Green deal sulla graticola, il Parlamento Ue vota il rinvio del regolamento contro la deforestazione: cosa prevede
Oggi, giovedì 14 novembre, il Parlamento europeo ha votato per posticipare di un anno l’entrata in effetto del regolamento europeo contro la deforestazione (Eudr), tra le misure cardine del Green Deal. Da settimane si anticipava che le nuove regole, approvate a larga maggioranza alla fine del 2022, sarebbero state applicate dal 2026 anziché dal 2025, come proposto lo scorso 2 ottobre dalla Commissione Europea. Posticipandone gli effetti, la norma entrerà effettivamente in funzione il 30 dicembre 2025 per le grandi aziende, e il 30 giugno 2026 per le Pmi.
Cosa prevede il regolamento europeo contro la deforestazione?
Il regolamento prevede il divieto di importare nell’Unione Europea prodotti derivanti dallo sfruttamento di aree deforestate dopo il 31 dicembre 2020. Si applica, però, solo ad alcune categorie di merce: olio di palma, bovini, soia, caffè, cacao, legno, e gomma. Per implementarlo, devono essere mappate le aree di origine in modo preciso, stabilendo quali sono state deforestate e quali no. Queste informazioni devono essere allegate alla materia prima. In base alle informazioni che possiede, ciascun operatore della filiera deve valutare la probabilità che il prodotto non rispetti le regole. Il regolamento richiede che vengano fatti adeguati controlli e, in caso di sospetto di non conformità, gli operatori devono adottare misure di mitigazione del rischio.
Perché il regolamento europeo contro la deforestazione è così importante?
Il degrado delle foreste si accompagna a un’enorme perdita di biodiversità, di ecosistemi e della capacità della Terra di assorbire la CO2 derivante dalle attività umane che hanno portato all’attuale cambiamento climatico. Quando l’Eudr entrerà in vigore, per la prima volta le aziende europee dovranno necessariamente assicurarsi che i loro prodotti non contribuiscano alla deforestazione avvenuta dopo il 31 dicembre 2020. Infatti, l’intera filiera dovrà essere tracciata e le aziende dovranno saper indicare con precisione da dove provengono i loro prodotti. «Ci troviamo in una crisi planetaria e fermare la deforestazione e il degrado delle antiche foreste secolari è una delle cose migliori che possiamo fare per mitigare gli impatti del cambiamento climatico», commenta a Open Vanessa Richardson, Senior Forest Campaigner della Ong Environmental Investigation Agency (Eia).
Quanto incide l’Unione Europea sulla deforestazione mondiale?
Secondo il Parlamento Europeo, l’Unione Europea è responsabile del 10% della deforestazione mondiale. Sempre l’Eurocamera stima che, senza l’entrata in vigore del regolamento, l’Ue continuerebbe generare ogni anno 284 mila ettari di deforestazione. L’implementazione dell’Eudr, inoltre, potrebbe evitare l’emissione di 32 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, spiega a Open James Hollins, head of data and due diligence per TDi Sustainability, realtà specializzata nell’assistere le aziende nella transizione ecologica.
Quanto conta la deforestazione «importata»?
Secondo la European Environment Agency, le foreste europee sono in buona salute, come indica la stabilità delle popolazioni di volatili che le abitano. Circa il 40% della superficie dell’Unione è coperto da aree boschive, un dato cresciuto del 9% rispetto al 1990. Come suggeriscono i settori toccati dal regolamento, la gran parte della deforestazione generata dall’Ue è importata, tramite prodotti che hanno origine altrove, spesso nelle foreste tropicali del Brasile e del Sud Est Asiatico. Come riporta il Wwf, nel 2017 l’Unione Europea ha generato da sola il 16% della deforestazione derivante dal commercio internazionale, per un totale di 203 mila ettari, pari a circa 284 mila campi da calcio, e al mancato assorbimento di 116 milioni di tonnellate di CO2 dall’atmosfera. Nello stesso anno, solo la Cina ha superato l’Europa in questa classifica (24%). Dietro il Vecchio Continente si sono piazzate India (9%), Stati Uniti (7%) e Giappone (5%).
Perché il regolamento europeo contro la deforestazione comprende solo alcuni prodotti?
Come evidenziato dal Wwf Living Planet Report 2024, circa il 90% della deforestazione mondiale deriva dall’alimentazione umana. E tra questi – spiega Richardson a Open – i maggiori contributori alla deforestazione sono l’olio di palma, la soia e l’allevamento dei bovini. «Insieme, questi tre prodotti sono responsabili dell’80% della deforestazione mondiale». La porzione rimanente è in gran parte dovuta a caffè, cacao e gomma. Dunque, tracciare le filiere di questi prodotti assicurandosi che non provengano da aree recentemente deforestate consentirebbe di ridurre drasticamente il contributo dell’Unione Europea al degrado delle foreste. Come per molti altri obiettivi ambientali, l’effetto a livello globale di queste politiche dipenderà anche da implementazione di regolamenti simili da parte di altri Paesi.
Le foreste sono tutte uguali?
L’impatto della deforestazione è diverso in base al tipo di foresta che distrugge. Tagliare gli alberi della foresta amazzonica non è come disboscare le foreste di piantagione nei Paesi europei. Nel secondo caso, infatti, ci saranno degli impatti ambientali a breve termine, ma alla fine la foresta ricrescerà. Invece, quando a essere tagliata è la foresta pluviale, l’atto porta con sé una perdita di un ecosistema che mette a repentaglio la sopravvivenza di specie endemiche animali e vegetali. Inoltre, le foreste tropicali sono anche grandi serbatoi di carbonio: immagazzinano grandi quantità di gas serra togliendoli dall’atmosfera. Quando si verifica la deforestazione, quasi tutto il carbonio immagazzinato negli alberi e nella vegetazione viene perso.
