Silvio Garattini compie 96 anni: «La mia ricetta? Salto il pranzo e cammino 5 km al giorno. In Italia? Troppi farmaci e poca prevenzione»
Silvio Garattini, oncologo e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Bergamo, ha compiuto 96 anni. Come ogni persona longeva che si rispetti, chiarisce innanzitutto che «non c’è una ricetta» per arrivare così in là con l’età. Ma non nega che avere delle buone abitudini di vita ha il suo peso. «Cammino 5 chilometri al giorno, salto il pranzo, la sera antipasto, primo e dolce, e cerco di alzarmi da tavola con un po’ di appetito, come si diceva una volta. Quello che conta è ciò che si mangia nell’arco della giornata. Mentre per la mente è importante mantenere i rapporti sociali», racconta al Corriere della Sera. Altro aspetto fondamentale che sottolinea è la prevenzione, su cui il nostro Paese scricchiola.
«Scarsa prevenzione»
Quanto al mondo della sanità infatti riconosce, a colloquio con Fabio Paravisi, che «il servizio sanitario nazionale funziona, altrimenti nessuno avrebbe i soldi per pagarsi un trapianto d’organi o una chemioterapia: è un bene che dobbiamo preservare. L’unico problema è rappresentato dalla lunghezza delle liste d’attesa. Che sono causate dal fatto che non facciamo prevenzione». E cita alcuni dati che parlano da sé: «Abbiamo 4.5 milioni di pazienti di diabete di tipo 2, che è evitabile e ha complicazioni visive, cardiovascolari e renali. Così come è evitabile il 40% dei tumori: in Italia ci sono 12 milioni di fumatori, con il fumo che è fattore di rischio per 27 malattie, e anche l’alcol è cancerogeno».
«Troppi farmaci, bisogna razionalizzare»
Altrettanto critico, secondo l’oncologo, è l’utilizzo dei farmaci nel nostro Paese. «Bisogna razionalizzare», chiosa il fondatore del Negri. «Spendiamo troppi soldi per comprare medicinali. Gli anziani prendono 15 medicine ma non è detto che siano meglio di 10 o di 5. C’è un grande spreco, senza raggiungere l’obiettivo di migliorare la salute», prosegue. Quanto al mondo che conosce ancora meglio, la ricerca, analizza le problematiche: «È considerata una spesa invece che un investimento. Abbiamo la metà dei ricercatori della media europea per milione di abitanti e spendiamo la metà rispetto alla media del resto dell’Europa. Se dovessimo avvicinarci alla Francia dovremmo spendere 22 miliardi in più l’anno. Per non parlare delle grandi difficoltà burocratiche. Per usare un topo bisogna aspettare sei mesi e passare da quattro comitati».