeo, è votare i sei commissari-designati nello stesso momento, così da evitare sgambetti reciproci. Se il centrosinistra dovesse insistere sulla volontà di bocciare l’italiano Raffaele Fitto, o comunque di togliergli la vicepresidenza esecutiva, i Popolari potrebbero vendicarsi esercitando un veto proprio su Ribera, su cui hanno picchiato duro all’audizione di oggi. Una bocciatura sulla spagnola, però, non sarebbe da interpretare come un semplice sgarbo politico, ma come una vera e propria crisi politica tutta interna alla maggioranza europea.

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