Puff Daddy, il racconto del rapper Ray J: «Sento parlare di artisti che pagano le vittime per non raccontare le violenze»
Le vicende riguardanti Puff Daddy, al momento in carcere in attesa del processo per violenza sessuale e racket, non accennano a placarsi. Il caso della giornata è legato all’arresto di un altro rapper, il campione d’incassi 6ix9ine, anche lui al momento rinchiuso nel Metropolitan Detention Center di Brooklyn, ma solo per 30 giorni, per aver violato la libertà vigilata volando a Las Vegas. Secondo alcune voci i due rapper si sarebbero incrociati all’interno della struttura, ma Lance Lazzaro, l’avvocato di 6ix9ine, ha dichiarato a TMZ Hip Hop che è tutto totalmente falso, aggiungendo «6ix9ine è attualmente in isolamento a causa della sua notorietà, e questo include il fatto di essere separato da altre persone famose».
Ray J e gli artisti che pagano per rimanere fuori dal processo
Ma questo vociare riguardo la vita dentro il carcere di Puff Daddy (Sean Combs all’anagrafe, Diddy per gli amici) è niente rispetto una potenziale tempesta pronta a scuotere il cielo dello showbiz americano. Già subito dopo l’arresto i media, quelli americani in particolare naturalmente, hanno fatto intendere che altri personaggi dello spettacolo potrebbero essere coinvolti nei reati commessi dal rapper, specie durante i suoi ormai famigerati White Party. L’avvocato Tony Buzbee, che guida una class action di 120 persone che si dichiarano vittime di Puff Daddy, ha già annunciato che durante il processo verranno fuori nomi di personaggi dello spettacolo molto noti e assolutamente insospettabili, «Verrà il giorno – ha dichiarato – in cui faremo nomi diversi da Sean Combs. E di nomi ce ne sono molti. I nomi che faremo, supponendo che i nostri investigatori confermino e corroborino ciò che ci è stato detto, sono nomi che vi sconvolgeranno». Uno dei suoi clienti è una donna che all’epoca della violenza subita aveva solo 13 anni e ha raccontato di una «Star A» e una «Star B», un uomo e una donna, che avrebbero abusato di lei insieme a Diddy. Insomma, lo star system americano trema all’idea che possa materializzarsi un nuovo #metoo, un uragano di denunce e verità messe fino ad oggi a tacere che possa far crollare il castello dorato a stelle e strisce. A questo proposito nel nuovo documentario di TMZ dal titolo TMZ Presents The Downfall of Diddy: Inside the Freak Offs (non è ancora visibile dal nostro paese) il rapper Ray J ha detto: «Sento parlare di artisti che pagano le vittime per tenere i loro nomi fuori dalla questione». Riguardo la sua presenza ai party di Puff Daddy dice: «Non ho mai dato di matto. Non sono mai stato a un freak-off con nessuno dei miei amici perché non mi piace dare di matto di fronte alla gente. Non è proprio roba mia, non mi piace fottere di fronte ai miei amici». Una dichiarazione controversa quella di Ray J, infatti se da un lato ammette di essere a conoscenza di tentativi di corruzione in cambio di silenzio, un modus operandi che, dalle storie che rimbalzano dagli Stati Uniti sulla vicenda, sembrerebbe ricorrente, in realtà poi il rapper sospetta anche che molte persone si siano fatte avanti in cerca di soldi facili, per approfittare della presunta abitudine di Puff Daddy a chiudere le questioni con sostanziosi accordi finanziari, «Ora inizio a pensare che tutta questa merda sia inventata» ha dichiarato davanti alle telecamere, per poi però tagliare corto dichiarando: «Ho detto troppo».