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Leoncavallo, il Viminale dovrà pagare 3 milioni per il mancato sgombero

15 Novembre 2024 - 06:40 Alba Romano
centro sociale leoncavallo milano sgombero viminale
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La sentenza: stop alle ragioni di ordine pubblico. E si riaffaccia l'ipotesi sfratto

Per il centro sociale occupato Leoncavallo di via Watteau a Milano pagherà il ministero dell’Interno. Lo ha deciso la Corte d’Appello civile, che ha condannato il Viminale a un risarcimento di 3 milioni di euro nei confronti della famiglia Cabassi, proprietaria dell’immobile. Perché lo sgombero è stato sancito nel 2003. Con la condanna dell’Associazione Mamme Antifasciste del Leoncavallo al rilascio dell’unità ai legittimi proprietari, cioè alla Orologio Srl. E ora ci sono tre vie d’uscita possibili. La prima è ricorrere in Cassazione per guadagnare tempo. La seconda è trovare un accordo meno oneroso con i Cabassi. La terza è quella di sgomberare. Il prefetto Claudio Sgaraglia ha convocato ieri un vertice. Mentre torna alla memoria il 1994, quando il primo sindaco leghista della città Marco Formentini aveva deciso di cacciare i ragazzi del Leonka. Che vennero difesi dall’allora giovane consigliere Matteo Salvini.

Ragioni di ordine pubblico

La procedura di sgombero non è stata mai portata a termine per ragioni di ordine pubblico. Il centro prende il nome da via Ruggiero Leoncavallo, che si trova nell’area nord-est di Milano, dove la sede storica fu occupata nel 1975. A poche centinaia di metri di distanza ci fu l’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo detto Iaio Iannucci. Dopo un primo tentativo di sgombero che risale al 1989, l’occupazione durò fino al 1994. Poi gli attivisti si spostarono per pochi mesi in via Salomone. Nel 1995 l’approdo in via Watteau. Secondo i proprietari la mancata messa a disposizione della forza pubblica per lo sgombero per oltre 18 anni (ovvero dal primo accesso dell’ufficiale giudiziario) è un illecito. Da lì è derivato il danno ingiusto che ha portato alla condanna.

La sentenza

Per la Corte d’Appello civile «le ragioni di tutela dell’ordine pubblico non possono giustificare la mancata esecuzione del provvedimento giurisdizionale di rilascio». Altrimenti «ogni volta che qualcuno si opponga all’esecuzione di un provvedimento giurisdizionale, il cittadino, che pure si sia attivato in sede giurisdizionale per tutelare il proprio diritto» vedrebbe questo «sacrificato a fronte della condotta delittuosa posta in essere da terzi». Il risarcimento è stato calcolato in 303.915euro per 10 anni: un totale di 3.039.150 euro.

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