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Trump-Netanyahu, il nuovo asse fa sognare la destra israeliana: «Ora annettiamo la Cisgiordania»

13 Novembre 2024 - 15:20 Simone Disegni
Trump Netanyahu Usa Israele
Trump Netanyahu Usa Israele
I coloni esultano per la scelta del trio che si occuperà di Medio Oriente: Marco Rubio, Mike Huckabee e Steven Witkoff. Chi sono e cosa potrebbe succedere nel 2025

Donald Trump ha vinto le elezioni da una settimana, ed entrerà alla Casa Bianca solo tra oltre due mesi. Eppure da 7 giorni il mondo intero si muove freneticamente come se la seconda era Trump fosse di fatto già cominciata. Tutto un valzer di mosse e segnali, in un senso e nell’altro: telefonate a catena al presidente rieletto da mezzo mondo, per congratularsi, capire, sondare, accreditarsi. Emissari di questo o quell’altro leader che si precipitano a Washington o Mar-a-Lago. Esponenti della moritura amministrazione Biden che dettano le «ultime volontà» (politiche) dell’anziano leader. Infine, i fatti: ossia la prima infornata di nomine di Donald Trump per la squadra che lo affiancherà sullo scacchiere internazionale. Ci vorrà tempo per decriptare i loro profili e intenzioni, ma di certo c’è un leader mondiale che ha già stappato lo champagne: Benjamin Netanyahu. A dispetto dei retroscena su una certa freddezza maturata dal tycoon verso l’ex grande amico-alleato israeliano negli anni lontano dalla Casa Bianca («Fuck him», gli mandò a dire tramite Axios a fine 2021 lamentando come Bibi gli avesse voltato le spalle congratulandosi «per primo» con Biden per la sua vittoria), i segnali e le nomine delle ultime ore danno il senso di un riorientamento delle relazioni Usa-Israele in direzione “idilliaca” per la destra israeliana. Ecco i nomi chiave, e che strada indicano.

Marco Rubio e le «bestie feroci» di Hamas

Partendo dal vertice della piramide, a Washington si dà per certa la scelta di Marco Rubio come prossimo segretario di Stato: il “ministro degli Esteri” della Casa Bianca. 53 anni, senatore della Florida e già candidato alle primarie repubblicane del 2016 (contro Trump), Rubio è considerato un duro contro una serie di “nemici” degli Usa: la Cina, Cuba, ma anche l’Iran, considerato la vera minaccia regionale da Israele. Quanto a Gaza, dopo che i media Usa hanno battuto la notizia della sua nomina (ancora non confermata ufficialmente) è rispuntato un video di un anno fa in cui Rubio declinava con rara determinazione la sua posizione sulla richiesta (a Israele) di cessare il fuoco. «No, il contrario», era la replica alla domanda di un’attivista per la pace. «Voglio che (gli israeliani, ndr) distruggano qualsiasi elemento di Hamas su cui riescono a mettere le mani, quelli sono delle bestie feroci che hanno commesso crimini orrendi». Che dire allora dei civili che muoiono come mosche nella Striscia, lo incalzava la donna? «Colpa di Hamas: devono smetterla di nascondersi dietro ai civili e metterli in pericolo. Hamas sapeva che avrebbe portato a ciò. La devono smettere di costruire le loro installazioni militari sotto agli ospedali». Musica alle orecchie della destra di governo israeliana, specie dopo mesi di scontri sotterranei e pubblici con l’amministrazione Biden.