Quali tipi di foreste vengono protetti con il regolamento Ue?
Il regolamento europeo contro la deforestazione protegge le foreste solo se queste rientrano nella definizione indicata nel provvedimento, che a sua volta adotta quella della Fao: «Terreno che si estende per almeno 0,5 ettari con alberi più alti di 5 metri e una copertura arborea di almeno il 10%». Questa definizione non comprende molte aree boschive che sono comunque minacciate dalla deforestazione, fa notare Hollins. Si tratta di circa un miliardo di ettari in tutto il mondo che potrebbero essere sfruttati da chi cerca di lucrare sulle lacune di questo regolamento. Particolarmente esposto a questo processo, commenta a Open Julia Christian – Forests & Agriculture Campaigner per Fern, Ong nata per incentivare gli impegni ambientali all’interno dell’Ue – è l’ecosistema brasiliano del Cerrado, un tipo di savana tropicale che oggi ricopre circa un quarto del territorio del Brasile. Secondo un’inchiesta pubblicata nell’aprile del 2024 dalla Ong Earthsight, la deforestazione del Cerrado, che dal 2000 ad oggi ha perso metà della propria vegetazione totale, è dovuta principalmente alla richiesta di cotone da parte di Zara ed H&M.
Perché il regolamento europeo contro la deforestazione è stato rinviato?
Nel corso delle ultime settimane, parte delle industrie verso cui questo provvedimento si rivolge hanno fatto pressione affinché l’entrata in effetto del regolamento venisse rinviata, sostenendo che i 18 mesi dalla sua approvazione non siano stati sufficienti a prepararsi al tracciamento della filiera. Venti ministri europei si sono schierati a favore del rinvio, tra cui quelli di Italia, Austria, Finlandia, Polonia, Svezia e Slovenia. Nell’Europarlamento, a farsi carico delle istanze di questa parte dell’industria è stato principalmente il Partito Popolare Europeo (Ppe). Il 2 ottobre è poi arrivata la proposta della Commissione, accolta dal Consiglio il 16 ottobre. Inoltre, a metà novembre il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) dell’Europarlamento ha accettato l’ipotesi di un rinvio, che è stato quindi sostenuto dalla maggioranza dell’Eurocamera. Il Ppe aveva proposto diversi emendamenti, alcuni di essi, come quello che istituisce i «Paesi a rischio zero» sono passati con l’appoggio dei Socialisti, mentre non è stato accolto quello che avrebbe posticipato il provvedimento di due anni anziché uno.
Nelle discussioni di queste settimane, molto si è detto anche delle linee guida che devono essere seguite per certificare le filiere, accusando la commissione di non averle pubblicate in tempo. Le linee guida sono in effetti arrivate solo il 2 ottobre, all’inizio del terzultimo dei 18 mesi che Stati e aziende avevano per prepararsi. Ad ogni modo, non tutte le aziende vorrebbero rinviare il regolamento: ce ne sono molte che hanno già fatto gli investimenti necessari a tracciare la propria filiera assicurandosi che non contribuisca a nuova deforestazione.
Nel concreto, cosa devono fare le filiere toccate dal regolamento Ue contro la deforestazione?
Come spiega la Commissione Europea, gli operatori della filiera devono tenere conto di diverse categorie di rischio. Una delle principali riguarda il Paese di produzione e la sua propensione alla deforestazione. Gli operatori devono anche assicurarsi di mantenere attivo un canale di comunicazione con le popolazioni indigene qualora queste vi siano. Devono valutare la fondatezza dei documenti che provengono dagli altri operatori della filiera con cui hanno a che fare, consultare esperti e valutare se in passato i fornitori non hanno rispettato le regole. Non devono poi mischiare materie prime e prodotti dall’origine certa e incerta. Infine, devono essere in grado di dimostrare di aver svolto questo processo.
Il regolamento Ue contro la deforestazione va contro i coltivatori?
Il regolamento prevede che la filiera venga tracciata, mappando con precisione tutte le aree di coltivazione per risalire all’esatto lotto di provenienza della materia prima. Inoltre, tutti i beni interessati dovranno essere prodotti rispettando le leggi ambientali, sui diritti umani e del lavoro del Paese d’origine. «Ciò comporta degli oneri che non devono ricadere sui piccoli produttori, per cui – puntualizza Christian – l’assoluzione potrebbe rivelarsi complicata». Per questo, continua l’attivista, «è importante che l’Unione Europea fornisca adeguato supporto logistico ed economico alle piccole realtà agricole e instauri delle partnership con i Paesi dove queste sono più radicate». Il rischio paventato da Christian e Hollins, non è solo che queste finiscano fuori legge, ma anche che i grandi gruppi industriali possano sfruttare la situazione per estromettere dal mercato i concorrenti più piccoli, cumulando dati preziosi. In questo caso – avverte Hollins – c’è la possibilità che i piccoli produttori continuino a lavorare come hanno sempre fatto, esportando la propria merce verso mercati con regolazioni meno stringenti.
Il regolamento Ue contro la deforestazione va contro le aziende?
Le compagnie, fa notare Hollins devono garantire che la loro filiera sia tracciata e ciò comporta dei costi maggiori che in taluni casi potranno essere assorbiti internamente, mentre in altri si rifletteranno sul prezzo del prodotto finale. D’altro canto, la sovrapposizione tra le varie normative ambientali dell’Ue offre alle aziende l’opportunità di mettersi in regola una volta sola. Adottare questo approccio, secondo Hollins, consente alle aziende che si muovono prima di cumulare un vantaggio competitivo rispetto a quelle lo fanno successivamente.