I fedelissimi di Trump in Israele e Medio Oriente

Se come pare approderà a Foggy Bottom, Rubio comanderà l’enorme rete della diplomazia americana nel mondo. Chi lo rappresenterà in permanenza in Israele e Medio Oriente? Due devoti trumpiani che si prevede saranno accolti col tappeto rosso a Gerusalemme. Il nuovo ambasciatore americano in Israele, annunciato ieri, sarà Mike Huckabee. L’ex governatore dell’Arkansas, 69 anni, è un cristiano evangelico e sostenitore indefesso della causa di Israele: o meglio, di quella della Grande Israele, la nazione che la destra ebraica messianica sogna di costruire allargando i confini sino a quelli biblici. In passato ha messo in chiaro di ritenere che la nozione di palestinese semplicemente «non esiste». Sua figlia, Sarah Huckabee Sanders, è stata portavoce della Casa Bianca nella prima amministrazione Trump. A dare manforte all’ex governatore per quanto riguarda i dossier regionali sarà un personaggio se possibile ancor più vicino al tycoon: Steven Witkoff, immobiliarista, amico e partner di Trump nelle partite di golf, sarà il prossimo inviato Usa in Medio Oriente. È stato un munifico finanziatore di Israele, ma pure della campagna presidenziale del tycoon appena coronata dal successo: non solo donando in prima persona ma pure aggregando il consenso e i sostanziosi contributi di altri importanti donatori ebrei americani. Nota dolente ai fini del delicato incarico: non ha alcuna esperienza riconosciuta nel campo della diplomazia. Ma, nota malizioso il Times of Israel, questo non era con ogni evidenza un criterio chiave neppure ai tempi della prima amministrazione Trump, il cui uomo chiave per il Medio Oriente fu il genero Jared Kushner (architetto dei “fortunati” Accordi di Abramo). Ultima tessera del mosaico dei nuovi protagonisti: a 48 ore dalla rielezione di Donald Trump Netanyahu ha nominato il suo nuovo uomo a Washington: il prossimo ambasciatore israeliano negli Usa sarà Yechiel Leiter, oltranzista pro-coloni che vive egli stesso in un insediamento nell’area di Gush Etzion.

L’impazienza dei coloni e il sogno dell’annessione

Ce n’è a sufficienza per capire perché la destra israeliana in queste ore sogna in grande. Leiter sarà «un partner chiave nel propalare la causa della Giudea e Samaria», ha esultato per la nomina Israel Ganz, capo dello Yesha Council, l’organizzazione-ombrello che rappresenta gli insediamenti israeliani in Cisgiordania. A che cosa alluda lo ha spiegato esplicitamente lunedì sera uno dei referenti politici chiave del movimento dei coloni: il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich. «Il 2025 sarà per Israele l’anno dell’annessione di Giudea e Samaria», ha scandito il leader di “Sionismo religioso” scommettendo sui possibili esiti concreti del rinnovato asse Usa-Israele. «Dopo anni in cui l’attuale amministrazione ha scelto d’interferire nella democrazia israeliana e s’è personalmente rifiutata di collaborare con me come ministro delle Finanze, la vittoria di Trump dà un’importante opportunità» a Israele, ha osservato Smotrich, il cui partito, forte di 14 seggi alla Knesset, è la terza forza del governo Netanyahu. Il primo ministro per ora non avalla ufficialmente tale scenario – quello appunto di una “dichiarazione di sovranità” sulle aree della Cisgiordania in cui proliferano gli insediamenti israeliani. Ma il suo nuovo ministro degli Esteri Gideon Saar (nominato mentre gli elettori Usa riempivano le schede col nome di Trump) ha chiarito questa settimana che la creazione di uno Stato palestinese «non è un’opzione realistica». E in attesa di conoscere le idee di Trump sul tema, il nuovo ambasciatore Huckabee ha già detto che, per parte sua, non avrebbe proprio nulla in contrario ad avallare a nome degli Usa l’annessione della Cisgiordania, o di suoi pezzi rilevanti, da parte di Israele: «Certo, non sarò io a fare la politica, implementerò quella del presidente», ha risposto a precisa domanda della radio dell’esercito israeliano. Ma Trump «ha già dimostrato nel suo primo mandato di essere il presidente americano più d’aiuto di sempre nel capire e garantire la sovranità di Israele. Dallo spostamento dell’ambasciata (da Tel Aviv a Gerusalemme, ndr) al riconoscimento delle Alture del Golan e di Gerusalemme come capitale, nessuno ha fatto più di Donald Trump. Mi aspetto pienamente che ciò continui». Senza porre limiti alla divina provvidenza.

In copertina: Un cartellone elettorale per la campagna elettorale in Israele dedicato all’alleanza tra di Benjamin Netanyahu e Donald Trump – Tel Aviv, 12 gennaio 2021 (Ansa).

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